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Nebbie d'autunno

26.02.2010    Da Pristina, scrive V. Kasapolli

jjjohn/flickr
Scandali e servizi segreti. In Kosovo, un legame che curiosamente emerge ogni novembre. Nel 2009 le confessioni di Nazim Bllaca, auto-dichiaratosi membro dello ShIK, i servizi vicini al PDK di Thaci, hanno aperto numerose domande su un intelligence fino ad oggi fuori dal quadro istituzionale
Ormai sta diventando una tradizione: a novembre, in Kosovo, le pagine dei giornali si riempiono di scandali riguardanti i servizi segreti. Nel novembre 2008 ci fu l'arresto di tre supposte spie tedesche in relazione all'attentato che scosse la sede dell'International Civilian Office (ICO). Allora le reazioni dei media furono ai limiti dell'isteria, visto che il caso portò a galla l'informazione che i servizi di più di venti paesi avevano propri agenti sul territorio del Kosovo. Il caso comunque, dopo l'intervento delle diplomazie, rientrò in fretta e venne dimenticato.

Nel novembre scorso, fu l'autoproclamato killer e membro dello ShIK (Sherbimi Inteligjent i Kosoves), servizio di sicurezza vicino al Partito Democratico del Kosovo (PDK), oggi al governo, ad attirare l'attenzione dell'opinione pubblica e dei media, dopo essersi auto-accusato di varie attività criminali cui avrebbe preso parte dopo la fine del conflitto armato del 1999.

Nazim Bllaca raccontò allora di aver ucciso una persona, e di aver partecipato ad altri omicidi, aggressioni e ricatti. Una fonte governativa, che ha preferito restare anonima, ha dichiarato ad Osservatorio che le dichiarazioni di Bllaca hanno provocato un vero terremoto nel settore della sicurezza in Kosovo.

I media sono stati sommersi di reazioni. Molti hanno descritto Bllaca come una “spia di Belgrado” o “un nemico del Kosovo”, mentre quelli più vicini all'attuale esecutivo non hanno esitato a etichettarlo come insano di mente. Secondo le voci più allarmate, le confessioni di Bllaca potrebbero addirittura influenzare il processo, intentato dalla Serbia alla Corte Internale di Giustizia dell'Aja, sulla legittimità della dichiarazione di indipendenza del Kosovo.

Sono passati tre mesi da quando Bllaca ha dichiarato alla tv nazionale di essere un assassino. Fino ad oggi le istituzioni giudiziarie non sono state in grado di confermare se egli sia stato effettivamente membro dello ShIK, e tutto lascia pensare che i tempi processuali sul suo caso potrebbero trascinarsi a lungo.

Il “caso Bllaca” è nato nelle aule del parlamento di Pristina, quando deputati della Lega Democratica di Dardania (LDD), partito di opposizione, dichiararono di avere prove del coinvolgimento di alti membri del PDK in attività criminali. La prova, come divenne presto evidente, era costituita dallo stesso Bllaca. Proprio Bllaca alcuni giorni dopo improvvisò una conferenza stampa davanti all'edificio del parlamento, per raccontare la sua storia di nove anni di presunti crimini commessi.

Lo stesso giorno le tv nazionali misero in onda un servizio registrato con una versione più dettagliata della confessione, in cui Bllaca parlava di omicidi, tentati omicidi, sequestri di persona e altre attività illegali, additando per nome e cognome deputati, membri del governo, ufficiali di polizia e semplici cittadini come suoi complici.

Secondo Bllaca l'ex direttore dello ShIK (ed ex ministro degli Interni nel governo provvisorio del Kosovo), Azem Syla, avrebbe ordinato l'esecuzione di numerose persone col pretesto di eliminare collaboratori dei servizi segreti serbi. Gli omicidi, però, in realtà sarebbero stati politicamente motivati.

Dopo la confessione pubblica ci sono voluti giorni perché gli organi giudiziari arrestassero Bllaca. Nessuno, nemmeno EULEX, ha confermato l'appartenenza di Bllaca allo ShIK. Nel frattempo, nessun avvocato ha accettato di assumere la difesa del confesso omicida.

La confessione di Bllaca non è il primo scandalo connesso con lo ShIK. Nel giugno 2008, quattro mesi dopo la dichiarazione di indipendenza, il suo direttore, Kadri Veseli, ne annunciò pubblicamente lo scioglimento “perché il servizio ha portato a termine con successo la sua missione”.

Alla notizia, molti in Kosovo cominciarono a chiedere: chi ha autorizzato questa struttura a servire gli interessi del Kosovo? Chi l'ha finanziata? Che linea di comando seguiva? Nessuna di queste domande ha ancora trovato risposta.

