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Turchia senz'acqua

17.08.2007    Da Istanbul, scrive Fabio Salomoni

Niente acqua dai rubinetti della capitale Ankara, non meno problemi a Istanbul. In Turchia è crisi idrica, e molti terreni rischiano la desertificazione. Intanto si procede con il progetto faraonico della diga a Hasankeyif
Cittadini inferociti che occupano le strade, lunghe file davanti alle autobotti, preghiere nelle moschee e financo nell’ambasciata vaticana per invocare abbondanti precipitazioni. Dal 6 agosto dai rubinetti di Ankara non esce una goccia d’acqua. Una situazione provocata da alcuni guasti nelle rete idrica e soprattutto dalla penuria di riserve negli invasi della città. “Solo due-tre giorni” aveva assicurato il sindaco Gökcek ma a tutt’oggi alcuni quartieri della capitale continuano ad essere all’asciutto. Le polemiche divampano e sono in molti a chiedere le dimissioni di Gökcek, il quale da parte sua, dopo aver risposto con la solita durezza “Non dicano stupidaggini” e ha consigliato ai suoi concittadini di andarsene in vacanza.

Ma se Ankara piange, Istanbul non ride di certo, a giudicare dalla campagna che il comune della megalopoli ha lanciato da alcuni mesi con l’ausilio di manifesti giganti “La possibilità di risparmiare 140 tonnellate d’acqua l’anno è nelle vostre mani”. Seguono dieci consigli utili per evitare sprechi nel consumo domestico. Anche gli invasi che riforniscono la città infatti sono vicini al livello di guardia.

L’acqua, o meglio la sua mancanza, è il leit-motiv di questa seconda parte dell’estate turca. Le statistiche del resto sono abbastanza eloquenti. Quelle fornite dalla Direzione Generale delle Acque (DSI) mostrano come nel 2000 con una popolazione di 67 milioni di abitanti la quantità di acqua disponibile pro-capite era di 1500 metri cubi. Nel 1960 era di 4.000 metri cubi. Al di sotto dei 1000 metri cubi pro-capite la DSI ricorda che si deve parlare di un paese in stato di siccità.

Sul tavolo degli imputati ovviamente il riscaldamento planetario e le mutazioni climatiche che ne conseguono. La Direzione generale per la Metereologia ha presentato un rapporto che mostra come nel periodo ottobre 2006-luglio 2007 sul territorio nazionale si è registrata una diminuzione delle precipitazioni rispetto all’anno precedente del 16,8%. In alcune regioni, Ankara, Istanbul, Smirne, la percentuale sale quasi al 50%. E le previsioni per il futuro prossimo non sono ottimistiche, tanto che si prevede che anche il prossimo autunno sarà all’insegna della siccità.

Ma le mutazioni climatiche non sono l’unica causa della penuria d’acqua. Mancanza di sistemi di raccolta delle acque piovane, disfunzioni nella rete di distribuzione, sprechi, arretratezza dei sistemi di irrigazione nelle campagne, inquinamento e assenza di sistemi di depurazione, i fattori dovuti all’azione o inazione dell’uomo. Conseguenze, come descrive un rapporto della commissione parlamentare di inchiesta del 2001, del violento ed incontrollato processo di industrializzazione ed urbanizzazione che ha coinvolto il paese dagli inizi degli anni ’80.

La siccità non significa però solo carenza di acqua nelle case dei cittadini turchi. Significa anche rischio di desertificazione. Non passa giorno in cui i giornali turchi non pubblichino immagini, di laghi che rischiano di prosciugarsi, fiumi imponenti come il Kızılırmak ridotti quasi ad un rigagnolo, terreni riarsi. E con queste immagini si moltiplicano anche le notizie, spesso dai toni catastrofisti. Secondo un rapporto della NASA nel 2040 buona parte del territorio turco rischia di essere ridotto ad un deserto. Una ricerca promossa dalla rivista National Geographic e dalla fondazione TEMA avverte che il 36% del territorio nazionale è a forte rischio desertificazione, il 23% a rischio medio. E già coinvolta da questo processo appare la pianura di Konya, la più vasta e fertile del paese. La salinizzazione dei terreni coinvolge invece la piana di Harran, alla frontiera siriana.

E’ tempo che la Turchia apra gli occhi di fronte ad una realtà con la quale sarà costretta a convivere nei prossimi decenni. “La Turchia non è un paese ricco d’acqua e continuando di questo passo è candidato ad essere uno dei paesi con seri problemi idrici”, avvertiva il rapporto del 2001. Gli esperti sembrano tutti d’accordo. E’ necessario abbandonare la politica di piccolo cabotaggio per passare ad una prospettiva di ampio respiro in grado di prendere iniziative concertate e durature. Fare della siccità una questione nazionale, magari cominciando con il varo di una legge nazionale per l’acqua, come suggerisce la Fondazione per la protezione della vita naturale. La fondazione TEMA invece insiste sulla necessità di sensibilizzare i cittadini e responsabilizzare il loro uso dell’acqua. Sensibilizzazione, pianificazione e innovazione tecnologica sono le armi da mettere in campo nella battaglia contro la siccità.

E appare una curiosa coincidenza il fatto che, mentre la Turchia è alla prese con lo spettro della siccità, ad Hasankeyif sia stato firmato nei giorni scorsi l’accordo che garantisce il finanziamento del progetto della diga di Ilisu. Un progetto faraonico che sommergerà 6.000 ettari di terreno, compreso il plurimillenario insediamento di Hasankeyf, e costingerà decine di migliaia di persone ad abbandonare le loro case. In cambio le autorità garantiscono lavoro per tutti, un parco archeologico ed introiti per 300 milioni di dollari derivati dalla produzione di energia elettrica e 150 dai benefici dell’irrigazione. Nonostante la mobilitazione locale ed internazionale, il consorzio incaricato dei lavori, formato da ditte turche, svizzere, austriache e tedesche, è riuscito ad ottenere da diversi paesi europei il finanziamento necessario 1,2 miliardi di euro, per realizzare il progetto.

Alla cerimonia per la firma dell’accordo il ministro dell’energia Güler ha dichiarato: “L’acqua è un bene che mantiene inalterato il suo valore e noi gli diamo molta importanza. Ilusu è un solo un anello di una catena”. 25 milioni di euro saranno destinati al reinsediamento del patrimonio archeologico di Hasankeyf destinato, a detta del ministro, a diventare un importante centro turistico. Durissime le reazioni di una delle associazioni di cittadini - l’Iniziativa per far vivere Hasankeyf - il cui coordinatore, Özkan, ha dichiarato senza mezzi termini: “Condanniamo i paesi che hanno concesso il finanziamento. Sono molto attenti a proteggere il patrimonio storico e naturale a casa loro ma permettono che si distrugga Hasankeyif. Noi continueremo a lottare”. Rassegnato il presidente dell’Associazione “Facciamo vivere Hasankeyif”: “Hasankeiyf è bello, lo sappiamo ma che ce ne facciamo della bellezza se siamo a pancia vuota? Io prima ero contrario alla diga ma il consorzio mi ha convinto”. Deciso il direttore della rivista Atlas: “Noi pensiamo di poter impedire che Hasankeyif finisca sott’acqua. I paesi che hanno concesso i finanziamenti sono ipocriti”.
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