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Accordo tra opposizione e maggioranza albanese per la riforma del sistema elettorale. Se l’Osce e l’Ue salutano con favore il nuovo codice, i partiti minori protestano perché penalizzati dal nuovo sistema proporzionale
Dopo lunghi mesi di dibattiti, i parlamentari albanesi sono finalmente riusciti a varare il nuovo codice elettorale del Paese. Il nuovo sistema elettorale albanese sarà proporzionale, su modello di quello spagnolo. In tal modo si vuole raggiungere una rappresentazione più vicina possibile alle percentuali di voti ottenuti da ciascun partito, per evitare che si ripetano gli episodi del passato in cui la complicata applicazione del sistema misto ha causato contestazioni sui risultati in diverse circoscrizioni.
Si tratta di una ristrutturazione del sistema elettorale anche in senso geografico, in quanto le nuove norme prevedono un'organizzazione su base provinciale. Il numero dei deputati eletti in ciascuna provincia sarà direttamente correlato alla popolazione che vi abita. Saranno in tal modo di particolare importanza per i risultati elettorali a livello nazionale la capitale Tirana, che manderà in parlamento 32 deputati, Fier con 18 deputati, ed Elbasan con 16 (sui 140 totali) mentre presentano un numero molto contenuto le altre province del paese.
Il nuovo codice elettorale, oltre a segnare un passo avanti in uno degli aspetti più lacunosi della attuale legislazione albanese, si è tradotto in una collaborazione del tutto eccezionale tra i maggiori partiti albanesi, il PD di Sali Berisha al governo, e il PS di Edi Rama all'opposizione. Il testo è frutto dell'intesa tra giuristi di entrambi i partiti. Fatto che è stato accolto con favore dagli osservatori internazionali che in occasione della riforma elettorale hanno visto scemarsi le classiche discordie molto animate tra i maggiori partiti albanesi. Inoltre, qualche analista locale ha sottolineato che per la prima volta si è riusciti ad affrontare un progetto comune tutto albanese, senza che vi fosse stato bisogno della mediazione internazionale.
Ma la grande intesa tra i due poli della politica albanese non è stata altrettanto gradita dai partiti minori, in particolare modo dall'LSI di Ilir Meta, partito nato da una scissione dal PS nel 2005. Da mesi Meta accusa i due grandi leader di complottare contro gli altri partiti, di “monopolizzare il potere”, accusando in particolar modo il suo ex alleato Edi Rama per essersi sottomesso alla volontà di Berisha.
La riforma elettorale effettivamente è svantaggiosa per i partiti minori. Secondo diversi studiosi di sistemi elettorali, a causa della soglia di sbarramento su base provinciale, in alcune province i partiti minori rischiano di rimanere tagliati fuori. Ma ciò che ha fatto traboccare il vaso è stata la nuova norma riguardante le commissioni elettorali, che nel nuovo ordinamento riservano poco spazio ai partiti minori. Tale norma ha fatto sì che il conflitto tra l'LSI di Meta e il PS di Rama si inasprisse al punto da spingere il leader del LSI a manifestare il proprio disaccordo attraverso uno sciopero della fame. Alla protesta hanno aderito 10 deputati, tra cui i sostenitori di Meta, e anche un deputato della destra ex alleato del PD di Berisha, Nard Ndoka, che in una delle ultime mosse all'interno del Consiglio dei ministri è rimasto tagliato fuori dal governo. Lo sciopero è durato più di una settimana, nell'aula del parlamento albanese, mentre entrambi i grandi partiti hanno dimostrato scarso interesse a dialogare.
“Meta aspira al potere, e trova un pretesto nel codice elettorale” ha più volte commentato Valentina Leska, capogruppo dei socialisti. Riguardo invece alla poca attenzione dimostrata nei confronti dei partiti minori, Leska ha affermato: “Persino nelle maggiori democrazie è improbabile che un progetto di legge venga approvato all'unanimità.” Non vi sono state reazioni rilevanti da parte della destra che ha considerato la questione un conflitto interno alla sinistra divisa tra diverse fazioni.
Sono in molti gli analisti albanesi che riconoscono il diritto dell'LSI a protestare contro la monopolizzazione dell'arena politica albanese da parte maggiori partiti ma ve ne sono altri che allo stesso tempo sottolineano anche il tentativo di Meta di acquisire maggiore visibilità per presentarsi come terzo polo, alternativo ai due maggiori contendenti.
E' alquanto difficile però riuscire a costruire tale alternativa in un sistema politico in cui i partiti minori sono per lo più risultati da scissioni dai maggiori partiti, motivate da conflitti personali e clientelari. Nel sistema dei partiti albanesi, dove persino la destra e la sinistra condividono in linea di principio gli stessi obiettivi contenuti in programmi elettorali molto simili, e l'elezione poggia per lo più sul carisma e il peso politico delle singole personalità più in vista, i partiti minori non riescono nella maggioranza dei casi a creare un proprio carattere politico. Motivo per cui qualche analista pragmaticamente suggerisce di formare delle grandi coalizioni per sopravvivere.
Nonostante le forti manifestazioni di dissenso, la riforma è stata approvata in parlamento lo scorso 18 novembre, con un larghissimo consenso. Mentre i parlamentari scioperanti, tra cui alcuni in pessime condizioni fisiche, hanno interrotto lo sciopero, organizzando diverse manifestazioni in piazza. “Lo sciopero era solo l'inizio – ha più volte detto davanti ai riflettori Ilir Meta – avremo un altro dicembre” alludendo alle rivolte studentesche del dicembre '91, contro il regime comunista, a cui egli ha partecipato.
Ciò che ha fatto molto discutere negli ultimi giorni, sono state tra l'altro le reazioni degli osservatori internazionali. Rappresentanti dell'OSCE e dell'UE hanno condannato il mezzo estremamente drastico scelto dall'LSI che è “una perdita di tempo, e un inutile dilungarsi per motivi personali”. Dello stesso parere l'ambasciatore americano John Withers. Altri si sono invece limitati a invitare le parti al dialogo. Il testo della riforma e il possibile miglioramento che potrebbe portare al paese sono stati tra gli argomenti meno discussi, probabilmente anche a causa della scarsa diffusione del testo della riforma.
Osservazioni critiche ma molto vaghe sono state fatte dall'ambasciatore dell'OCSE a Tirana Robert Bosch. Affermazioni del tutto contraddette lo stesso giorno dall'OCSE che ha invece salutato la riforma come un passo avanti per il paese. “I rappresentanti internazionali in Albania ormai parlano ma non dicono niente” ha commentato Skender Minxhozi, analista locale nel dibattito televisivo “Shqip” di TopChannel.
Il nuovo sistema elettorale, basato su una proporzionalità alquanto rigida, contribuirà sicuramente a eliminare molti svantaggi del relativismo con cui sono stati applicati i sistemi misti precedenti. Ma non tutto dipende dai meccanismi scelti per tradurre in seggi i voti dell'elettorato. La prossima sfida, che è un vero tallone d'Achille del Paese, mai affrontato seriamente, riguarderà le liste degli elettori, e i loro documenti di identificazione, elementi che più volte hanno causato enormi irregolarità. Per lo stesso motivo, anche nelle prossime elezioni (giugno 2009) non sarà possibile il voto di circa un milione di albanesi che vivono all'estero.