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mercoledì 07 settembre 2022 17:15

 

Srebrenica, dialogo interreligioso congelato

05.05.2005    scrivono Luka Zanoni e Andrea Rossini

Quali le speranze, oggi a Srebrenica, delle comunità religiose? L'Imam, portavoce della comunità musulmana, in un'intervista racconta dell'attuale situazione politica ed economica stagnante e di un dialogo interreligioso congelatosi purtroppo da tempo
L'Imam di Srebrenica (foto di Gughi Fassino)
ALCUNI DATI

Quando è stata ristrutturata la moschea?

La moschea è stata restaurata all'incirca due anni fa, nel 2002.

Da quando è Imam a Srebrenica?

Questo è il secondo anno. Prima di me c'è stato un altro Imam. Sono il secondo Imam che arriva a Srebrenica dopo la guerra.

La moschea è sempre stata in questo luogo, anche prima della guerra?

Si, lo è stata a lungo, ed ora si ritrova nuovamente lì. Nel comune di Srebrenica prima della guerra si contavano 20 moschee. Tutte sono andate distrutte. Di 5 moschee presenti in centro città ne è rimasta una sola.

Attualmente, in che situazione si trova la comunità musulmana a Srebrenica?

La situazione a Srebrenica è molto difficile. Il dopoguerra non ha portato stabilità ed anzi la situazione economica resta molto incerta. Anche la comunità musulmana ne risente. Ma speriamo in futuro vada meglio.

Quanto è numerosa la comunità musulmana ora a Srebrenica?

Stando ai dati forniti dalle autorità municipali a Srebrenica vi sarebbero 4000-4500 bosgnacchi rientrati. Prima della guerra nella municipalità vivevano 27500 bosgnacchi.

4500 rientrati!

Ho sottolineato che questi sono i dati forniti dalla municipalità. In realtà ciò non vuol dire che tutti siano qui. Sarei contento se almeno la metà di queste 4000 persone fossero rientrate a vivere effettivamente qui, e non solo sulla carta.

ALTRE COMUNITA' E DIALOGO

Quali le altre comunità che abitano a Srebrenica?

Qui abbiamo la comunità ortodossa e anche la comunità cattolica.

Vi sono anche cattolici?

Si, hanno anche una loro cappella, però sono in pochi. Penso ve ne siano meno di cento. Credo
che anche prima della guerra fossero in pochi. Ora ve ne sono ancora meno. Però ci sono. Occasionalmente vengono per fare messa o visitare la cappella. Per quanto riguarda il nostro dialogo con altre comunità collaboriamo senza dubbio con quella cattolica, con Fra Marko. Ci conosciamo, fra noi c'è dialogo. Ma ciò che sarebbe più importante, il dialogo con la comunità ortodossa, qui a Srebrenica, è purtroppo ancora bloccato.

Non avete alcun dialogo tra voi?

No, io ed il Pope ci parliamo e ci vediamo. Ma è una questione privata. Ciò che non abbiamo ancora è una collaborazione completa.

Ma esiste un progetto finalizzato a migliorare la collaborazione fra le comunità religiose?

Noi avevamo intenzione di realizzare un percorso di dialogo interreligioso ma l'iniziativa è durata solo un mese: purtroppo non siamo riusciti ad individuare le modalità per collaborare.

Quali le finalità principali di questo percorso?

Innanzitutto ridurre la tensione. Avremmo voluto parlare di ciò che la religione è, e di ciò che non è. Di ciò che è spacciata come religione ma non lo è affatto. Avremmo voluto riunire attorno ad un tavolo tutte le comunità, invitare professori delle nostre università e delle loro. In questo modo avremmo voluto mostrare alla gente la vera immagine di una e dell'altra religione. All'interno di questo percorso era previsto inoltre far incontrare i giovani. Era nostra convinzione infatti che questo percorso avrebbe avuto più successo con i giovani e fosse meno efficace con i più anziani. Si sarebbe arrivati a concludere che la fede non cerca ciò che è successo in Bosnia Erzegovina. Non siamo ancora riusciti a raggiungere quest'obiettivo, ma continueremo a provarci.

ISTRUZIONE

Per quanto riguarda l'istruzione, nel programma scolastico delle scuole esiste l'insegnamento della religione?

Sì, c'è nelle scuole elementari e medie. Ma non alle superiori.

I giovani possono scegliere a quale corso partecipare?

Sì, la scelta è libera.

Dipende forse dalle origini?

