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Tropoje: l'oasi povera dell'Albania

11.07.2002   

Reportage sul distretto settentrionale di Tropoje, il più povero di risorse economiche e con il maggior tasso di criminalità.
Nei mesi scorsi le maggiori cariche istituzionali del paese, i rappresentanti di governo ed opposizione hanno fatto visita al distretto di Tropoje per verificare lo stato dei lavori di ampliamento e riabilitazione del tratto stradale che collega la città dal valico di Morine con il Kosovo.
Al di là delle autorità politiche locali che accompagnavano nella visita i rappresenti del governo centrale, aspetto di per sé degno di nota perché che non sarebbe avvenuto solo pochi anni fa, l'arrivo delle delegazioni da Tirana non ha suscitato grande clamore né tra la popolazione locale né sui mass media. Ha prevalso, invece, la sfiducia accumulata in questi anni per quanto si sarebbe potuto fare per il distretto di Tropoje in questi anni e non è stato fatto.
Ali Sallaku, il proprietario del bar vicino alla frontiera, anche ad aprile aveva insistito per offrire il caffè agli ingegneri del Genio militare arrivati per iniziare i lavori di allargamento del tratto stradale: "Offro io perché voi ci costruite la strada". Aveva detto Sallaku.
Un gruppo di uomini di Tropoje e Vjeter (la vecchia Tropoje) appena arrivato l'esercito era andato incontro ai nuovi arrivati per offrire ospitalità e non si era allontanato prima di assicurasi che fossero ben sistemati nelle tende militari.
Tropoja è forse il luogo che meglio di altri rappresenta l'antica tradizione albanese dell'ospitalità. A questo riguardo va ricordata l'accoglienza riservata da questa cittadina alle migliaia di rifugiati kosovari che tre anni fa attraversarono il confine, senza la quale le conseguenze sarebbero state disastrose.
Si tratta di un distretto isolato da tutti gli altri del paese, incluso quello di Kukes pochi chilometri più a sud. Quanto si poteva dire dell'Albania durante il regime, ovvero che fosse il paese più isolato del mondo, oggi lo si può dire di Tropoje.
Un tempo l'economia della città ruotava intorno alle miniere, ora dimenticate, chiuse o inattive da tempo, senza nessuna speranza che qualcuno ci investa dei soldi. Le 30,000 persone che ci abitano vivono di agricoltura, allevamento e piccoli commerci. La strada di collegamento con il Kosovo, una volta sistemata ed ampliata, potrebbe diventare una grande risorsa per la popolazione dato che da Tropoje si vede ad occhio nudo la cittadina di Giakova che si trova a non più di otto chilometri dopo il confine. I kosovari dal canto loro si troverebbero accorciato il viaggio per arrivare fino alle spiagge del litorale Albanese.
Lo scorso gennaio, l'allora ministro della difesa ed attuale primo ministro Albanese, Majko promise alle autorità locali di allargare il tratto stradale e fece iniziare i lavori ad aprile. Secondo programma i lavori che riguardano i 7,6 chilometri di tratto fino al confine dovrebbe essere pronti per ottobre. La spesa prevista 170 milioni di lek (ovvero 1 milione di $ circa) consentirebbe di allargare la strada ai normali 9 metri di larghezza. L'esercito ha messo a disposizione 90 uomini e 22 mezzi militari per realizzare il progetto.
Accanto ai normali lavori di ingegneria, l'esercito si deve occupare anche di rimuovere le mine messe dall'esercito di Belgrado durante la guerra del Kosovo. Sallaku, che ha perso alcuni membri della famiglia a causa delle mine, dice di avere sminato la zona intorno al suo bar e commenta ironicamente: "ho rimosso più mine io dei danesi incaricati dello sminamento in due anni di lavoro".
"Questa strada è più di una speranza" dice il maggiore Hasan Kaziu mentre racconta con orgoglio dell'accoglienza e della cooperazione ricevuta dalla popolazione locale.
Tropoje è rimasta la zona più remota e povera del paese. "Se a qualcuno manca la cittadina tipica degli anni 80, gli slogan comunisti dipinti sui muri, ecco dove deve andare" così commentava poche settimane fa il quotidiano Shekulli descrivendo Bajram Curri, la maggiore città del distretto di Tropoje.
