Ponte ferroviario (incompleto) verso la Bulgaria
Alla vigilia della campagna elettorale, il premier Gruevski annuncia un massiccio (e per alcuni irrealistico) piano di investimenti nelle infrastrutture. Il Corridoio 8, però, nonostante la retorica che lo dipinge da decenni come una priorità, resta un progetto in stallo
Alla vigilia dell’avvio ufficiale della campagna per le elezioni regionali e presidenziali del prossimo 22 marzo, il primo ministro Nikola Gruevski esce allo scoperto e dichiara che il governo avrebbe intenzione di investire 8 miliardi di euro, principalmente nella costruzione di strade e centrali elettriche.
Pronta la scettica reazione degli economisti: i più cinici commentano che il progetto “oltrepassa i sogni più sfrenati”, altri suggeriscono che queste proiezioni siano state formulate “sotto l’effetto di droghe”. Eppure, il governo sembra nutrire intenzioni serie: Gruevski si dichiara consapevole del carattere ambizioso del progetto, e si accontenterebbe “anche se riuscisse per 2/3 soltanto”.
Circa metà dell’investimento sarebbe destinata ai trasporti – strade e ferrovie – e l’altra metà alle centrali elettriche. Secondo il governo, parte (poco) dell’investimento complessivo verrebbe dal budget statale, parte da prestiti concessi dalle istituzioni finanziarie internazionali e parte (tanto) dalle concessioni e dalle partnership pubblico-privato. Le grandi compagnie straniere avrebbero l’opportunità di costruire una strada o una centrale elettrica, e quindi di gestirle e raccoglierne i profitti.
Un accordo di questo tipo è stato recentemente siglato con la grossa società turca TAV, che ha preso in concessione due aeroporti macedoni e li gestirà per i prossimi 20 anni; in cambio, nel corso di due anni dovrà investire circa 200 milioni nella loro modernizzazione e nella costruzione di un nuovo aeroporto da carico a Stip.
Questo sembrerà un ottimo affare a chiunque abbia mai avuto l’occasione di passare dall’aeroporto di Skopje – che, a dispetto del pomposo nome di “Alessandro Magno”, è facile scambiare per una polverosa stazione di pullman di provincia. TAV gestisce svariati aeroporti in Turchia (tra cui quello di Istanbul) e altri paesi. Eppure, purtroppo, l’accordo è già stato posticipato a causa della crisi finanziaria.
Tracciato del Corridoio 8
Che la Macedonia necessiti di investimenti nelle infrastrutture non è certo in discussione. Il paese, che si trova all’incrocio di due importanti corridoi europei (8 e 10), dispone attualmente di solo 240 km di autostrade, compresi i 26 km di raccordo anulare attorno a Skopje attualmente in fase di completamento. Allo stesso tempo, l’energia elettrica rappresenta una delle principali voci d’importazione. In teoria, il piano mira a ridurre questa dipendenza e contribuire al completamento delle grandi opere pubbliche che si trascinano da decenni: la combinazione dei due fattori dovrebbe dare una spinta all’economia in difficoltà.
Nei Balcani, tutto è vicino ma lontanissimo: il viaggio da Skopje a Dubrovnik, potenzialmente 4-5 ore di tranquillo percorso, al momento richiede 10 ore di circumnavigazioni, di solito intorno alle montagne di Kosovo e Montenegro. La situazione dovrebbe migliorare con il completamento del corridoio 8, che si allunga verso sud-ovest a collegare Burgas sul Mar Nero con Durazzo sull’Adriatico, passando da Skopje e Tirana.
In Macedonia questo progetto è stato più o meno in stand-by per decenni; l’aspetto più discusso di recente è la ferrovia per la Bulgaria. Per quanto possa sembrare strano, la Macedonia non ha un collegamento ferroviario (né stradale, peraltro) alla Bulgaria, il che costituisce un grosso ostacolo al commercio. Almeno in parte, questa è un’eredità dei tempi del comunismo, quando Jugoslavia e Bulgaria erano divise dalla cortina di ferro.
Nei primi anni Novanta, il governo di Skopje decise che la ferrovia per la Bulgaria era una priorità: quando fu avviata, si disse che sarebbe stata completata entro un anno. Circa 15 anni dopo, non è ancora finita: dopo anni di lavori, tutto ciò che si vede sono ponti. Tanti, enormi, lasciati a metà. Nel corso degli anni, a turno, le opere sono state più volte sospese e riprese: pratica che secondo gli esperti ha sostanziosamente aumentato il costo del progetto.
Dopo anni di dilemmi insoluti sul mancato completamento della ferrovia, la risposta più semplice si può riassumere nella mancanza di strumenti e capacità per portarla a termine. Negli anni, tutte o quasi le grandi società edilizie hanno avuto un pezzo della torta: alcune hanno fatto causa al governo per il mancato rispetto degli impegni, mentre con il succedersi degli esecutivi è venuta a mancare perfino una stima chiara del costo del progetto, che dalle previsioni originarie di 100-200 milioni di dollari (all’epoca l’Euro non esisteva ancora) è passato a 3 o 4 volte tanto.
L'anno scorso, in una visita a Kriva Palanka (città vicino al confine bulgaro), il primo ministro Gruevski e il ministro dei Trasporti Mile Janakievski dissero che ci sarebbero voluti 400 milioni di euro per completare il tratto ferroviario del corridoio 8 (compreso quello più breve verso l’Albania); secondo le stime, fino ad oggi ne sarebbero stati investiti oltre 100.
Eppure questa è solo una piccola parte del consistente budget di investimenti programmato dal governo per il 2009. Secondo diversi report e analisi, nel piano ferroviario stanno confluendo circa 10 milioni di euro su 500. Molto poco, secondo gli esperti: “si tratta più o meno del prezzo di un ponte ferroviario”, nota il direttore di una grossa società di costruzioni.
Questo significa che, nonostante la retorica sulla priorità del corridoio 8, la precedenza sarà data ad altri progetti. Quel che è certo è che nel 2009, tramite un prestito della Banca Mondiale, il governo spenderà circa 100 milioni di euro nella ricostruzione di strade locali e regionali, e rimane del lavoro da fare anche sulla sezione mancante del corridoio 10.
La verità è che il governo, disponendo di pochi fondi propri da investire, deve fare ricorso a istituti di prestito o investitori privati - entrambe fonti con proprie preferenze e priorità d’investimento. Inutile poi precisare che ultimamente entrambi i canali sono già stati abbastanza prosciugati.
Di per sé, investire nelle infrastrutture è cosa buona e giusta – comunque molto meglio che foraggiare una pubblica amministrazione ipertrofica e inefficace. Il paese è moderatamente indebitato, ma conserva l’accesso al prestito: rimane da vedere se il governo ha gli strumenti per questa impresa o se si tratta dell’ennesima promessa elettorale.