Normalmente i giovani che provengono da una famiglia serba, sceglieranno la religione ortodossa, mentre i figli di una famiglia musulmana andranno a seguire lezioni di religione musulmana. Ci sono però ragazzi che provengono da famiglie miste, in quel caso alcuni scelgono di seguire l'insegnamento di entrambe le religioni, altri preferiscono non seguirne alcuno.

IL DECENNALE

Come parteciperete alle cerimonie per il decennale del massacro di Srebrenica?

Come comunità musulmana non abbiamo ancora niente di definito, è ancora tutto da definire. Credo che per quanto riguarda i nostri compiti religiosi non ci saranno molti cambiamenti. I riti continueranno come al solito. Naturalmente seguiremo il programma religioso: dunque i funerali e tutti gli altri riti.

Ci saranno funerali?

Sì, ce ne saranno. Per l'organizzazione di altre manifestazioni, come ad esempio quella della Marcia della morte fatta dai nostri veterani, sarà il comune ad occuparsene. Noi ci limiteremo ai riti religiosi.

Collaborate con il comune e con il sindaco?

Sì, collaboriamo sia con il sindaco che con tutta l'amministrazione comunale.

IL FUTURO DI SREBRENICA

Cosa pensa personalmente del futuro di Srebrenica, diminuiranno le tensioni?

Quando parlavo di dialogo interreligioso intendevo un percorso capace di creare una convivenza
La moschea a Srebrenica
pacifica. Con ciò non intendo riconciliazione. Per ora credo che l'elemento essenziale sia la convivenza e noi come comunità religiose nel caso in cui vogliamo comprendere seriamente il problema e vogliamo veramente far qualcosa, in questa direzione possiamo fare molto. In nome della comunità musulmana dico che ci rendiamo disponibili per lavorare e collaborare per una migliore convivenza a Srebrenica, ma vorrei che fosse anche la chiesa ortodossa a dichiararlo pubblicamente. Il portavoce della comunità musulmana in BiH Reis-ul-Ulema Mustafa Ceric, lo dichiara sempre e ovunque. La Bosnia Erzegovina non può essere diversa da come è sempre stata: al suo interno c'è sempre stato spazio per tutti e ci sarà sempre. Ma anche i capi ortodossi devono dichiararlo pubblicamente ed esigere dai loro collaboratori un'aderenza al programma. Credo che è proprio questo il problema principale a Srebrenica, c'è chi lo vuole fare, c'è chi non lo vuole o non lo può fare. Ma se almeno i principali esponenti di tutte le comunità la vedessero in modo diverso, allora sì che si potrebbe fare molto per una convivenza migliore. Un altro problema di questa convivenza - e di qualsiasi tipo di vita - è la difficile situazione economica. Prima della guerra, probabilmente, Srebrenica è stata una delle regioni più progredite dell'intera Jugoslavia. Ricca di risorse naturali, oggi non affatto sfruttate. Quando una comunità, un comune o una località non godono di una situazione economica stabile è facile che anche le comunità religiose si trovino in una situazione difficile. Sicuramente una situazione economica migliore permetterebbe di costruire le premesse per una convivenza. A causa di una scarsa stabilità economica e della forte disoccupazione si da molto spazio a ciò che è successo. Se migliorasse la situazione il popolo non avrebbe più né l'esigenza, né il tempo per rimuginare gli eventi crudeli del passato.

La politica vi dà una mano in questa direzione?

Dal punto di vista politico personalmente ritengo che siano state le politiche della Republika Srpska - come forse anche il disinteresse o forse l'incapacità di politici bosniaci che risiedono a Sarajevo – a portare la città in questa situazione difficile. Credo che Srebrenica dovrebbe avere un status politico diverso da quello attuale. Ad oggi i politici bosgnacchi non si interessano a noi, quelli serbi non vogliono farlo. E noi qui ad aspettare che qualcosa cambi. Credo che il punto di svolta per Srebrenica sarebbe un status politico diverso.

Intende dire un'autonomia in seno alla Republika Srpska o che Srebrenica entri a far parte della Federazione o si autogestisca completamente?

Direi che la prima opzione è la più plausibile. Srebrenica deve avere più autonomia nel decidere in merito ad una serie di questioni che fino ad ora sono state sempre decise da Banja Luka, da cui il comune di Srebrenica non ha ricavato nessun particolare vantaggio.

Si tratterebbe quindi di decentralizzare … crede a Srebrenica come simbolo della Bosnia intera?

E' il simbolo del mondo intero.

Dieci anni fa era il simbolo del genocidio, oggi porta ancora questa stimmate?

