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mercoledì 07 settembre 2022 15:53

 

Barack, Bartolomeo e la scuola di Halki

03.12.2009   

Ad inizi novembre negli Stati Uniti un incontro tra il presidente Barack Obama e il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I. Al centro del dialogo la riapertura della scuola ecumenica di Halki. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Di Jacopo Bassi

Il 3 novembre ha avuto luogo l’incontro tra il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I. Tema centrale del summit sono state le politiche di salvaguardia dell’ambiente, tematica in favore della quale il Trono Ecumenico si spende da tempo. Fu il Patriarca Atenagora a porre per primo al centro dell’attenzione la difesa della natura: da allora il Patriarcato è divenuto il principale ambasciatore – fra le autorità religiose – della causa dell’ambientalismo.

Ma la guida spirituale del mondo ortodosso ha approfittato dell’incontro con il presidente degli Stati Uniti anche per riportare al centro dell’attenzione le relazioni tra il Patriarcato di Costantinopoli e la Repubblica turca.

Un primo incontro era già avvenuto nell’aprile di quest’anno, ad Istanbul, nel corso di un meeting interreligioso che aveva visto presenti anche altri capi di comunità religiose dell’area: il muftì di Istanbul Mustafa Çağrici, il rabbino capo Isaac Haleva e l’arcivescovo della comunità ortodossa siriana, Yusuf Çetin.

L’influenza della diplomazia statunitense sulle politiche di Ankara è la carta scelta dal Patriarca per sbloccare lo stallo che da anni domina le relazioni tra il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e lo Stato turco.

Tra tutte le questioni aperte si è imposta quella della scuola teologica di Halki: il seminario è stato chiuso dalle autorità turche nel 1971, a seguito della decisione della Corte costituzionale relativa all’annullamento di alcune clausole della legge 625 sull’ordinamento dell’insegnamento privato.

L’istituzione fu fondata all’inizio del XIX secolo, con l’intento di formare il personale religioso e fornire un insegnamento teologico realmente ecumenico; l’obiettivo era la creazione di un modello alternativo agli estremismi etnico-nazionalisti impostisi nei convitti dei paesi ortodossi dei Balcani, attitudine particolarmente marcata agli inizi del Novecento, nell’epoca del trionfo degli Stati-nazione.

La scuola teologica di Halki ha svolto un ruolo fondamentale per l’educazione dell’alto clero ortodosso: in oltre 130 anni di attività, ben dodici prelati diplomatisi nel seminario hanno successivamente ricoperto la carica di Patriarca; lo stesso Bartolomeo I ha compiuto i suoi studi presso la scuola teologica di Halki.

La decisione presa dalla Corte costituzionale turca – quasi quarant’anni or sono – deve essere letta alla luce delle tensioni greco-turche sorte riguardo alla questione cipriota, giunte al culmine negli anni Settanta.

Lo status della minoranza greca di Turchia è divenuto, nel corso degli anni, un vero termometro delle relazioni fra Atene e Ankara, almeno a partire dagli “eventi di settembre” del 1955: in quell’occasione fu organizzato un pogrom contro i greci di Istanbul, sulla base della falsa notizia di un attentato occorso ad Atatürk, in quei giorni in visita a Salonicco.

Gli avvenimenti del 1955 furono alla base di una successiva violenta campagna contro il Patriarcato; il Fanar - quartier generale del Trono Ecumenico – fu persino accusato, nel 1957, di portare avanti politiche antiturche. Al culmine delle tensioni diplomatiche greco-turche fu proposta la revisione del trattato di Losanna e l’espulsione del Patriarcato dal territorio nazionale turco.

La chiusura della scuola teologica di Halki – in realtà una cessazione d’attività, non una misura amministrativa, dunque revocabile – rientra nel più complesso problema della presenza greca in Turchia; una complicazione ulteriore dell’affaire è data dal ruolo che ricopre il Patriarcato, istituzione religiosa la cui voce è in ogni caso un punto di riferimento in paesi (Grecia e Cipro) con rapporti diplomatici tradizionalmente difficili con lo Stato turco.

Due differenti movimenti d’opinione si oppongono alla riapertura: coloro i quali continuano a ritenere la presenza della comunità greca come quella di un “nido di spie” nel cuore dello Stato turco, e i kemalisti più intransigenti, sostenitori della laicità dello Stato, i quali temono che la ripresa delle attività d’insegnamento ad Halki possa costituire un precedente favorevole per l’apertura di scuole islamiche indipendenti in tutto il paese.

Per contro, gran parte dell’intellettualità turca si è espressa in favore della riapertura della scuola: tra questi Orhan Kemal Cengiz, giornalista e membro fondatore di Amnesty Turchia, e Baskin Oran, professore all’università di Ankara e tra i principali sostenitori della riconciliazione fra turchi e armeni.

Una soluzione di compromesso sembrava essersi profilata nel 1999, quando Zekeryia Deyaz, allora direttore del Dipartimento di Scienze religiose e Filosofia della facoltà di Teologia dell’Università di Istanbul, propose di integrare la scuola di Halki alla facoltà, facendone una “sezione delle culture e delle religioni del mondo”. La proposta non ha tuttavia avuto seguito, seppur lo stesso Bartolomeo si sia dichiarato disponibile a valutarne la possibile attuazione: il progetto, una volta concluso, avrebbe messo la scuola teologica nelle condizioni di dipendere direttamente dall’istituto per l’insegnamento superiore turco.

Ancora oggi, quindi, la questione appare lontana dalla risoluzione. In occasione dello storico incontro del gennaio 2008 tra i governi di Atene e di Ankara – avvenuto a distanza di cinquant’anni dall’ultimo – l’allora Primo Ministro greco Costas Karamanlis ha affrontato la questione, ottenendo da Recep Erdogan l’impegno a valutare nuovamente la riapertura.

Il rispetto della libertà religiosa, ribadito a più riprese dalle autorità europee come condizione vincolante nella valutazione delle possibilità d’ingresso della Turchia nella UE, non prescinde dalla normalizzazione dei rapporti di Ankara con il Patriarcato. L’ultima dichiarazione in ordine di tempo giunta da Bruxelles, data al giugno del 2009: Oli Rehn, allora responsabile per l’allargamento dell’Unione Europea, ha ricordato come la scuola di Halki dovesse riaprire.

Egemen Bağiş, negoziatore per l’ingresso della Turchia nell’UE, ha d’altra parte duramente replicato che Halki è una faccenda riguardante la politica interna.

L’incontro fra Bartolomeo I e Obama ha dunque visto una sostanziale intesa sull’impegno ambientalista, ma anche una richiesta da parte del Patriarca di un impegno della presidenza statunitense a discutere della faccenda della riapertura di Halki nell’ormai prossimo incontro del 7 dicembre tra Stati Uniti e Turchia.

Del resto il tentativo di mediazione statunitense non è una novità assoluta: tentativi di pressione sul governo turco per la riapertura del seminario furono operate già negli anni Novanta – senza esito positivo – da Madeleine Albright e Bill Clinton. Chissà che il neo-premio nobel per la pace non abbia miglior fortuna…
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