“E poi, perché nove anni di lavoro di un'organizzazione di questo tipo dovrebbero essere azzerati per ripartire da capo, se lo ShIK stava davvero 'servendo gli interessi del Kosovo'?”, domanda l'esperto in questioni di sicurezza Agim Musliu.

“Lo ShIK non è mai divenuta una struttura pienamente legittima perché non è riuscito ad ottenere il benestare da parte degli internazionali”, ha dichiarato ad Osservatorio una fonte governativa anonima. La stessa fonte ha poi aggiunto che la presenza di altre strutture simili in Kosovo è risultata un'ulteriore fonte di difficoltà.

Un'analisi del think-tank KIPRED (Kosovo’s Institute for Research and Policy Development) pubblicata nel 2006, menziona la presenza di almeno un altro servizio segreto, legato all'LDK (Lega Democratica del Kosovo), oggi junior partner all'interno della coalizione di governo.

Lo ShIK, sin dalla sua creazione nel 1999, non è mai stato inquadrato istituzionalmente. Il servizio fu attivato durante la guerriglia condotta dall'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK) guidato dall'attuale premier Hashim Thaci. Il suo partito, il PDK, è direttamente legato alle attività dello ShIK.

L'analisi di KIPRED getta luce sulla relazione del servizio con il mondo della politica. “L'attività dello ShIK consiste nel proteggere membri del partito, nel raccogliere informazioni sugli oppositori politici e su possibili minacce... Queste strutture non hanno alcuna base legale, ma sono tollerate ed utilizzate da parte dell'amministrazione internazionale”.

La leadership del PDK, da parte sua, ha sostenuto che i legami intercorsi tra lo ShIK e il governo provvisorio del Kosovo istituito nel 1999 (e poi sciolto un anno dopo in seguito alle prime elezioni) fanno del servizio una struttura legale.

Lo stesso ShIK ha tentato di legittimare le proprie attività mostrandosi spesso in forma pubblica, e spostando la propria sede nel centro di Pristina. Il suo ex direttore, Kadri Veseli, ha sottolineato durante un'intervista televisiva che lo ShIK ha intrattenuto contatti continui con l'UNMIK, la KFOR ed altri attori internazionali presenti in Kosovo.

Elencando i successi ottenuti, Veseli ha affermato che lo ShIK è riuscito ad ottenere “informazioni a sacchi” dalle istituzioni serbe. Veseli, però, non ha mai precisato che tipo di informazioni sarebbero state intercettate, e in che modo queste abbiano contribuito a rendere il Kosovo più sicuro.

Il Kosovo ha costituito il proprio servizio di intelligence ufficiale soltanto l'anno scorso. Al momento, però, sono stati nominati solo i tre ufficiali in comando, ritenuti vicini ai partiti della coalizione di governo. Il direttore dei servizi, Bashkim Smaka, nominato lo scorso ottobre, può essere rimosso su decisione del presidente della Repubblica e del primo ministro.

“La nuova struttura costituisce la continuazione di uno stato di illegalità, ma di dimensioni ancora più grandi”, sostiene però Musliu. Secondo l'esperto, i confini dell'autorità e delle competenze degli agenti continuano ad essere estremamente poco chiari. Per Musliu un ulteriore problema è costituito dalla modalità di reclutamento nei servizi, che non prevede una preparazione specifica per questo delicato ruolo.

Intanto in molti sperano che il caso Bllaca aiuti a portare un po' di chiarezza su quanto successo in Kosovo in questo settore negli ultimi anni. Resta da vedere se gli organi di EULEX vorranno veramente investigare sulle attività dello ShIK dal 1999 e il 2008, anche alla luce del fatto che quest'ultimo sostiene di aver collaborato in quegli anni con numerosi servizi segreti esteri, compresi quelli degli stati che compongono la missione europea.

I servizi segreti in Kosovo non sono mai stati del tutto legittimi, visto che questi non hanno mai dovuto rispondere delle proprie attività alle istituzioni. Informazioni sui meccanismi di nomine all'interno di queste strutture, così come sulle loro fonti di finanziamento e sugli interessi che hanno protetto, continuano a rimanere dai contorni indefiniti.

Presto o tardi il caso Bllaca troverà una sua conclusione. La vera questione, però, è se l'opinione pubblica kosovara avrà mai la possibilità di sapere la verità sulle attività dello ShIK e di altre strutture simili in questi anni. Sempre nella speranza che il prossimo novembre non porti nuove sorprese.
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