Direi che dovrebbe essere sia da simbolo che da monito. Tutti noi sappiamo cosa è accaduto a Srebrenica. Rimarrà sempre uno simbolo, anche se oggi è forse più una vergogna che un simbolo. Solo a distanza di dieci anni quelli che hanno vissuto in prima persona la strage a Srebrenica stanno rientrando. Molti giornalisti stranieri mi chiedono sorpresi come sia possibile che persone sopravvissute alla strage di Srebrenica abbiano trovato la forza e il coraggio di tornare a Srebrenica e di vivere con le stesse persone che hanno commesso l'orrore. Purtroppo molti colpevoli sono ancora in libertà e non so che cosa si stia aspettando per portarli davanti alla legge. Oggi credo che questo sia la vergogna di tutto il mondo, ma anche dei nostri politici che potrebbero fare qualcosa in più. Un giorno Srebrenica non sarà un luogo dove si ripulisce denaro sporco o un luogo dove girare i film di guerra, ma piuttosto un posto normale dove poter vivere una vita normale.

Cosa pensa della proposta relativa all'apertura di una scuola internazionale di Pace a Srebrenica?

Appoggio tutto ciò che possa dare un contributo alla pace nel mondo, in Bosnia ed a Srebrenica. Io sono per tutto ciò che possa avere una certa utilità a Srebrenica. E' la prima volta che ne sento parlare e la trovo un'idea niente male. Può avere utilità ed efficacia per il miglioramento dei rapporti internazionali, ed allora perché no?

AIUTI UMANITARI

Vi sono arrivati aiuti da parte dello stato o dall'estero per il restauro delle moschee ed a favore della comunità musulmana?

Il restauro delle moschee solitamente segue vie umanitarie gestite dalla comunità musulmana in BiH. Ma ci sono anche altre fonti. Aiuti ci sono pervenuti dalla Malesia - è con questi fondi che abbiamo ristrutturato la moschea - sostegni da parte del Ministero per i rifugiati e donazioni private. Accade spesso di ricevere donazioni da parte di ex cittadini di Srebrenica che da anni ormai abitano all'estero.

Stando a quanto hanno affermato i mass–media, in seguito a quanto accaduto a Srebrenica ci sono state molte donazioni internazionali ma oggi a distanza di dieci anni sembra che nulla sia mai arrivato …

Questo argomento lo potrà approfondire in maniera più dettagliata con il sindaco. Credo che il sindaco sia in grado di dimostrarvi tutta la documentazione relativa agli aiuti destinati a Srebrenica, più precisamente di quanto sia stato investito e dove sia stato investito. Ciò non mi riguarda, le comunità religiose non devono entrare particolarmente in questa vicenda, ma in ogni caso questo rimane un problema principale che va risolto per poter rendere questo luogo normale. Ripeto, Srebrenica esige uno status politico diverso. Probabilmente sono arrivati molti aiuti, ma dove sono? Come ho detto, bisogna dire stop, Srebrenica non deve essere la propaganda di qualcuno.

In nome di Srebrenica sono state fatte molte cose…

Mi chiedo anche: perché quelli che hanno dato tutti questi finanziamenti non si chiedono dove sono finiti i fondi? Loro devono sapere dove sono finiti tutti quei soldi. Loro tacciono, solo in Bosnia Erzegovina se ne parla. Si tratta di forti somme di denaro, provenienti dalla Banca Mondiale, dalle Nazioni Unite e non so da chi. Ciò vuol dire che in BiH accadono cose strane, i politici si spartiscono il denaro fra di loro e poi si accusano a vicenda. È ovvio allora che quando si arriva a Srebrenica , si vede che c'è qualcosa che non va, gli uni dicono di aver dato, mentre gli altri dicono che non hanno ricevuto. E' da cittadino che un giorno vorrei sapere i nomi di quelli che hanno utilizzato questi fondi, e per cosa. Vorrei sapere quanto denaro è stato speso in favore della comunità e quanto è andato a finire da qualche altra parte.

La comunità internazionale in questi anni ha speso molte risorse sulla questione della sicurezza. A Srebrenica i rientranti si sentono sicuri?

Non abbiamo più problemi di sicurezza. I bosgnacchi fanno una vita regolare, vanno alla moschea a pregare senza disagi e provocazioni. È molto importante e spero che rimarrà così.

LA CONVIVENZA ED IL PESO DEL PASSATO

Quanto pesa il passato sulla possibilità di convivenza?

