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Le riforme possono aspettare
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Data pubblicazione: 25.03.2008 09:26

Vasile Tarlev
Il sesto congresso del Partito Comunista Moldavo, oggi al potere, ha portato alle inaspettate dimissioni del premier Vasile Tarlev. Secondo l'opposizione e molti analisti, però, più che di reali riforme nel partito, si tratta dell'inizio della campagna elettorale per le parlamentari del 2009
Mercoledì 19 marzo il presidente della Repubblica di Moldavia, Vladimir Voronin, ha accolto le dimissioni presentate dal primo ministro Vasile Tarlev. Le dimissioni della compagine governativa arrivano quale effetto del sesto congresso del Partito Comunista Moldavo, che ha prodotto uno sforzo verso il rinnovamento della propria piattaforma politica, ed è stato contemporaneamente letto come un tentativo di mettere da parte vecchi quadri ormai troppo impopolari.

Vasile Tarlev è stato alla guida del governo moldavo negli ultimi sette anni, a partire dal 2001. E' la prima volta che in Moldavia l'intero esecutivo rassegna le dimissioni su richiesta del primo ministro. Tarlev ha spiegato il suo gesto con la necessità di cambiamento all'interno delle istituzioni. Secondo l'ormai ex premier, ci sono persone cresciute professionalmente durante il suo mandato che hanno bisogno di poter uscire in primo piano e dimostrare le proprie capacità. Dopo le sue dimissioni, Tarlev è stato premiato col più alto riconoscimento ufficiale in Moldavia, quello dell' “Ordine della Repubblica”.

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Giornalisti ed analisti di molti media a Chisinau hanno commentato le dimissioni descrivendole innanzitutto come un sacrificio fatto dal partito in vista delle prossime elezioni parlamentari, previste per l'inizio del 2009, dimissioni che rompono lo schema tradizionale secondo cui un esecutivo non si dimette prima di una tornata elettorale. Quanto successo sembra essere parte di uno scenario deciso a tavolino dai partecipanti al sesto congresso del partito comunista. Tarlev si è dimesso rispondendo ad una richiesta pervenuta da Voronin, causata sia dal preoccupante calo di consensi registrato dal partito che dalle pressioni provenienti da Mosca. Voronin ha deciso di tentare di migliorare l'immagine della propria formazione politica con un certo anticipo rispetto alle prossime elezioni, promuovendo facce nuove e aprendo maggiormente all'Occidente.

“Quanto accaduto è assolutamente inspiegabile. I comunisti hanno già cominciato la campagna elettorale del 2009. Credo che dovremo aspettarci nuovi colpi di scena”, ha dichiarato Dimitru Braghis, presidente del Partito Socialdemocratico Moldavo e primo ministro dal 1999 al 2001. “Esiste la possibilità che in Moldavia venga portata a termine la stessa strategia di passaggio di potere adottata nella Federazione Russa. Abbiamo già visto schemi politici elaborati a Mosca venire applicati anche nella nostra vita politica”.

Intanto, la tanto attesa riforma del partito comunista, una delle condizioni poste dall'opposizione parlamentare prima di contribuire all'elezione di Voronin alla carica di presidente, nel 2005, è rimasta sulla carta.

Al congresso hanno partecipato 412 delegati, in rappresentanza dei circa 20mila iscritti al partito. Erano presenti anche tutti i parlamentari eletti nelle file del partito comunista, e praticamente l'intero esecutivo. Inviti sono stati inviati anche ai rappresentanti dei partiti comunisti di Russia, Ucraina, Cina e Romania.

Il congresso è stato pomposamente tenuto il 15 marzo all'interno del Palazzo della Repubblica, e Voronin è stato eletto per la terza volta consecutiva leader del Partito Comunista Moldavo. Nonostante le voci insistenti che davano per probabile l'adozione della denominazione “socialdemocratico” al posto di “comunista”, il nome del partito è rimasto invariato. Voronin ha spiegato la decisione argomentando che il nome attuale è ancora convincente, e che dopo un'eventuale rinuncia al nome tradizionale, molte formazioni politiche sarebbero pronte ad utilizzarlo.

Le uniche vere novità emerse dal congresso riguardano l'adozione di un nuovo programma politico. A questo proposito Vasile Butnaru, direttore del Moldavian Bureau of the Free Europe, ha parlato di un programma ormai non più puramente marxista. “I comunisti moldavi stanno agendo sulla base della propria esperienza. Ora c'è un tentativo di produrre riflessioni teoriche dopo sette anni di governo. Hanno individuato il socialismo come loro obiettivo, ma nel loro programma rimangono alcuni ossimori politici come “centralismo democratico”. Se li confrontiamo ai comunisti russi, il rinnovamento portato avanti da quelli moldavi è più profondo, ma rimane ancora grande la distanza rispetto alla sinistra europea o ai comunisti ciprioti”.

Martedì 18 marzo, Voronin ha convocato una conferenza stampa per rendere pubblici i risultati del congresso. Il presidente ha voluto accennare anche alla scarsa copertura mediatica ricevuta, secondo lui, dall'evento. Dopo aver dichiarato che il suo partito non ha bisogno di riforme, nel giro di tre giorni Voronin ha effettuato una conversione su tutta la linea, facendo riferimento a cambiamenti sostanziali. Il presidente ha detto che la gente è stufa di vedere sempre le stesse facce, e che proprio per questo il congresso ha deciso di assegnare a giovani molte delle posizioni chiave del partito. Come risultato, il 49% dei membri del comitato esecutivo sono stati cambiati, ha aggiunto il presidente.

Quando gli è stato chiesto perché buona parte dei lavori del congresso siano stati tenuti in lingua russa, il capo dello stato ha scioccato i giornalisti presenti con una risposta che sfida apertamente la costituzione della repubblica. “Il linguaggio utilizzato nei lavori del congresso è una questione interna al partito. Il russo è una delle lingue ufficiali del paese. Quello che conta non è la lingua che si parla, ma le cose che si dicono”. Ricordiamo che l'articolo 13 della costituzione moldava recita: “La lingua ufficiale della Repubblica di Moldavia è il moldavo, scritto in lettere latine”.

Anche dalla Transnistria sono arrivate reazioni alle dimissioni presentate da Tarlev. Secondo Valerian Tulgara, deputato del parlamento della repubblica secessionista, la decisione di Voronin di chiedere le dimissioni del governo non ha nulla a che vedere con le prossime elezioni del 2009. Tulgara è convinto che gli ultimi eventi accaduti a Chisinau siano piuttosto legati alla volontà del presidente moldavo di non riaprire il processo negoziale con la Transnistria.

Ma chi sarà il prossimo premier moldavo? Nelle proprie dichiarazioni Voronin e Tarlev hanno fatto riferimento ad almeno cinque possibili candidati. I media puntano a Igor Dodon, ministro dell'Economia e Commercio, ai vice premier Zinaida Grecianii, Andrei Stratan e Victor Stepaniuc, e a Marian Lupu, presidente del parlamento. Secondo le ultimissime voci, la scelta di Voronin sarebbe alla fine caduta sulla Grecianii.