Il solo investimento realizzato a Tropoje negli ultimi dieci anni è la ricostruzione dell'ospedale attuato con i soldi di alcune ONG straniere, mentre l'asfaltamento del viale principale della città e la ricostruzione dell'edificio della Telecom sono ancora in corso.
Niente è cambiato nella zona. Qualsiasi altra piccola città del paese lamenta la scarsa attenzione governativa e tuttavia non c'è paragone con la situazione di Tropoje. "Il governo ci ha dato solo 9 milioni di lek (60.000 $) per le acque nere e sono ancora in corso le procedure di appalto" dice il sindaco Demiri. "gli altri progetti che abbiamo presentato al governo invece hanno avuto risposta negativa".
L'ex-presidente Meidani nella sua ultima visita rivolgendosi alle autorità locali ha detto: "dovreste sempre fare presente le vostre necessità alle persone responsabili ma so che non ci sono disponibilità finanziarie al momento".
Il che significa continuare a parlare solo per sentirsi impiegati in una qualche attività. Ci saranno altri ministri che faranno visita e si impegneranno in nuovi modi. Nel frattempo il governo ha difficoltà anche a far arrivare gli stanziamenti annuali alle autorità locali provocando situazioni spiacevoli. "Grazie a Dio si è sciolta la neve e c'è più acqua nel lago artificiale. In questo modo possono funzionare i traghetti che connettono Tropoje con l'altra parte del paese quando la strada è bloccata dalla neve durante l'inverno - commenta Demiri - per il resto, invece, è meglio non chiedere".

Demiri il marzo scorso ha incontrato alcuni lavoratori della compagnia delle acque potabili in sciopero della fame per ottenere un aumento del salario dagli attuali 6.300 lek (44$) ed ha promesso loro di trasmettere personalmente il loro telegramma al primo ministro. "Questo è tutto quanto posso fare". Commenta il sindaco.
La gente è stanca di promesse vane. Oltretutto è difficile dimenticare le 153 persone ammazzate negli ultimi anni nelle faide tra famiglie del posto, faide che creano una situazione di terrore che rende difficile la vita almeno ad una dozzina di famiglie. In realtà anche le persone non direttamente coinvolte sono costrette a scegliere da che parte stare mentre restarne completamente fuori è cosa alquanto difficile da fare.
Anche se la situazione è migliorata rispetto a quattro anni fa, quando il paese è precipitato nell'anarchia dopo il fallimento delle piramidi finanziarie, si può ancora dire che manchi un vero governo del territorio. Ogni volta che accadono degli omicidi, il ministro degli interni manda le forze speciali che restano per un certo periodo fino al ristabilimento dell'ordine. Quando la situazione in città sembra normalizzata, se ne vanno per tornare poco tempo dopo. La gente dice che non c'erano molti casi di faide a Tropoje che si trascinavano da prima del regime e che potevano rinnovarsi dopo la caduta del comunismo.
I mass media fanno risalire l'inizio della catena di omicidi al giugno del 1997 quando un figlio della famiglia Haklaj (Sokol Haklaj impiegato al tribunale del sud Corovode) venne ucciso mentre tornava a casa il giorno prima del comizio dell'allora presidente Sali Berisha a Bajram Curri. In seguito a questo omidicio otto persone delle famiglia Haklaj hanno perso la vita, le ultime due il maggio scorso. Si dice che a loro volta gli Haklaj abbiano ammazzato altre persone per vendetta. Una delle loro donne, una giovane di 37 anni, è latitante in seguito all'accusa di avere ucciso due persone nel pieno centro della città nell'aprile del 2002.
Un altro membro di questa famiglia - Fatmir Haklaj - è accusato di aver ammazzato il deputato dell'opposizione Azem Hajdari nel 1998 di fronte alla sede del suo partito a Tirana. Il procedimento giudiziario contro di Fatmir Haklaj si è chiuso poco dopo la sua stessa uccisione. All'inizio dell'anno, invece, il tribunale di Tirana ha condannato all'ergastorlo Jaho Mulosmani, ex-capo della polizia di Tropoje, perché a sua volta coinvolto insieme a Haklaj nell'omicidio Hajdari.
La lotta politica non è rimasta estranea a queste vicende. Berisha accusa direttamente il capo della polizia segreta SHISH, Fatos Klosi, di essere coinvolto nell'omicidio di Hajdari, insieme all'ex-primo ministro e leader del partito Social Democratico Skender Gjijushi. "Accusiamo Klosi ed Gjinushi per l'omicidio di Azem Hajdari" ha proclamato Berisha il maggio scorso in parlamento.
