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Albania: dove vanno i socialisti?
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Data pubblicazione: 26.04.2007 08:52

Fatos Nano
L’ex primo ministro albanese, Fatos Nano, si candida alla presidenza della Repubblica e attacca duramente chi gli è succeduto alla guida del Partito Socialista, Edi Rama. La discesa in campo di Nano aggrava la crisi nella principale formazione di sinistra, sull’orlo di una nuova scissione
Nano for president

L’ex primo ministro ed ex leader del Partito Socialista (PS), Fatos Nano, ha ufficializzato la propria candidatura alla presidenza della Repubblica. Sono anni che l’ex premier ambisce alla carica di capo dello Stato: il primo tentativo risale al 2002, ma la sua corsa al Palazzo delle Brigate fallì perché socialisti e democratici finirono per accordarsi sull’attuale presidente, Alfred Moisiu.

Nano non divenne primo cittadino ma tornò alla guida dell’esecutivo, restandovi fino alle elezioni del 2005. Proprio alla vigilia della sconfitta socialista si tornò a parlare delle sue mire presidenziali, ma dopo la disfatta l’ex primo ministro sparì dalla scena politica, abdicò dalla direzione del PS – rilevata dal suo avversario Edi Rama – e riapparve solo un anno dopo, quando l’ex ministro degli Interni berishano, Sokol Olldashi, si dichiarò favorevole a un eventuale Nano for president.

A riprova dei buoni rapporti con l’attuale maggioranza, lo scorso gennaio l’ex leader socialista si unì a Berisha nell’esortare gli schieramenti a fissare la data delle amministrative, rimandate da mesi. Molti vi riconobbero la candidatura di Nano al Palazzo delle Brigate, sostenuta dal nemico storico Berisha e accolta con freddezza dalla corrente del PS che fa capo a Rama. Candidatura che Nano ha infine ufficializzato, inasprendo lo scontro tra fazioni che rischia di spaccare il suo partito.

Le dichiarazioni (di guerra e pace…)

Da due settimane Nano è un fiume in piena e rilascia interviste nelle quali tocca ogni corda dell’umano sentire. Ricorda con nostalgia di essersi allontanato altre volte dal PS (alludendo ai suoi rientri trionfali). Si definisce “sofferente per la mancanza di rispetto delle diversità entro il partito” e denuncia che “il PS è ostaggio di una leadership che sta distruggendo il partito più democratico mai esistito in Albania”. L’ex capo socialista accusa Rama di essere un accentratore che “sta clonando a sua immagine e somiglianza l’intera direzione del PS, rendendolo ancora peggiore del Partito Democratico (PD): Rama vuol far cadere Berisha per imitare Berisha”. E dice di non poter tacere davanti al massacro del partito che ha guidato per quindici anni, “perché il PS è la parte più vissuta della mia vita, per cui ho anche scontato diversi anni di carcere politico (dal 1992 al 1997)”.

Venendo alla candidatura presidenziale, Nano spiega di cercare “il consenso della Repubblica d’Albania”. “Presidente consensuale” è la parola d’ordine dell’ex premier, che denuncia la tensione nel mondo politico e ritiene di potervi riportare l’armonia. “Il paese non ha bisogno di crisi artificiali: penso di essere il presidente in grado di porre fine allo scontro politico”, dichiara il candidato tirando l’ennesima frecciata a Rama, che è tornato a invocare elezioni anticipate. Per contro, Nano tende la mano a Berisha, assicurando che “negli ultimi due anni è cambiato”.

Le reazioni del mondo politico

La resurrezione dell’ex premier ha approfondito la spaccatura nel PS, i cui deputati sono già ai ferri corti per le riforme avviate da Rama. Parte della corrente “nanoista” – costituita dai parlamentari “storici” – rimpiange il vecchio leader, definendo la sua candidatura come “un onore”, ma figure del calibro di Petro Koçi e Kastriot Islami si mantengono prudenti e distaccate. Senza guantoni il “ramista” Erjon Braçe, che ha definito “ridicola” l’ipotesi Nano, elencando le gesta politiche (e private) che, a parer suo, avrebbero screditato l’ex premier, paragonandolo addirittura a Milošević.

Tra gli alleati del PS tira aria di diffidenza, sia perché Nano “flirta” con Berisha, sia perché la squadra vincente non si cambia e, dopo la vittoria alle amministrative, difficilmente tradiranno Rama. L’ex premier, che avrebbe bisogno del pieno sostegno della sinistra, pare dunque isolato. Da parte sua, il PD rimane fermo sulla candidatura di Bamir Topi, ma diversi analisti sospettano che Berisha finirà per abbandonarlo e sostenere Nano.

Questo Congresso non s’ha da fare

Edi Rama
A marzo, l’Assemblea Nazionale del PS ha deciso di anticipare ad aprile il Congresso per indicare i candidati alla guida del partito. Un altro Congresso, fissato per il 26 maggio, dovrà “modificare lo statuto del PS”. Su iniziativa di Rama, l’Assemblea ha istituito 12 sottosegretari organizzativi, uno per ogni regione albanese, nominati dal leader stesso. I nanoisti hanno chiesto alla Commissione di Garanzia dello Statuto (il “tribunale” del PS) di annullare tali decisioni e rimandare le elezioni interne, come previsto dallo statuto, ma l’istanza è stata respinta.

