Nato nel 1945 a Peshkopi, Dibra, Esat Musliu ha iniziato come assistente regista per poi diventare regista a metà degli anni '80. Ha realizzato sia film artistici che film documentari. Nel 1995 ha vinto un premio al Festival dei Film Documentari a Boston per il suo lavoro “I dispersi”. Nel 1976 ha realizzato il primo film albanese d'animazione con pupazzi, “La ragazza con le oche”
Quando ha iniziato a lavorare nel mondo del cinema?
Ho studiato drammaturgia all’Accademia delle Arti, e nel 1973 sono stato nominato assistente regista al Kinostudio.
Com'è entrato in Accademia?
Terminato il liceo artistico, specialità scultura, ho lavorato tre anni come pittore e poi due anni come caricaturista in una rivista di satira. Nel 1969 sono entrato nell’Accademia, era il mio desiderio. Dopo due anni di assistente regista al Kinostudio, ho fatto un corso di specializzazione sotto la supervisione dell’Accademia delle Arti, con professori-registi che si erano formati all’estero: Viktor Gjika, Dhimiter Anagnosti a Mosca, Gezim Erebara, Piro Milkani a Praga, Kristaq Dhamo a Budapest. Terminato questo ciclo di studi ho realizzato un film-racconto, “Cuori che non invecchiano”.
E così è diventato un regista...
Sì. In quel periodo un altro studente albanese, Kujtim Çashku, è rientrato dalla Romania e insieme abbiamo realizzato un film, “Quelli erano quattro”, una sorta di scambio di esperienza tra la scuola albanese (io) e quella rumena (Kujtim Çashku). Dopo questo lavoro ho preso il titolo di regista.
Cosa significava essere un regista al Kinostudio?
In quel tempo i registi del Kinostudio erano divisi in tre categorie. La categoria determinava la busta paga ed indicava l’esperienza. I più giovani appartenevano alla terza categoria; per passare alla seconda era necessario avere prodotto già un buon numero di film ed avere una certa affermazione, ed alla fine c’era la prima categoria, che comprendeva tutti i registi che a quel tempo avevano un nome. I registi di prima categoria erano veramente molto stimati, la loro paga era uguale a quella di un viceministro. La cinematografia era molto apprezzata, perché veniva considerata l’arma più potente dell’arte, perché raggiungeva un pubblico maggiore. Al tempo si citava spesso una frase di Lenin: “Il cinema è l'artiglieria pesante dell’arte”.
Com’era il cinema allora?
Erano gli anni della dittatura comunista in Albania. I contatti con l’arte occidentale andavano diminuendo, da un isolamento parziale si passava all’isolamento totale. Dopo gli anni '70, sono diminuiti anche quei pochi e selezionati film francesi e italiani che venivano trasmessi.
Perché film italiani e francesi?
Perché noi avevamo relazioni culturali e diplomatiche con Francia e Italia, cosa che non avveniva con l'America. Nessun film americano entrava in Albania.
Com’era il cinema albanese?
Alla fine degli anni '70 si andava verso l’isolamento totale, che implicava anche un isolamento culturale. Ciò ha portato il cinema albanese ad affrontare da solo il vuoto che si era creato, di conseguenza la produzione dei film è aumentata da 3, 4 a 14 film all’anno. Per un paese che aveva 2 milioni di abitanti fare 14 film all’anno era una produzione straordinaria. Dal 1977 al 1990 si è tenuto questo ritmo, compresi 60 film documentari e 12-14 di animazione, senza contare i film di cronaca, i cosiddetti “kino-diario”.
Cos'erano i “kino-diario”?
Questo tipo di film raccontava allo spettatore tutti gli eventi della settimana, di carattere politico e sociale; una sorta di telegiornale, che però veniva proiettato al cinema prima dell’inizio del film. Quando la Tv albanese si è consolidata, il film di cronaca è stato rimosso, ma i grandi eventi continuavano ad essere ripresi; per esempio, la visita di Enver Hoxha nel sud del paese (1978), oppure il festival folklorico di Girocastro, da cui se ne traeva un film di cronaca di 10 minuti.
Come veniva scelta la tematica dei film?
