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L’allargamento dell’UE visto da Tirana

06.05.2004    Da Tirana, scrive Artan Puto

La stampa albanese copre con diversi articoli il tema dell’allargamento dell’Unione europea e dell’ingresso dei nuovi dieci membri. Tra le pagine dei quotidiani molto disincanto e dure critiche alla politica locale
Tirana


La stampa albanese ha seguito l’avvenimento dell’allargamento della UE a 10 nuovi stati attraverso una rappresentazione che ha due aspetti principali: da un lato l’entusiasmo dei nuovi stati che hanno raggiunto la UE e dall’altro la frustrazione dell’opinione pubblica albanese per il grosso ritardo dell’Albania.

Nell’articolo intitolato “Dieci stati della Europa libera sperano di avere la fortuna dell’Irlanda, pur avendo ancora paura” del quotidiano “Shekulli”, del primo maggio, si legge che il più grosso allargamento dell’Europa sta avvenendo in mezzo a emozioni miste: da un lato grosse speranze e dall’altro paura e scetticismo. “Nei vecchi stati della UE la gente comune ha paura dell’Est perché offre una forza lavorativa a basso prezzo che distruggerà un mercato del lavoro troppo sensibile, che assorbirà e indebolirà i fondi sociali europei; dal canto loro i nuovi cittadini della UE temono la minaccia della loro identità, oppure il fatto che gli esperti se ne andranno dal loro paese (brain drain), o che la sviluppata industria dell’Ovest distruggerà i loro prodotti”.
Secondo il quotidiano albanese, i nuovi stati membri della UE sperano di seguire il modello irlandese, il quale si appoggiava sul sostegno che la UE dava per lo sviluppo di questo paese. Confidando nell’aiuto della UE, i nuovi stati sperano di raggiungere, entro un lasso di tempo compreso tra i 15 e i 40 anni, il livello medio dello sviluppo della UE. L’autore dell’articolo afferma che questo potrebbe anche accadere, ma solo a condizione che i nuovi stati sappiano gestire bene i fondi provenienti dal budget comune della UE.

In un altro articolo di “Shekulli” intitolato “Le ammissioni nella UE e l’Albania” si afferma che i nuovi stati membri necessitano di anni per poter raggiungere il livello degli stati occidentali. Comunque, la cosa importante è che questi stati abbiano trovato il giusto modello d’integrazione. Secondo il quotidiano, questo modello consiste nell’abbassamento delle tasse e nella riduzione della presenza dello stato nell’economia nazionale. “Questa esperienza è stata adottata con successo anche da parte dei nuovi 10 stati della UE. Il peso delle tasse di questi stati è stato intorno al 20%, oppure due volte inferiore al livello albanese. Nel frattempo i nuovi stati europei hanno applicato molti incentivi fiscali per stimolare gli investimenti stranieri. Gli sgravi fiscali combinati anche con la stabilità politica e le misure anticorruzione sono state le cause dell’affluenza, in questi paesi, di compagnie straniere, che vanno dalla industria della produzione delle macchine all’agricoltura”.

Secondo il giornalista del foglio di Tirana, la situazione albanese è in netto contrasto con l’economia dei nuovi stati membri della UE. I governanti albanesi non hanno ancora capito che la situazione economica sarebbe migliore con un inferiore livello di tasse per il business, applicando tariffe più basse per i prodotti di consumo, oppure escludendo da questo peso i nuovi investimenti locali o stranieri.
Riferendosi al fatto che l’Albania si colloca tra i paesi poveri d’Europa e che ha davanti a sé una lunga strada da percorrere prima di poter raggiungere la UE, l’autore scrive che “a parte le istituzioni deboli, una causa dell’attuale situazione è anche l’applicazione di tasse molte alte per le imprese private, un fattore che toglie alla gente la possibilità di fare affari in modo onesto e che crea, invece, il terreno per realizzare guadagni in modo illecito”.

Per “Shekulli”, la sfida principale che il governo e le altre istituzioni statali albanesi stano affrontando riguarda l’aumento degli standard economici, nel tentativo di affrancare il business dal grosso peso fiscale, impedendo la concorrenza sleale, la corruzione, il contrabbando, e facendo fronte alla mancanza di sgravi fiscali.
Ancora “Shekulli” ritorna il giorno successivo allo storico evento sulla questione dell’allargamento. Sotto il titolo “Gli albanesi stano a guardare l’Europa”, il quotidiano schipetaro scrive che il processo di democratizzazione dell’Europa Orientale, iniziato nel 1989, non ha dato gli stessi risultati per tutti. L’articolo considera che il processo di avvicinamento alla UE ha avuto una dinamica incerta: a) perché non tutti gli stati dell’Europa dell’Est erano preparati allo stesso modo per affrontare la transizione post comunista, b) perché il posto dell’ideologia comunista è stato preso dal nazionalismo, aggiungendo “qui anche la tradizionale arretratezza di questi stati nel loro camino dal totalitarismo verso la democrazia”.

L’autore dell’articolo sottolinea il fatto che la Polonia, la Slovenia, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, l’Ungheria, i Paesi baltici, “sono paesi vicini alla civiltà occidentale e lo hanno dimostrato non solo durante il periodo post comunista ma anche nella loro storia pre comunista”.
L’autore scrive che “il processo d’integrazione europea di questi stati è stato condizionato in maniera considerevole dal fatto che loro hanno rispettato gli standard politici ed economici. Perché prima di essere una unione di mercati, potenziali economici ed energie politiche, l’Unione Europea è anche una unione di culture, valori, civiltà vicine tra loro”.

Per quanto riguarda l’Albania, l’articolo mette in evidenza che il ritardo del paese nel processo di avvicinamento alla UE è stato creato dagli albanesi stessi. “L’Albania è il solo paese in Europa che 15 anni dopo la caduta del comunismo ancora non è riuscito ad organizzare elezioni normali. Questo fatto compromette gravemente la nostra capacità collettiva di costruire la democrazia e di vivere in democrazia”.
Secondo l’autore questa è la chiara dimostrazione del fallimento degli albanesi nel loro doloroso camino verso l’integrazione europea, che non può essere solamente giustificato con il fatto di essere governati da leader irresponsabili. L’articolo conclude dicendo che la società albanese non è ancora in grado di produrre un ambiente democratico. “Noi non meritiamo l’Europa finché non saremo capaci di capire che la UE non è un club di beneficenza, e che il destino dell’Albania sta nelle mani degli stessi albanesi”.

Anche il quotidiano “Panorama” il primo maggiori occupa di allargamento con un pezzo dal titolo “Quando l’Europa aprirà le porte per noi?”, in cui l’autore accenna alle dure critiche mosse dalla comunità internazionale verso l’Albania. Le critiche più dure sono state fatte dalla Commissione Europea durante la riunione del 16 aprile, così come pure dai negoziatori internazionali che hanno preso parte alla 4° sessione degli incontri Albania-UE per l’accordo di associazione stabilità, svoltasi a Tirana il 22 aprile.
Secondo il giornale le critiche principali vertevano in primo luogo sull’organizzazione di libere e corrette elezioni in Albania, sulla corruzione, sul crimine organizzato, e sulla povertà estrema. L’autore dell’articolo vede nella classe politica albanese il più problema grosso. Classe politica che il giornalista considera come una casta completamente staccata dai problemi della società. “Per quanto riguarda i privilegi e gli standard di vita, la casta governativa albanese da tempo è integrata nella UE, pertanto è priva di forti motivazioni per lavorare duramente e per far integrare il paese nella UE”.

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