Mar Nero
30.01.2009
scrive Nicola Falcinella
Esce oggi nelle sale “Mar Nero”, opera prima di Federico Bondi. Il rapporto tra un'anziana donna e la sua giovane badante e due fiumi, l'Arno e il Danubio. Una nostra intervista con il regista
Un piccolo film dal cuore grande girato tra l’Italia (Firenze) e la Romania (a Sulina). Dall’Arno al Danubio fino al “Mar Nero” che è pure il titolo dell’opera prima di Federico Bondi (nessuna parentela con il ministro).
Non a caso due fiumi carichi di memorie, che fanno un po’ da sfondo e un po’ da filo che collega due anime che si riconoscono simili. Lo spunto viene dalla storia reale della nonna del neoregista e in questo frangente assume un significato ancora più forte.
Un figlio trasferitosi per lavoro e famiglia (Corso Salani, in una delle purtroppo rare incursioni in film diretti da altri) affida l’anziana madre Gemma (Ilaria Occhini) prima a una bandante che viene subito cacciata via e poi a una seconda giovane romena, Angela (la Dorotheea Petre già vista negli ottimi “Ryna” e “Come ho trascorso la fine del mondo”).
La partenza è disastrosa, la vecchia appare insoportabile e si mostra particolarmente astiosa con la nuova venuta, tanto da confondere sempre il suo nome con quello della ragazza precedente. Piano piano la dolcezza e la pazienza di Angela sciolgono Emma, che via via nell’estranea venuta da lontano, abbandonando la famiglia per guadagnare dei soldi per costruirsi una vita migliore, riconosce sé stessa alla medesima età appena sposata nella Firenze dell’immediato dopoguerra.
Un film molto umano semplice nell’accezione migliore, senza pretese ma con grande attenzione alle implicazioni emotive. Esce nelle sale oggi (venerdì) dopo essere stato premiato al Festival di Locarno 2008: Pardo di bronzo per la miglior attrice a Ilaria Occhini, premio della giuria ecumenica e della giuria dei Giovani.
“Di vero – ci ha raccontato il trentatreenne regista – c’è quasi tutto, tranne il viaggio finale verso il delta del Danubio. Mia nonna negli ultimi mesi era immobilizzata a letto e non poteva fare una cosa simile, però mi sono immaginato come sarebbe potuto sfociare il loro rapporto, che era molto saldo e credo che se fosse stata nelle condizioni si sarebbe avventurata in un viaggio del genere. Anche nei dialoghi non mi sono inventato molto, li avevo quasi registrati nella mia mente. Mentre le vedevo dal vero avevo pensato a farne un documentario, poi ho rinunciato perché la videocamera avrebbe fatto perdere spontaneità a mia nonna”.
Gemma, l’anziana, sembra rivedersi in Angela, la giovane.
“Certo, quando ricorda i sacrifici che ha fatto per far studiare il figlio, che ora non ha tempo per stare con lei, il parallelo con il sogno della ragazza di farsi una famiglia è chiaro. Angela per guadagnarsi qualcosa è disposta ad andare lontano e fare un lavoro difficile”.
La storia è ambientata a cavallo dell’ingresso della Romania in Europa.
“Quando ho cominciato a scrivere ancora non sapevo che Romania e Bulgaria sarebbero entrate presto nella Ue. Gli avvenimenti politici ci sono ma restano sullo sfondo, volevo concentrarmi sulle due storie di donne. Un’amicizia tra due persone diverse per carattere e cultura ma con molte cose in comune. E soprattutto entrambe sole. Mia nonna era una persona che teneva banco, parlava sempre, dava spettacolo. Teneva la televisione sempre accesa, ma quando è arrivata Angela l’ha spenta perché dovevano parlare, avevano qualcosa di più importante. Dall’altra parte era durissima, quasi insopportabile, l’incontro con Angela l’ha addolcita”.
Nella prima parte del film l’anziana sbaglia sempre il nome della ragazza. La chiama come la badante precedente che aveva cacciato.
“E’ una cosa che mi sono inventato ma serviva come segno evidente della trasformazione del rapporto”.
E il rasoio del marito morto che si accende da solo?
“Anche quello è un simbolo, indica che è il momento giusto per prendere delle decisioni. È una cosa misteriosa e spirituale che ha a che fare con la perdita di una persona che mi era cara, ma di più preferisco non dire”.
Come ha scelto le attrici?
“La Occhini è fiorentina, è bravissima, era quasi una scelta obbligata. È stata bravissima, si è messa in gioco, si è trasformata anche fisicamente per il ruolo. Dorotheea Petre, che è una delle attrici più in vista del suo paese, è stata proposta dai coproduttori romeni. Ma quando l’ho vista ho capito che era perfetta, anche dal punto di vista fisico. Ha delle mani molto piccole che erano giuste per la delicatezza del personaggio”.
Il film parte sull’Arno e finisce sul Danubio…
“Sono due fiumi importanti ma molto diversi tra loro. I fiumi fanno da raccordo, indicano un flusso di vita. Mi piaceva che Angela fosse del delta del Danubio affinché Gemma potesse arrivare fino in fondo al fiume, che fosse un completamento del processo”.
E i premi di Locarno che effetto fanno?
“I premi mi fanno molto piacere, soprattutto quelli della giuria ecumenica e dei giovani perché indicano che la gente ha capito i diversi significati della storia. Il film è prodotto da Kairos con Romania e Francia a indicare che è qualcosa di universale che non riguarda solo l’Italia”.