I film artistici si dividevano in tre categorie: storico, di guerra, e d’attualità (generalmente temi sociali, come la vita dei contadini). Il tema preferito dai registi era quello storico, perché vi era maggiore libertà, mentre per i film d'attualità vi era maggiore censura. Molti erano i temi tabù che lo stato comunista non permetteva di affrontare in modo realista, ma che imponeva di presentare in modo propagandistico, conforme alla politica dello stato. La censura era molto aspra, e agiva già a partire dalle riunioni del consiglio artistico, in cui venivano discusse, modificate e approvate le sceneggiature.
Come funzionavano la censura e l’autocensura?
Una volta prodotto, il film veniva sottoposto al controllo degli esperti del comitato centrale di partito e dai membri del Politburo, che muovevano le loro critiche e davano le loro indicazioni. In base a questo, il film veniva modificato e mandato nelle sale. Per evitare questo lungo procedimento di controllo, spesso era lo stesso regista che provvedeva da subito all'autocensura.
Si può parlare di un “carattere nazionale” del cinema albanese? In cosa consiste?
Il cinema albanese ha una sua fisionomia, un carattere nazionale, lo si vede dal modo di presentare la psicologia dell'uomo albanese. Il cinema mette in scena l'uomo semplice, cresciuto durante la dittatura, l’uomo che eredita un'identità nazionale. I film albanesi che hanno trasmesso questa identità sono quelli che hanno avuto più successo.
Qual era il modello seguito dal cinema albanese?
Di certo non quello sovietico, troppo lontano dalla mentalità dei Balcani. Direi che il neorealismo italiano è stato d'esempio per aspetti quali il modo di presentare il soggetto, la gente semplice, povera, e i dialoghi naturali, spontanei, non elaborati.
Com'è cambiato il cinema albanese dopo il 1990?
Dal 1990, con l'economia di mercato, il cinema albanese ha maggiore libertà dal punto di vista ideologico, ma conosce un nuovo tipo di censura ancor più aspra, quella economica. Nel 1997 lo stato ha creato il Centro Nazionale di Cinematografia, ma le cifre erano ridicole se si considera che per produrre un film serve almeno un milione di dollari, e il budget totale del Centro all'inizio era di appena 800mila; e solo ora ha raggiunto il 1.400.000 dollari l’anno. I film albanesi devono essere prodotti in collaborazione con dei partner stranieri, perché lo stato finanzia solo il 60% delle spese di produzione. Le coproduzioni più frequenti sono state quelle con case francesi.
Quali sono le caratteristiche del cinema albanese dopo il 1990?
A mio parere il cinema albanese ha conservato il suo carattere nazionale, ma oggi è libero dagli schemi del realismo socialista, come l'imposizione dell'immagine dell'eroe positivo. Oggi si affrontano temi d'attualità, problemi sociali, l'immigrazione..., oppure si presenta la dittatura comunista, il suo aspetto totalitario, la sua assurdità: il film “Slogans”, ad esempio, racconta la rigidità della dittatura comunista in Albania, o “Tirana, anno zero”, la transizione da una dittatura ad una democrazia.
Dove lavora lei oggi?
Io lavoro come esperto artistico al Centro Nazionale di Cinematografia, seleziono i progetti che vengono presentati per essere poi prodotti qui. Per legge io non posso presentare progetti perché sarei in conflitto di interessi. Oltre a questo, infatti, mi occupo di documentari: ho realizzato una serie di film documentari sull'Albania per la tv "Vizion", circa 120 film.
Qual è il futuro del cinema albanese?
Lo stato sta facendo molti sforzi per tenere vivo il cinema albanese, ma purtroppo il cinema non ha un buon mercato, perché nel paese mancano le sale cinema. Durante il regime socialista solo a Tirana ce n'erano 7, in totale circa 250 in Albania. Oggi, invece, ci sono solo 2 cinema, il “Millennium”, a Tirana, ed un altro cinema ad Elbasan; nell'albergo “Rogner” ci sono due sale cinema, ma sono piccole. Un'ulteriore difficoltà è che le tv per prime non comprano i film, quindi le produzioni non vengono messe in circolazione. Oggi in Albania si sta diffondendo la pirateria. Qui non c'è ancora la tutela dei diritti d’autore, finora sono fallite circa 15 case di produzione. Quando verranno garantiti questi diritti, allora ci sarà un futuro migliore per il cinema, perché il film sarà considerato un prodotto, e così si svilupperà anche il mercato cinematografico.