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Un test per l'Albania
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Data pubblicazione: 22.06.2009 11:58

L'Albania ha di fronte a sé un difficile test da superare per poter avanzare lungo il percorso dell'integrazione europea: le elezioni politiche del 28 giugno. Nella cronaca della nostra corrispondente le posizioni dei partiti e la campagna elettorale
Mancano pochi giorni alle fatidiche elezioni del 28 giugno, che metteranno a dura prova il futuro prossimo dell'Albania. La campagna elettorale iniziata lo scorso primo giugno è stata una delle più animate che il paese abbia mai vissuto. Sono state diverse le novità di tipo legislativo e mediatico, mentre non è mancata la tipica atmosfera di conflittualità e ostruzionismo che da sempre caratterizza le campagne elettorali albanesi.

Il futuro dell'Albania dipenderà, secondo i severi osservatori internazionali, dalla regolarità e dalla democrazia dimostrata nelle prossime elezioni. Uno dei cavalli di battaglia del governo Berisha, la candidatura del paese all'UE, è solo una delle questioni strettamente collegate all'andamento delle elezioni. Ne è prova la recente decisione di Bruxelles di rifiutare la tanto agognata liberalizzazione dei visti per i cittadini albanesi, concessione invece approvata per i vicini serbi, macedoni e montenegrini.

Ma la campagna elettorale e la ferma volontà di conservare il potere per altri quattro anni da parte del premier uscente non fanno sperare in un miracoloso miglioramento in quell'eterno tallone d'Achille che è la trasparenza elettorale in Albania.

Saranno quattro le coalizioni in competizione: il Partito Democratico di Sali Berisha e i suoi alleati minori; il Partito Socialista di Edi Rama, il G99, movimento dell'ex leader del Mjaft Erjon Veliaj e altri partiti minori; la destra alternativa costituita dal Polo della libertà, partiti che raccolgono un'élite di destra che ha preso le distanze dal premier Berisha; la sinistra alternativa a cui fa capo il partito LSI di Ilir Meta.

Sembra in estrema conflittualità la destra, mentre Jozefina Topalli, ormai braccio destro di Berisha all'interno del PD, in maniera inspiegabile ha lanciato in pubblico dichiarazioni inimicanti non solo contro la destra alternativa, ma addirittura contro gli alleati minori all'interno del PD. Sembra invece che Ilir Meta, attraverso un invito ad allearsi negli ultimi giorni, abbia intenzione di avvicinarsi con il PS di Rama. Il suo invito di collaborazione, sorprendendo non pochi, ha raggiunto però anche Fatos Nano, l'ex personalità chiave della sinistra albanese, che nelle attuali elezioni si è trovato addirittura fuori dalle liste parlamentari. Ma nessuno può dire con certezza chi sarà a capo del paese dopo il 28 giugno. Persino i sondaggi, una novità assoluta delle ultime elezioni, si sono trasformati in strumenti di propaganda da parte dei partiti che li commissionavano.

Nonostante la campagna elettorale stia per terminare, è difficile riuscire a definire in modo chiaro i programmi delle singole coalizioni, e in particolar modo è difficile individuare degli elementi che li distinguano nettamente gli uni dagli altri. Le promesse e le posizioni politiche sia della destra sia della sinistra risultano essere molto simili, cambiando solo nella forma, basata sulla continuità al potere del PD e sulla rottura con l'attuale governo da parte del PS. Di conseguenza, come anche in passato, il voto degli albanesi sarà orientato in primis da fattori emotivi, psicologici e clientelari. Il fragile pluralismo albanese, nato dalle fila del Partito Comunista ed erede della cultura totalitaria, questa volta passa alla fase dei partiti piglia-tutto, in cui gli slogan più pronunciati da entrambe le parti mirano ad attirare più elettorato possibile “oltre la destra, oltre la sinistra”.

