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La Patria trema
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Data pubblicazione: 20.11.2008 08:57

Jorma Wiitakorpi, ex ad di Patria
Corruzione e spionaggio industriale. La magistratura finlandese ha arrestato l'ex direttore dell'azienda Patria. Sullo sfondo una commessa di blindati acquistati dalla Slovenia. Ma se in Finlandia si indaga, secondo il quotidiano Vecer in Slovenia ''tutti dormono sonni tranquilli''
La polizia finlandese ha arrestato la settimana scorsa l’ex direttore dell'azienda Patria, Jorma Wiitakorpi. È accusato di corruzione e di spionaggio industriale nella vicenda della fornitura di 135 blindati all’esercito sloveno. Dietro le sbarre è finito anche un altro alto dirigente dell’azienda, Veijo Vartiainen. I primi blindati, intanto, dovrebbero arrivare in Slovenia in questi giorni. Proprio nelle scorse settimane alcuni veicoli erano stati testati dall’esercito.

La questione si trascina oramai da mesi ed è stata uno dei temi caldi della campagna elettorale. Ad infiammare gli animi, soprattutto, è stata un’inchiesta della Tv pubblica finlandese che metteva sotto accusa il premier uscente Janez Janša, trasmessa a poche settimane dalle elezioni. Su tutta la vicenda comunque pesa anche una sibillina dichiarazione di Wiitakorpi che interpellato in merito alle presunte tangenti pagate in Slovenia avrebbe risposto: “Lì abbiamo operato secondo i loro usi”.
Al di là dei significati di questa affermazione, comunque, come scrive il Dnevnik di Lubiana, in un computer sequestrato nell’impresa finlandese, sarebbe stata ritrovata l’offerta presentata alla gara d’appalto dall’azienda concorrente, la Sistemska tehnika di Ravne na Koroškem.

Se le accuse di corruzione si dimostrassero fondate sarà un colpo durissimo per la Slovenia e per l’immagine che il paese vorrebbe dare di sé all’estero. Sin dall’indipendenza, infatti, Lubiana ha fatto di tutto per dimostrare di essere la prima della classe tra i paesi di nuova adesione all’Unione europea e di essere lontana anni luce “dai Balcani”.

Il contratto di fornitura per una serie di nuovi blindati è stato firmato alla fine del 2006. L’affare ammonta a ben 278 milioni di euro. Subito aveva sollevato più di qualche polemica. In ballo, infatti, c’era anche la slovena Sistemska tehnika. L’azienda era stata per anni uno dei principali fornitori dell’esercito e contava su quell’ordine, tanto che aveva prodotto un suo modello di blindato.

Il confronto politico, sui presunti retroscena di quell’appalto, iniziò immediatamente, tanto che venne persino istituita una commissione parlamentare. Come tradizione vuole però, servì più ad alimentare la polemica tra governo ed opposizione che a chiarire gli aspetti di quella vicenda. Nell’aprile di quest’anno, comunque, il ministro della difesa Karl Erjavec dichiarò, senza mezzi termini, che prima della firma dell’accordo “alcuni” gli avevano consigliato di scegliere la Sistemska tehnika, se non voleva avere problemi, ma lui - precisò - aveva optato per il miglior offerente. Il ministro non mancò nemmeno di fare qualche “apprezzamento” sui blindati che l’azienda stiriana aveva fornito all’esercito con una passata commessa. La Sistemska tehnika rispose dicendosi stupita per il fatto che i politici sloveni non “stimolassero con le loro azioni lo sviluppo dell’industria bellica nazionale”.

In un clima dove la polemica su quella fornitura era già alta, arrivò l’annuncio che la polizia finlandese aveva fermato due persone e che stava indagando su presunte tangenti che sarebbero giunte anche in Slovenia. Il ministro Erjavec, precisò immediatamente che nessuno del ministero aveva incassato nulla ed i sui collaboratori specificarono che tutta l’operazione era stata estremamente trasparente.

L’allora presidente di Patria, Wiitakorpi, a quel punto, si affrettò a venire in Slovenia dove affermò che a suo avviso l’inchiesta in Finlandia era stata fatta partire da qualcuno in Slovenia. Erjavec, pochi giorni dopo, si disse sempre più convinto che il tutto fosse stato innescato persone vicine alla Sistemska tehnika.

Gli inquirenti finlandesi intanto continuarono a fermare persone, mentre in Slovenia cominciarono a circolare accuse di immobilismo nei confronti della polizia. Quello che veniva fatto notare era che gli agenti finlandesi stavano indagando su un eccellente affare fatto da un’azienda di proprietà dello stato. Un ottimo esempio disse, qualche commentatore in Slovenia, di indipendenza della magistratura. Ci si chiedeva oramai chi, in Slovenia, potesse essere il destinatario delle presunte tangenti. A metà agosto Wiitakorpi precisò che nessuno della sua azienda aveva dato mazzette a funzionari sloveni, ma questa dichiarazione passò in secondo piano quando solo pochi giorni dopo il manager scandinavo rassegnò le sue dimissioni.

Agli inizi di settembre, proprio mentre in Slovenia la campagna elettorale era in pieno corso, la Tv pubblica finlandese pubblicò un’inchiesta sulle presunte bustarelle. Sarebbero stati pagati 21 milioni di euro. A giocare un ruolo decisivo nell’affare sarebbe stato il premier Janez Janša. A lanciare le accuse il direttore della Sistemska tehnika, Milan Švajger . A suo avviso la decisione di acquistare i blindati Patria non sarebbe stata presa dal ministro della Difesa, ma da circoli vicini al capo del governo. L’inviso presidente della commissione anticorruzione, Drago Kos, invece, precisò che l’azienda finlandese era stata favorita nell’assegnazione dell’appalto rispetto al concorrente sloveno.

Il primo a reagire alle accuse fu lo stesso Janša che le definì “false ed assurde”. Si mossero anche le strutture del governo. Venne spedita una lettera al direttore della Tv finlandese chiedendo che si fornissero “prove inequivocabili” e che le illazioni venissero supportate da documenti e fu annunciata addirittura una querela nei confronti della TV finlandese. Il ministero degli Esteri consegnò ben due note di protesta in cui considerava inaccettabile che il premier venisse accusato senza fornire chiare prove. Qualcuno, da Lubiana, non mancò nemmeno di puntare il dito contro coloro che avevano messo in cattiva luce la Slovenia all’estero.

Le stizzite reazioni slovene si frantumarono contro il laconico commento del ministro degli Esteri finlandese, Alexander Stubb, che precisò: “Il governo (…) non può influire sul lavoro dei giornalisti”. Dalla Tv di stato, invece, ribadirono la correttezza della trasmissione e l’Istituto internazionale per la stampa espresse preoccupazione per le pressioni diplomatiche esercitate dalla Slovenia.

La questione, dopo le elezioni politiche in Slovenia, sembrava pian piano doversi smorzare, ma l’arresto di Wiitakorpi l’ha fatta tornare di stretta attualità. Erjavec, che farà parte anche del nuovo governo sloveno, ribadisce la sua completa estraneità ai fatti, mentre le altre forze politiche affermano di voler fare chiarezza. Intanto da Helsinki gli inquirenti lanciano nemmeno troppo velati appunti sulla scarsità di informazioni che riceverebbero dalla Slovenia e dall’Austria sulla vicenda. Così, come ha commentato il quotidiano Večer di Maribor: “Mentre in Finlandia arrestano gli uomini di Patria per un affare con la Slovenia, in Slovenia tutti dormono sonni tranquilli”.