Ci chiedete se vogliamo collaborare con le altre comunità? Vorrei che poneste la stessa domanda al prete ortodosso, sottolineando la parola collaborare. Chiedetelo a lui se vuole collaborare. Per i bosgnacchi posso dire che sempre hanno voluto collaborare e non si sonno mai opposti. Il nostro rientro a Srebrenica indica la nostra volontà di collaborare, noi rientrando non abbiamo chiesto che se ne vadano i serbi, noi siamo rientrati consapevoli di tornare a vivere con tutti quelli che a Srebrenica ci vivevano anche prima della guerra. L'unica cosa che non vogliamo è vivere con quelli che non sono originari di Srebrenica, ma sono arrivati da qualche altro comune. Questo è comunque un problema dello Stato. Che ognuno torni da dove è venuto. Se noi siamo rientrati ciò significa che anche gli altri possono e devono tornare dove stavano prima, che siano ortodossi o croati. Vorrei che la stessa domanda la facciate agli ortodossi e vorrei sentir dichiarato pubblicamente perché non si vuole collaborare. Io posso garantire per me stesso di avere cercato, come Imam di Srebrenica e quindi responsabile dell'intero distretto, il dialogo con i serbi e con i cattolici. Io parlo con tutti i cittadini di Srebrenica, tranne con quelli con i quali nessuno vuole parlare. Qualche volta mi sono recato anche nelle loro locande. Ogni giorno parlo con 4 o 5 persone di religione ortodossa. Non ho ancora visto un sacerdote fermarsi a parlare con un bosgnacco, come non lo ho mai visto entrare in una locanda bosgnacca. Tutto ciò pone un forte freno alla collaborazione. Se non si vuol parlare con un bosgnacco, entrare nei bar bosgnacchi, se si mettono simboli religiosi anche dove non ve ne erano mai stati, se davanti ala chiesa si distribuiscono immagini dei cetnici che tutti sanno cosa hanno fatto durante la guerra, se durante le partite di calcio si sentono canzoni che affermano "…Scendi Radovan, scendi dalla montagna…", o si gioca per una squadra che si chiama Ratko Mladic. – ed è tutto accaduto non anni fa ma nel 2004 – ecco che nasce un grande punto interrogativo. Tutto ciò deve cambiare, per il bene dell'umanità.

Per quanto riguarda invece la comunità internazionale, che nel 1995 non fece nulla per proteggervi, oggi, a distanza di dieci anni, c'è risentimento?

Dal punto di vista giuridico, sappiamo che, quando un aereo ad esempio fa un incidente, la compagnia aerea risarcisce i danni alle famiglie dei defunti. Si tratta di responsabilità. La colpa di quanto successo non l'hanno certo i giovani militari al servizio dell'UNPROFOR. 50/60 ragazzi olandesi non potevano proteggere la popolazione. Per cui si sa benissimo che la colpa è dei loro superiori, i quali non hanno né ordinato né voluto mandare i rinforzi per bloccare la strage. Quelli che hanno colpa dovrebbero pagare anche se quanto è successo non ha prezzo. Vi è però una stabilità psicologica che va recuperata. Qui ogni madre ha perso 2 o 3 figli, spesso il marito. Trovare qualcuno che non ha perso nessuno è una sorpresa. Un risarcimento potrebbe almeno in parte aiutare sia i singoli che la città a ritrovare il proprio equilibrio. Sarebbe un segno che si inizia a riconoscere la responsabilità di quanto successo.

Eppure il governo olandese in seguito ad un rapporto che sottolineava le responsabilità del contingente olandese si è dimesso …

Quando il governo olandese ha dato le dimissioni alcuni dei militari presenti a Srebrenica hanno iniziato a parlare e denunciare l'accaduto. Ripeto, i militari non hanno colpa, il loro governo però ne ha. A Srebrenica era presente l'UNPROFOR, veniva definita area protetta, vi si erano riparate persone da tutti i villaggi circostanti. All'improvviso accadde ciò che è successo. Un crimine enorme. Se almeno lo avessimo saputo ci saremmo preparati per un conflitto. Avrebbe fatto meno male ad una madre perdere il figlio in una battaglia. Ma essere umiliati e poi uccisi vilmente fa più male. E le madri non sanno ancora come sono stati uccisi i loro figli. Li hanno visti a Potocari, e poi più niente. Non solo una madre vive con il pensiero che lui non c'è più, ma continua anche a chiedersi in che modo è stato ucciso. È questo il delitto. E va risarcito in un modo o nell'altro.


Alla redazione e traduzione dell'intervista ha collaborato Ema Neimarljia