Ciò ha inasprito enormemente la campagna elettorale, che invece di una competizione sui programmi è diventata uno spettacolo quotidiano in cui i principali leader politici si insultano a vicenda sotto i riflettori dei media di fiducia, dalle piazze delle città e villaggi sparsi per il paese. In tal senso, il PS di Rama ha inaugurato la campagna elettorale nella città universitaria a Tirana, laddove iniziarono le proteste studentesche del '90, per continuare a Scutari e Tropoja, roccaforti del partito democratico. Berisha, dal canto suo, ha puntato sui bagni di folla nei bastioni del PS, a Fier e Valona.

Berisha, non prende neanche lontanamente in considerazione la possibilità di passare all'opposizione, come ha più volte ribadito pochi mesi prima dell'inizio della campagna. Il fatto che il suo mandato sia stato frequentemente tormentato da diversi scandali motiverebbe fortemente Berisha ad aggirare la giustizia continuando a detenere il potere. La sua promessa elettorale verte sulla continuazione dell'integrazione euro-atlantica dell'Albania, iniziata con l'adesione alla Nato, la candidatura all'UE e l'inaugurazione delle grandi opere come l'autostrada Durres-Kukes, sfidando i ritmi necessari alla costruzione, e provocando anche vari incidenti con i tecnici. Si tratta di promesse dal forte impatto mediatico, che potrebbero però venire incrinate ad esempio dalla palese artificiosità dell'inaugurazione della Durres-Kukes, e dalla più recente doccia fredda che l'Albania ha ricevuto da Bruxelles con il rifiuto della liberalizzazione dei visti, considerata nell'immaginario colelttivo degli albanesi più cruciale della stessa adesione.

Le burrascose vicende che hanno caratterizzato il suo mandato potrebbero valere a Berisha una punizione elettorale, mentre la sinistra di Edi Rama punta al cambiamento negli stessi termini. Sicuramente non promette bene il fatto che il leader del PS, attualmente sindaco della capitale, non si sia candidato personalmente, mentre a rigor di logica vorrebbe poi in seguito diventare primo ministro nel caso di una vittoria della sinistra.


Le scarse differenze tra i poli elettorali sono evidenti anche negli slogan e nella concezione mediatica della campagna. “L'Albania sta cambiando” (Shqiperia po ndryshon) è quello di Berisha, cantato a ritmo di rock jugoslavo dagli albano- macedoni Elita 5 e una serie di altri cantanti pop provenienti da tutte le terre albanesi. Mentre Edi Rama, collaborando con i tiranesi Westside Family, lancia il messaggio “Alzati” (Cohu), ricordando una nota poesia della Rilidnja albanese, invitando naturalmente al cambiamento.

L'attuale campagna risulterebbe, secondo gli economisti più autorevoli del paese, come la più costosa in assoluto che abbia mai avuto luogo in Albania. “Tutto il mondo è in crisi, l'Albania contro corrente” intitolavano nelle ultime settimane i quotidiani albanesi. In tal modo le finanze albanesi continuano ad indebitarsi all'inverosimile non solo per via della costosissima autostrada Durres-Kukes, ma anche per l'attuale campagna elettorale.



Nell'assenza di sostanza politica dei programmi, in una campagna fortemente caratterizzata dalla manipolazione delle masse televisive, questa volta i politici albanesi hanno fatto largo uso del nazionalismo. Oltre l'interpretazione in chiave nazionalistica dell'autostrada Durres-Kukes, sono stati diversi i discorsi tenuti sul Kosovo, che poco hanno a che fare con il futuro prossimo dell'Albania. Nella logica d'ostruzionismo, mentre si è recato per la prima volta dopo 12 anni a Tropoja, sua regione natia, Berisha, ha addirittura consigliato a Rama di ritirare un'onorificenza della capitale consegnata al musicista serbo Goran Bregovic, nel 2006. Ma lo schema secondo cui in Albania la destra si vuol fare passare come nazionalista e la sinistra come cosmopolita è un cliché facilmente smantellabile. Il leader del PS è stato visto infatti inspiegabilmente fare visita e pronunciare i dovuti discorsi patriottici presso l'abitazione di un ex guerriero dell'UCK a Tirana, mentre al premier sono state rimproverate diverse volte la rottura dell'embargo jugoslavo durante il regime di Milosevic e la più recente amicizia personale con Damir Fazlic, un uomo d'affari serbo-bosniaco indagato dalle magistrature di più paesi balcanici.

