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mercoledì 07 settembre 2022 16:01

 

Montenegro, Montecarlo? - I

18.09.2006   

Reportage di viaggio dal Montenegro neo-indipendente. Fra proclami di record di arrivi, luoghi di bellezza abbagliante, prezzi anni Ottanta e carenze organizzative. Prima puntata: la costa adriatica. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Budva - Riccardo Masnata
Di Riccardo Masnata*

Fiordi norvegesi, città storiche di fascino complesso, il “solito” meraviglioso mare, montagne di bellezza quasi minacciosa, il lago più grande d’Europa, un’invasione di danarosi turisti russi ed episodi di disorganizzazione quasi grotteschi: è il Montenegro di oggi, Stato nuovamente sovrano.

Dopo aver sentito un milione di volte la storiella della “Montecarlo dei Balcani” (grossolana trovata del marketing politico che ricorda pericolosamente slogan sfortunati come “Puglia, Florida d’Italia” e via discorrendo) abbiamo voluto verificare di persona se c’è effettivamente qualcosa in comune tra il Principato e la Republika Crna Gora. Oltre al “monte”, si intende.

Volemose bene

Essere italiani aiuta? In generale di rado, ma nei Balcani quasi sempre. Se vai in macchina da Spalato a Dubrovnik passi i controlli di frontiera prima e dopo Neum (la cittadina bosniaca sulla costa adriatica che per una ventina di chilometri taglia la continuità territoriale della Croazia) senza che nessun poliziotto, croato o bosniaco, ti fermi. Solo grandi sorrisi e cenni di intesa: “Vada, vada…”. Sembra una cosa banale, ma andatelo a dire alla famiglia rom della colonna a fianco, che si è vista ispezionare la Mercedes nuova palmo a palmo (e dire che aveva la targa tedesca).

Poi, passata anche Dubrovnik, dopo meno di mezz'ora ti trovi a Herceg Novi e il fatto di essere in un altro Stato lo capisci più che altro dalle molte scritte in cirillico perché tutto il resto (mare, case, pietre, persino facce) è praticamente identico a prima. Anche l’atteggiamento delle guardie di frontiera di Debeli Brijeg, così gentili alla vista di un italiano che da un momento all’altro ti aspetteresti un invito a cena. Montenegrini brava gente? Nei nostri confronti senz’altro.

L’occhio attento alle vicende balcaniche nota però subito una sostanziale differenza fra i due Paesi. Le bandiere. Se la Croazia neo-indipendente era una sequela ininterrotta di Šahovnice appese praticamente in ogni edificio pubblico, casa privata, negozio, ristorante o pompa di benzina, la presenza di bandiere nazionali nel “nuovo” Montenegro è molto, ma molto più rara. La sfrenata voglia di gridare a tutti la gioia per il nuovo status contro la sommessa soddisfazione di chi sa di aver fatto solo il primo passo verso un futuro piuttosto nebuloso: è l’impressione che si ricava dall’inevitabile paragone.

Un altro confronto fra i vicini Croazia e Montenegro finisce 90 a 55. E’ la percentuale di votanti per il “sì” nei due rispettivi referendum per l’indipendenza (tenuti esattamente a quindici anni esatti di distanza: maggio 1991 e maggio 2006), un dato oggettivo che spiega come la scelta del “low profile” qui sia quasi obbligata.

Bravi ma pigri. O forse no.

Due montenegrini appena emigrati a New York vedono una banconota da 100 dollari per terra: “Ehi, guarda, sono 100 dollari, prendiamoli !” dice il primo. L’altro fa: “Uhm, non mi va di iniziare a lavorare già il primo giorno…” e tira dritto.

L’indole tendenzialmente paciosa dei montenegrini è leggendaria, tanto da aver sempre scatenato il tradizionale, feroce humour balcanico. Esagerazioni stereotipate? Senz’altro, ma forse ti aspetteresti che l’ufficio del turismo di uno dei centri principali della costa alle 4 del pomeriggio di martedì 22 agosto sia aperto. Beh, a Herceg Novi questo ad esempio non succede.

Un peccato, perché una visita dettagliata alla città, bellissima, sarebbe più agevole se qualcuno ti aiutasse. Magari dicendoti che la “fortezza spagnola” segnata sulla mappa distribuita gratuitamente a tutti i turisti innanzitutto non è segnalata in nessun cartello stradale, nemmeno prima dei 200 metri di sterrato che ti ci portano, e poi è in uno stato di completo abbandono.

Certo è facile e anche gradevole dimenticarsi di questi (piccoli, per carità) disservizi: c’è infatti da percorrere la strada che da Herceg Novi porta a Kotor, costeggiando le quattro baie in cui si articolano le Bocche che per noi sono “di Cattaro”. Un fiordo talmente bello da smuovere persino l’animo ruvido dei comandanti delle mega-navi da crociera, che, passando davanti al lungomare della deliziosa Perast, mettono in azione le sirene, quasi a ringraziare dello spettacolo.

A smentire le dicerie sui montenegrini mollaccioni ci pensa l’ufficio del turismo di Tivat: alle 9 di sera è aperto e all’impiegata, efficientissima e gentile, basta una telefonata per trovarti una stanza dove dormire, in appartamento privato. E per venti euro ti aggiudichi una camera doppia dove non manca nulla.

Budva, provincia di Mosca

Vi ricordate i servizi giornalistici sugli arrivi dei primi turisti russi in Italia? Avevano iniziato con la Romagna, a metà anni Novanta: i voli charter Mosca-Rimini portavano frotte di moscoviti a fare il pieno di Sangiovese. Ben presto però, aumentata ulteriormente la disponibilità economica, l’elite russa si era spostata in Sardegna, molto più “cool”. A occhio e croce quest’anno molti devono aver deciso che la Costa Smeralda è a sua volta passata di moda, trasferendosi in Montenegro.

Nella città vecchia di Budva la prima lingua è decisamente il russo. Bar, ristoranti e negozi dentro le antiche mura sono letteralmente invasi dai fratelli (di alfabeto e religione) dei serbi, sempre più compresi nel loro ruolo di moderni “big spender” del turismo. Ma i prezzi a dire la verità sono per tutte le tasche: è facile mangiare in ristoranti di ottimo livello con meno di dieci euro a persona.

“Russia rules” anche a Sveti Stefan, l’isola-albergo che rappresenta un unicum a livello mondiale e che ha il potere di trasformare anche il turista più inesperto in un discreto fotografo. Potenza della natura.

Nella seconda puntata di questo piccolo reportage visiteremo il lago di Scutari, uno dei più grandi d’Europa, l’antica capitale Cetinje fra passato glorioso e decadenza moderna e la “città fantasma” di Virpazar.

(1 – continua)

* Per scrivere all'autore: lechners@libero.it

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