Secondo i nanoisti, Rama intende accelerare la propria riconferma a capo del PS per garantirsi altri quattro anni di leadership anche in caso di sconfitta ad eventuali elezioni anticipate estive. Si sta consumando una lotta all’ultimo sangue tra “vecchi” e “giovani” del PS, dove i primi rivendicano “il contributo dato al partito fin dal 1991, sgravandolo della pesante eredità enverista” e i secondi li accusano di ostacolare le riforme di Rama. In questo clima di alta tensione si è dunque aperto l’XI Congresso del PS, tenutosi il 9 aprile.

Il Congresso: clash of the resolutions

Oltre a fissare l’elezione del nuovo leader per il 12 maggio, quando Rama affronterà il modesto Shkëlqim Meta, la convention socialista ha esasperato lo scontro tra le due fazioni. I nanoisti hanno proposto la votazione segreta di un “invito alla comprensione” che chiedeva a Rama di eleggere il capo del PS dopo la nomina del presidente della Repubblica, prevista a luglio. Il documento esprimeva “una forte preoccupazione per l’atmosfera di clientelismo instauratasi nel partito e per la carenza di una piattaforma per designare il presidente ed evitare elezioni anticipate”. Al contrario, i ramisti proponevano di “boicottare la scelta del presidente e tornare alle urne”, ma hanno ritirato la propria mozione “per aprire al compromesso”.

Dopo un furioso dibattito, i ramisti hanno ottenuto che l’“invito” nanoista fosse votato in maniera palese: la risoluzione è stata bocciata a stragrande maggioranza, parte dei delegati ha lasciato la sala in segno di protesta e Rama ha commentato che “tutti sono utili, nessuno è indispensabile”. L’energico leader ha negato di voler trasformare il PS per rafforzarvi il proprio potere e ha sfidato chiunque lo disapprovi ad affrontarlo in un duello ad armi pari. Il capo ha inviato altre antifone a Nano, dichiarando che “i progetti personali non prevarranno più su quelli comuni” e che “nessuno può dettare il corso del PS in nome della sua carriera”.

Il Congresso si è concluso col pieno trionfo della linea di Rama, confermando tutte le decisioni prese dalla fatidica Assemblea Nazionale, ma il momento di gloria potrebbe costare al leader socialista la spaccatura del suo partito. All’indomani della convention si è dimesso il segretario generale del PS, Pandeli Majko, che era tra i promotori dell’“invito” bocciato. E’ così terminata la difficile convivenza tra i numeri uno e due del partito, come molti si attendevano già da tempo.

Nano for president o Nano for ever?

Quella in corso è la peggior crisi del PS dopo la spaccatura del 2004, che portò alla nascita del Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI) di Ilir Meta. E la storia rischia di ripetersi perché, dopo il Congresso, Nano ha minacciato la fondazione di un nuovo partito. Che per il vecchio leader non ci sia più spazio nel PS è ormai evidente: la riforma di Rama consisterà nella nomina di nuovi capi ad ogni livello e “nell’apertura ad altra gente, per operare una trasfusione di sangue nel partito”. La convention del 9 aprile sembra frenare anche la corsa presidenziale di Nano, perché un PS con Rama rieletto non lo designerà come candidato della sinistra. Lo stesso ex premier riconosce che “il Congresso ha cambiato tutto e l’obiettivo della presidenza è ora secondario”.

Obiettivo primario sarebbe “la riconquista del partito da parte dei suoi veri rappresentanti”, spiega Nano, riferendo che i delegati sconfitti al Congresso hanno invocato il suo aiuto: “Ci hanno preso il partito! Papà, vieni a salvarci!”. Ma è lontano il dicembre 2003, quando il vecchio leader stravinse la sua ultima elezione alla guida del PS, polverizzando Rama. Erano altri tempi, il PS era unito e Nano ne controllava saldamente l’opposizione interna.

Oggi l’ex leader è stretto fra il rischio di “morire politicamente” dentro il PS e la creazione di un nuovo partito, portando la sinistra a un tripolarismo che potrebbe riflettersi sull’intera politica albanese – un partito disposto ad “alleanze fluide” anche col centrodestra. Bollando Rama come “anarchico”, “avventuriero” e “portavoce di gruppi occulti”, Nano rivendica di essere “il vero riformatore europeo” e annuncia che dirigerà “un movimento politico ispirato alla collaborazione bipartizan e alle riforme per l’integrazione, nel quale confluiranno membri di tutti i partiti esistenti”.

Ma fondare un nuovo partito è operazione ardua e insidiosa, mentre la presidenza della Repubblica rimane la via più agevole e sicura per tornare alla ribalta. Benché affermi che la mancata elezione “non sarebbe una tragedia”, il vecchio Fatos non demorde e contrattacca sul piano diplomatico, che è sempre stato il suo forte: rimarcando che la sua candidatura “non passa dall’ufficio di Rama”, il 17 aprile ha partecipato alle celebrazioni per gli 80 anni di papa Ratzinger, cui ha donato una statuina di Madre Teresa di Calcutta. Ha così ricordato agli avversari, tutti assenti, la potenza delle sue relazioni internazionali, e lo ha fatto partendo “dall’alto” – come dire, Deus vult.