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La linea dura della Slovenia
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Data pubblicazione: 22.12.2008 09:48

Borut Pahor
Per pochi chilometri di terraferma e la frontiera marittima del golfo di Pirano, la Slovenia punta i piedi e blocca il percorso europeo della Croazia. Tesi come non mai i rapporti tra i due paesi. Bruxelles cerca di starne al di fuori
La Slovenia non ha mollato ed ha bloccato undici capitoli negoziali nella trattativa di adesione della Croazia all’Unione europea. I documenti presentati da Zagabria pregiudicherebbero i confini. Per la Slovenia, quindi, sarebbero in gioco “vitali interessi nazionali”. In sostanza si tratta, comunque, di qualche chilometro quadrato sulla terra ferma e della definizione della frontiera marittima nel piccolo golfo di Pirano.

La presidenza di turno francese aveva cercato di mediare tra i due paesi. La sua proposta è stata accettata dalla Croazia, ma non dalla Slovenia. Zagabria era pronta a dichiarare che gli atti presentati in sede europea non avrebbero pregiudicato i confini. Lubiana, invece, avrebbe voluto che la Croazia si impegnasse a non presentare, in un eventuale arbitrato internazionale, documenti successivi alla proclamazione dell’indipendenza.

La richiesta è quindi quella di accantonare tutte le leggi e le direttive ministeriali emanate dopo la nascita dei due stati. Del resto i due paesi dopo aver litigato per una quindicina d’anni sull’esatta definizione del confine, adesso stanno bisticciando se e come risolvere la situazione di fronte ad un’istanza internazionale.

Negli scorsi mesi i politici sloveni avevano dato ad intendere che se Zagabria voleva entrare nell’Unione europea avrebbe dovuto concedere qualcosa alla Slovenia. L’idea era quella di far fruttare l’acquisita rendita di posizione di membro dell’Unione europea e della Nato. Negli anni novanta, Lubiana, del resto, aveva dovuto fare i conti con i veti italiani al suo ingresso nell’Unione. Allora la trattativa durò sei anni prima di arrivare ad una proposta di compromesso accettabile per entrambi. Adesso, però, è la Slovenia che crede di tenere il coltello dalla parte del manico, visto che nell’Unione europea si entra solo con il consenso di tutti.

Ovviamente Lubiana pensava di poter contare sulla solidarietà degli altri paesi membri. Per contro la Commissione europea l’ha bacchettata, dicendosi rammaricata per il fatto che non abbia potuto accettare la proposta di conciliazione francese e precisando che quella del confine è una questione bilaterale.

Per uscire dall’impasse, il premier, Borut Pahor - che nelle settimane scorse aveva lanciato una serie di ultimatum a Zagabria - ha subito cercato di correre ai ripari, invitando a colloquio il suo omologo croato Ivo Sanader. Quest’ultimo ha accettato, tutt’altro che volentieri, ma solo se all’incontro parteciperanno anche esponenti dell’Unione europea. Si vorrebbe confermare, così, la tesi - espressa nei giorni scorsi anche dal presidente croato Mesić - che i rapporti tra Lubiana e Zagabria “non sono più un problema della Croazia, ma dell’Unione Europea”.

Bruxelles, però, non sembra aver proprio voglia di immischiarsi nella vicenda. I cechi, che saranno i prossimi a prendere la presidenza di turno dell’Unione, lo hanno detto chiaramente. Probabilmente, ai vertici comunitari, quello tra Lubiana e Zagabria, non sembra che l’ennesimo contenzioso tra due paesi balcanici.

La cosa danneggia sicuramente più la Slovenia che la Croazia. Lubiana sin dall’indipendenza aveva fatto di tutto per togliersi dal calderone in cui erano state messe le altre repubbliche della federazione jugoslava. Non poco impegno era stato profuso per dimostrare il proprio attaccamento ai valori europei e la propria dimensione centroeuropea. Ora tutta questa immagine costruita in quasi due decenni sembra un po’ offuscata.

A Bruxelles, del resto, sembra proprio che si sarebbe voluto chiudere la trattativa con Zagabria entro il 2009. Ora questa data sembra a rischio. L’adesione a pieno titolo della Croazia era prevista, invece, tra il 2010 e il 2011. Da una parte bisognava dimostrare che l’Unione era intenzionata a proseguire sul cammino dell’allargamento e dall’altra rassicurare gli irlandesi, in vista di un nuovo referendum sul trattato di Lisbona. L’accordo di adesione della Croazia sarebbe, infatti, dovuto diventare quello “strumento tecnico” in cui si stabiliva che tutti i paesi membri avrebbero continuato ad avere un loro commissario europeo.

Intanto le relazioni tra Lubiana e Zagabria non sono mai state peggiori. Le opinioni pubbliche dei due paesi sono compatte intorno alle posizioni dei loro governi. In Croazia sono tutti concordi a definire senza precedenti il blocco sloveno, mentre in Slovenia si pensa che non si potesse fare diversamente e che ai croati negli anni precedenti si fosse concesso sin troppo. Il clima che si respira pare essere quello enfatico del 1848, quello della primavera delle nazioni. Sloveni e croati sembrano oramai essere i nemici di sempre. La cosa appare, ovviamente, grottesca soprattutto se si pensa che nella storia non si registra nessuna guerra tra i due popoli, che per contro hanno spesso camminato sulla stessa strada e affrontato medesimi problemi.

Ad ogni modo, il nazionalismo sembra ancora una volta essere sfuggito dalla bottiglia. La colpa è, ovviamente, soprattutto dei politici dei due paesi che per ora continuano a riempirsi la bocca parlando della necessità di difendere gli “interessi nazionali”. Ci manca solo che qualcuno rispolveri lo slogan di jugoslava memoria: “Il nostro non diamo l’altrui non vogliamo”. Dopo tante parole, però, adesso sarà ancora più difficile trovare una soluzione di compromesso. La domanda legittima è come si farà a spiegare alla propria opinione pubblica che alla fine s’è dovuto cedere qualche chilometro quadrato di sacro suolo nazionale o qualche litro di acqua marina?

In tutta questa vicenda, però, pare lecito chiedersi quanto Slovenia e Croazia credano veramente nell’Europa unita, senza confini. Se così fosse, probabilmente, non ci sarebbe tutta questa foga nel discutere di una frontiera che con l’ingresso della Croazia nell’Unione europea e nell’area Schengen sarà destinata a sparire. D’altronde, però, in meno di cent’anni, sloveni e croati hanno visto la dissoluzione dell’impero austroungarico e della federazione jugoslava, quindi meglio premunirsi. Non si sa mai…