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A 60 anni dall’Olocausto degli Zingari dell’Europa centrale

09.08.2004   

Sessant’anni fa, la notte tra il 2 e 3 agosto 1944, il “campo degli zingari” del campo di morte di Auschwitz-Birkenau venne chiuso dopo che l’ultimo gruppo di 2.897 zingari reclusi fu sterminato. Un articolo tratto da Radio Free Europe
Auschwitz - foto da www.citinv.it




Di Michael Shafir - Senior Regional Analyst di Radio Free Europe


Traduzione a cura di Daniela Mezzena – Osservatorio sui Balcani






Il “Campo degli Zingari” era stato costruito nel febbraio 1943 come sezione separata della fabbrica di morte dove, secondo le ultime stime, sono morti 1,1 milioni di Ebrei. Il “Campo degli Zingari” era stato concepito come un “campo famiglia” nel quale uomini, donne e bambini venivano rinchiusi assieme. Dei 23mila zingari internati ad Auschwitz-Birkenau, solo 3mila sono sopravissuti. Secondo Franciszek Piper, lo storico che dirige il Museo Statale Auschwitz-Birkenau, la maggior parte di loro sono morti di fame e malattie. Dopo gli Ebrei e i Polacchi (circa 70-75mila vittime), i Rom sono stati il terzo più numeroso gruppo nazionale sterminato dai nazisti ad Auschwitz-Birkenau.




Il “Porrajmos”, o Olocausto in lingua romany, è un tema ad oggi poco studiato. Come nel caso delle vittime ebree, è difficile fornire il numero esatto degli zingari uccisi nel Porrajmos. Mentre, però, le stime delle vittime ebree variano tra 5,1 e 6,2 milioni, quelle delle vittime zingare presentano una discrepanza maggiore, da 200mila fino a 1,5 milioni. Come il politologo Zoltan Barany, residente negli Stati Uniti, ha scritto in un libro pubblicato nel 2002, ci sono diversi motivi alla base di questa discrepanza. In primo luogo, molte delle vittime zingare erano analfabete o semi-analfabete e quindi poche tra loro hanno potuto rendere una testimonianza dopo la loro odissea. “Gli Zingari sopravissuti”, scrive Barany, “non hanno lasciato diari, non hanno scritto memorie e, di conseguenza, non hanno fatto ricerche in questa materia”. Questo si combina al fatto che la storia scritta è stata, fino a tempi recenti, un concetto esterno alla cultura zingara. In secondo luogo, è difficile ottenere dati demografici attendibili sulle popolazioni Rom e Sinti del periodo precedente alla seconda guerra mondiale in Europa, la maggior parte apparteneva infatti a popolazioni migranti. Inoltre scrive Barany, “rispetto all’assassinio degli Ebrei, lo sterminio degli Zingari è stato documentato in maniera molto meno meticolosa dai nazisti e dai loro collaboratori”.




C’è, comunque, una quarta ragione per la mancanza di ricerche sul Porrajmos, ragione che Barrany ha prudentemente evitato di nominare. Alcuni storici ebrei ritengono che i nazisti non intendessero eliminare completamente la popolazione zingara; di qui una giustificazione sufficiente per non considerare le popolazioni Rom e Sinti dell’Europa come parte del piano di genocidio nazista. Comunque, nonostante sia vero che i nazisti abbiano classificato i Rom in diverse categorie, la classificazione non è mai stata applicata nella pratica. Molti Sinti e Lalleri – a cui si suppone sia stata risparmiata la sorte riservata agli altri perché erano considerati “Zingari Ariani” che non si sono mescolati geneticamente con i discendenti dei “criminali europei” nel corso della storia – finirono, in molti casi, per essere sterilizzati con la forza o deportati nei campi di morte proprio come è successo agli altri Rom. Come ha mostrato lo storico britannico John Grenville, il capo delle SS Heinrich Himmler – il quale progettò la classificazione in un decreto pubblicato nel dicembre 1942 - era particolarmente impaziente di liberare la Germania dalla popolazione Rom e le distinzioni “erano arbitrarie e non venivano affatto osservate rigorosamente; pochi zingari sarebbero sopravvissuti al 1945; il loro assassinio di massa, come quello degli Ebrei, si estese a tutta l’Europa sotto la dominazione tedesca”.





Secondo Barany, durante la seconda guerra mondiale, esistevano “significanti disparità” nelle politiche attuate dai satelliti tedeschi nei confronti degli Zingari. Gli Ustasha croati “non erano certo più misericordiosi dei Tedeschi nel trattamento dei Rom” e in 26.000 vennero uccisi o morirono durante la deportazione in Croazia o in Sardegna. Nella Serbia occupata dai Tedeschi, decine di migliaia di Rom vennero mandati nei campi di sterminio e in migliaia vi morirono. L’Ungheria trattò la sua popolazione zingara allo stesso modo di quella ebrea. La legislazione discriminatoria venne emanata nei primi anni ’40, ma fu solo dopo l’occupazione tedesca del paese nel marzo 1944 e l’ascesa al potere di Ferenc Szalasi nell’ottobre di quell’anno, che gli Zingari vennero deportati nei campi di concentramento, dove ne morirono diverse migliaia. In Polonia, le autorità tedesche d’occupazione ne uccisero tra i 20 e i 35mila, sparando loro oppure nei campi di concentramento. Come per il trattamento degli Ebrei, le autorità bulgare difesero gli “Zingari domestici” dalla deportazione, ma nella Macedonia occupata dai Bulgari e in Tracia, i Rom vennero riuniti e condannati a morte. Secondo Radu Ioanid dell’Holocaust Memorial Museum degli Stati Uniti, il numero dei morti tra i 25mila deportati in Transnistria durante il regime di Antonescu, ammonta a 19mila; mentre secondo lo storico Viorel Achim, circa la metà dei deportati ritornarono in Romania. Nella “Repubblica clericale” slovacca di monsignor Jospeh Tiso, esisteva una forte discriminazione, ma non vennero messe in atto politiche di sterminio dei Rom. Tuttavia, in Slovacchia gli Zingari vennero rinchiusi in campi di lavoro forzato e, dopo l’occupazione del paese da parte delle forze tedesche alla vigilia della Sollevazione Nazionale Slovacca del 1944, circa mille Rom morirono in pogrom e uccisioni di massa. Dei 6mila Zingari che vivevano in Cecoslovacchia, un decimo è sopravissuto al Porrajoms. Le autorità del Protettorato di Boemia e Moravia internarono 1.300 Rom nel campo di Lety, 538 dei quali vennero trasferiti ad Auschwitz-Birkenau. In totale, in 326, compresi 241 bambini, morirono a Lety. Vergognosamente, oggi questo luogo è occupato da una fattoria dove si allevano maiali per il commercio, fattoria che le autorità ceche hanno per anni inutilmente promesso di eliminare.




Recentemente, il Porrajmos ha registrato un crescente interesse da parte degli storici e l’Holocaust Memorial Museum degli Stati Uniti ha indirizzato l’attenzione su questo capitolo dell’Olocausto a lungo dimenticato. Rimane da vedere se questo recente interesse potrà aiutare a sradicare il diffuso pregiudizio anti-Rom nell’Europa Centro-Orientale post-comunista.




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