"Lei, signor Berisha, conosce molto bene chi ha ucciso il deputato Hajdari e chi sta dietro questa serie di omicidi a Tropoje", ha risposto Gjinushi. "Questa è la ragione per la quale lei non è più tornato a Tropoje dal febbraio del 1998".
Klosi non ha escluso che vi siano ragioni politiche dietro l'omicidio. "Tuttavia non mi pronuncerò a riguardo" ha dichiarato Klosi in parlamento durante la seduta in cui l'opposizione perdeva ai voti la mozione di sfiducia contro di lui.
Alcuni ritengono responsabili della situazione a Tropoje tutta la classe politica albanese, che avrebbe istigato alla violenza. Altri considerano la vera causa della catena di omicidi la mancanza di attenzione politica e la scarsità investimenti nel distretto. Entrambi potrebbero avere ragione.
I governi dopo il 1997 hanno cercato di riportare l'ordine pubblico nella regione. Nove capi della polizia sono stati rimossi dall'incarico dal settembre del 1998, senza risultati. "Per ristabilire l'ordine pubblico a Tropoje serve tempo" ha detto il sindaco Agron Malaj, a sua volta ex-capo della polizia nella zona. Ma aggiunge che molti dei suoi colleghi cercano di evitare di essere nominati a Bajram Curri: "Alcuni preferiscono lasciare il posto pur di non venire qui".
Il ministro degli interni ha preparato una strategia, in corso di realizzazione, per ristabilire l'ordine. "Abbiamo messo a punto un piano specifico per Tropoje, gestito da Tirana ed abbiamo chiesto alla comunità locale che cooperi con la polizia ed il governo", ha comunicato il capo della polizia Bilbil Mema alla commissione parlamentare il mese scorso.
Tuttavia, è necessario che il governo infonda fiducia tra la popolazione locale, cosa che non è riuscito a fare fin ora. Il problema più serio è che la polizia e la magistratura sono spesso considerati inutili dalla gente del posto. Gli omicidi, in molti casi tra il 1997 ed il 1998, sono rimasti senza colpevole. Non ottenendo giustizia attraverso lo stato la gente è tornata velocemente alla risoluzione privata dei conflitti.
La sistemazione della strada che connette Tropoje con il Kosovo potrebbe essere un inizio di soluzione. La classe politica albanese dovrebbe ricordarsi che esistono i distretti anche dopo le elezioni nazionali. Quando alla guida del governo c'era il Partito Democratico, Tropoje era considerato seggio sicuro dato che si tratta della città natale dell'ex presidente Sali Berisha. I socialisti, per questa stessa ragione, hanno sempre considerato Tropoje una zona persa in partenza.
La gente di Bajram Curri, Tropoje e Vjeter continua a provarci. Ci sono anche piccoli imprenditori che investono nella zone nonostante i rischi che ciò comporta. Nel centro di Bajram Curri è stato appena aperto un nuovo supermercato. Agim Haxhia è l'ultimo tropojano a tentare un investimento importante nella città ed il suo supermercato non è diverso da quelli di altri centri più grandi nel paese. In molti hanno pensato che fosse una pazzia mettere così tanti soldi in un simile progetto. Nonostante il calo del potere d'acquisto, Haxhia ci ha creduto. Varie persone prendono la merce a credito e pagano appena possono. Ademo Dardha offre questo tipo di servizi a molta gente limitando al massimo i suoi profitti.
Zenun Rrahmani, un altro imprenditore intende trasformare un edificio malridotto di tre piani in un bel bar nel centro della città ed intende investire in questo progetto circa 300,000 marchi che gli manderà il figlio dalla Germania.

La gente, nonostante la speranza nel futuro, è esausta. Agron Gjyrici, che sta ricostruendo l'edificio della Telecom, ha diversificato i suoi investimenti in infrastrutture come strade e piccoli ponti e attualmente si occupa dei servizi di pulizia della città, sta seriamente pensando di spostarsi altrove. Molti altri imprenditori pensano la stessa cosa perché sono stanchi di confrontarsi tutti i giorni con l'assenza di sostegno pubblico e di garanzie sulla loro proprietà e ancora di più per i pericoli che corrono per la loro stessa vita.
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