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mercoledì 07 settembre 2022 15:51

 

Veton Surroi: sì alla guerra in Iraq

21.02.2003   

“Per rovesciare i tiranni ci vogliono le bombe”, afferma Surroi, uno dei più noti intellettuali del Kosovo. Pubblichiamo il sunto di un suo articolo curato da Notizie Est ed il breve commento ad esso da parte di Andrea Ferrario, direttore di Notizie Est.
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Veton Surroi, uno dei più noti intellettuali del Kosovo, editore e proprietario del quotidiano "Koha Ditore", ha pubblicato nell'"International Herald Tribune" dell'11 febbraio scorso un articolo di opinione ("Per rovesciare i tiranni ci vogliono le bombe") in cui appoggia senza riserve le posizioni USA sulla necessità di una guerra contro l'Iraq. Surroi elenca alcuni dei concetti che, secondo lui, sono alla base dei ragionamenti di chi si oppone oggi alla guerra e li considera uguali a quelli avanzati per opporsi alla guerra contro la Serbia di Milosevic: "Date una possibilità alla pace", "Un attacco militare minaccerà la stabilità regionale" e "Gli Stati Uniti utilizzano la forza militare per stabilire il loro dominio". Surroi scrive che questi argomenti sono sbagliati oggi, così come erano sbagliati allora. A Milosevic, secondo il giornalista, erano state date tutte le possibilità di pace, ma "solo i bombardamenti sulla Serbia hanno fermato il genocidio in Kosovo". Le bombe sono state "una precondizione della democrazia. La debacle causata dalla pioggia di bombe NATO sulla Serbia è stata l'inizio della fine di Milosevic". Surroi osserva inoltre che "gli Stati Uniti non hanno creato un loro dominio, in realtà hanno, in misura maggiore o minore, lasciato l'area all'Unione Europea e alle Nazioni Unite attraverso il protettorato in Kosovo". Saddam Hussein, scrive Surroi, "è una minaccia per il diritto umanitario internazionale, la stabilità regionale e la pace mondiale, così come lo era Milosevic" e "solo le bombe possono fare mollare la presa sul potere" a personaggi come questi. Dopo avere invitato l'opposizione irachena a pensare fin da oggi al dopoguerra, secondo l'esperienza del giornalista kosovaro il periodo più difficile, Surroi chiude ribadendo: "Bisogna ricordarsi che, come ha dimostrato il caso di Milosevic, ci vuole la forza militare per fare cadere i tiranni, dopo che tutto il resto ha fallito".
Il commento Dissentiamo completamente dalle opinioni di Surroi, che riportiamo a titolo informativo. Ci sembra impossibile che Surroi possa ignorare alcuni fatti macroscopici, a partire dal fatto che il Kosovo e i Balcani non sono la stessa cosa dell'Iraq e del Medio Oriente e che non è possibile fare un parallelo tra i due contesti. A parte questo particolare decisivo, le bombe NATO non hanno affatto portato alla caduta di Milosevic e vi sono molti più elementi per ritenere che invece abbiano contribuito a prolungarne il potere (nonché a tenere in piedi tutti i suoi uomini ancora oggi attivi nelle istituzioni). La guerra contro la Serbia, è un fatto, non ha fermato il genocidio in Kosovo, visto le forze serbe hanno iniziato e portato a compimento le loro operazioni di pulizia etnica senza grossi ostacoli e solo al loro termine Belgrado si è seduta al tavolo delle trattative. Come abbiamo visto di recente, nulla indica che l'intenzione della NATO fosse quella di fare cadere il regime di Milosevic, né tantomeno di salvare gli albanesi del Kosovo o di "liberare" quest'ultimo - lo scopo evidente era quello di porre rimedio a una situazione di instabilità pericolosa, mettendo sotto controllo i due "contendenti", non ultimi gli stessi albanesi del Kosovo e dell'area in generale, posti infatti sotto un protettorato politico-militare nel Kosovo stesso e, in parte, in Macedonia e in Albania. Surroi si dimentica anche che sul risultato ultimo della "liberazione" del Kosovo ha inciso molto più la lotta, pacifica o armata, del suo popolo di quanto abbiano inciso le bombe della NATO, il cui esito concreto, per gli albanesi del Kosovo, sembra essere oggi unicamente quello di una limitazione di questa "liberazione" mediante il controllo politico e militare.
Andrea Ferrario - Notizie Est
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