Una novità positiva di questa campagna è stato l'approdo in politica di numerosi giovani. Tutti i partiti si sono impegnati a coinvolgere tra le fila dei loro candidati persone poco più che ventenni, rientrate in patria con brillanti curricula timbrati dai migliori atenei occidentali. La presentazione dei candidati ha finito per essere un'esposizione dei diplomi di laurea provenienti dalle sedi più prestigiose del mondo. Fortemente consigliati da parte degli osservatori internazionali, i partiti albanesi si sono autoimposti l'integrazione dei giovani, e in minor misura delle quote rosa. Per quanto possa essere un fatto estremamente positivo nel lungo termine, nell'attuale campagna i giovani, per quanto brillanti, hanno funto per lo più da vetrina ai leader storici, senza riuscire a contribuire al dibattito politico. I risultati sono stati spesso deludenti nei numerosissimi talk-show nei quali ai giovani è stato riservato ampio spazio, dove però l'atteggiamento era per lo più quello dei portavoce dei propri partiti, in assenza di nuove alternative.

Con le prossime elezioni si avrà anche la prima applicazione del nuovo sistema elettorale. Per molti versi, oltre a far perdere il ruolo ai partiti più piccoli, i meccanismi di rappresentanza sembrano subire enormi passo indietro. Gli albanesi voteranno il 28 giugno una lista bloccata di candidati deliberati dai partititi, facendo sì che in fondo si vada ad eleggere semplicemente il partito, e il gruppo di persone da esso ritenuto indispensabile da catapultare nei seggi del parlamento. Nella maggior parte dei casi, i candidati si trovano a rappresentare zone elettorali di cui hanno sentito parlare per la prima volta nell'attuale campagna elettorale.

Tra le possibili irregolarità che sempre caratterizzano le elezioni albanesi ci sono i documenti di riconoscimento e le numerose speculazioni collegate. Nelle ultime elezioni si sperava di risolvere il problema una volta per tutte, con le avanzatissime carte d'identità in distribuzione da almeno quattro mesi. Ma tra infiniti problemi tecnici, di dati smarriti e ritrovati e persone aventi diritto per sbaglio a più residenze, anche la distribuzione delle carte d'identità non fa sparire del tutto il rischio di eventuali speculazioni. Rimangono poi i continui problemi con le liste dei votanti, tra cui quest'anno risultano anche persone che hanno compiuto 160 anni, o qualche illustre politico di un secolo fa, come Shefqet Vrlaci, primo ministro del re Zog negli anni '20 del secolo scorso.

Tra gli analisti albanesi si nota scarsa fiducia sul superamento della prova cui il paese si sottoporrà il 28 giugno. In molti temono anche disordini, mentre la campagna è stata quotidianamente caratterizzata da incidenti nelle sedi dei partititi, scontri tra militanti, l'assassinio di candidati come il socialista Fatmir Xhindi nei pressi di Fier, e il democristiano Aleks Keka, nella zona di Scutari.

Mentre si discute la possibilità di allestire a seggi anche i locali privati, è molto scarsa la fiducia degli albanesi nei confronti degli osservatori internazionali. Negli ultimi mesi il premier Berisha ha chiesto all'Odihr di allontanare l'attuale ambasciatrice a Tirana, Audrey Grover, perché ritenuta una persona di sinistra e di conseguenza priva della dovuta imparzialità. L'ambasciatrice Grover si è trovata a monitorare altre elezioni in Albania, entrando in conflitto con Berisha nel '96, quando grazie ad elezioni del tutto irregolari il leader del PD vinse con una maggioranza degna del regime di Enver Hoxha. Due settimane fa, il settimanale di Tirana Mapo, in un articolo investigativo, indagava su un'altra personalità internazionale che verrebbe in Albania a capo della missione di monitoraggio da parte dell'OSCE, Wolfgang Grossruck, amico personale del premier, che nel lontano '96 fu l'unico osservatore internazionale a ritenere valide le elezioni.