Il V Forum mondiale dell’acqua, tenuto quest’anno a Istanbul, si è concluso il 22 marzo scorso dopo una settimana di dibattiti e presentazioni finalizzati a “proporre delle soluzioni sostenibili ai problemi mondiali riguardanti l’acqua”. Ecologisti e movimenti sociali turchi hanno criticato il carattere prevalentemente lucrativo del vertice ufficiale, convocando – sempre a Istanbul - il
Forum alternativo mondiale dell’acqua. Sono molti infatti i dubbi sulle conclusioni del vertice ufficiale e su come la società mondiale andrà a “gestire in modo sostenibile” questo bene che, alla fine dei lavori, non si è riuscito a definire “un diritto” ma solo “una necessità”.
Il governo turco, che ha stanziato 17,5 milioni di Euro per il Forum, ha collaborato alla realizzazione dell’evento con l’apporto speciale della Direzione generale statale delle opere idriche (DSİ), della Municipalità metropolitana di Istanbul e del ministero per l’Ambiente e le Foreste, assieme al Consiglio mondiale dell’acqua, organizzatore principale dell’evento. Questo ente fu fondato nel 1996 per trovare “soluzioni” ai problemi mondiali legati all’acqua su iniziativa dei governi, di multinazionali del settore idrico, e di alcune organizzazioni internazionali tra cui le Nazioni unite e la Banca Mondiale. Il Consiglio risulta attualmente composto da circa trecento membri tra cui figurano istituzioni statali e ministeri legati al tema dell’acqua e dell’ambiente, diversi enti e programmi legati all’ONU, istituti nazionali e fondazioni, nonché aziende private di costruzione e di distribuzione idrica come la Suez, la Vivendi e la RWE, ossia le principali tre società private del settore. La Turchia fa parte del Consiglio con 40 membri tra i quali risultano anche enti pubblici quali la DSİ, la Direzione delle acque di Istanbul (İSKİ) e il GAP, mega progetto di costruzioni nel sudest del paese (Güney Doğu Anadolu Projesi).
Il vertice più importante del mondo sul tema dell’acqua, che dal 1997 si realizza ogni tre anni, ha visto questa volta una partecipazione record di circa 33 mila congressisti provenienti da 155 paesi. Caratteristica peculiare del Forum è stata la cospicua presenza di rappresentanti politici di diversi livelli operativi. Presenti anche numerose organizzazioni internazionali, alcune ONG, centinaia di società private, ricercatori e studiosi del settore.
Gli incontri preliminari sono durati due anni. Molte organizzazioni non governative, tuttavia, non hanno avuto modo di prendervi parte. “Il Forum era nato con grandi pretese quali come contrastare la crisi mondiale dell’acqua, come salvare l’acqua” – ha commentato Güven Ekren, presidente dell’associazione ambientalista Doğa [Derneği] al termine dei lavori, “ma lo stesso Forum si è trasformato da un dibattito sull’acqua a un dibattito sulle dighe. (…) I titoli dei discorsi più importanti degli oratori erano tutti incentrati sulle dighe! Inoltre, sono mancati nel Forum i paesi in cui l’acqua non c’è.”
La prof.ssa Sevim Budak, consulente della TEMA (Fondazione per la lotta all’erosione e la protezione dei beni ambientali), lamentando la sovrapposizione degli incontri importanti e la carenza del servizio di interpretariato, ja dichiarato: “È solo diventato certo che l’acqua non sarà più gratis, e sono giunti a concordare che anche nel settore agricolo l’acqua andrà pagata. Non si è parlato quasi per niente dei cambiamenti climatici, o se ne è parlato solo nella misura in cui si è valutato come addossare alla popolazione il costo di ciò che viene causato dai governi e dalle industrie”.
I firmatari del documento finale del Forum, redatto al termine della “Conferenza dei ministri” cui hanno partecipato 155 paesi con 80 ministri, 100 amministratori locali, circa 300 parlamentari e 14 organizzazioni delle Nazioni Unite, hanno convenuto che è necessario migliorare l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari. Tuttavia, come ha dichiarato alla stampa la presidentessa della conferenza Sumru Noyan, “non si è trovata un’intesa su temi quali il diritto all’acqua, i diritti delle persone, le acque riguardanti i confini”. Questi punti sarebbero stati lasciati fuori “con l’auspicio che vengano poi ripresi dal G8, da altri Forum di portata internazionale e nelle conferenze organizzate dall’ONU”.
Il Forum alternativo –
Alternatif Su Forumu - si è svolto tra il 20 e il 22 marzo presso l’Università Bilgi di Istanbul, riunendo diversi movimenti in lotta per il diritto all’acqua dall’Africa all’America Latina, dall’Estremo Oriente all’Europa, oltre a ricercatori e studiosi che si occupano della materia e politici che considerano l’acqua un diritto costituzionale. La loro posizione, già affermata in concomitanza del quarto Forum mondiale dell’acqua svoltosi in Messico nel 2006, è quella che vede nell’acqua “l’elemento fondamentale della vita ed un diritto umano basilare e irrinunciabile”, rifiuta “ogni tipo di privatizzazione” e dichiara la necessità che l’acqua “nella sua gestione e controllo debba essere pubblica, sociale, comune, paritaria, partecipativa e priva di scopi di lucro”. Il Forum alternativo ha lanciato anche un appello all’ONU affinché ricostituisca un “Forum legittimo, che possa fornire spiegazioni, trasparente e democratico, che nasca dalle Nazioni Unite e sia appoggiato dai paesi membri” e “che questo sia l’ultimo Forum dell’acqua controllato dalle aziende”.
Il documento conclusivo del Forum alternativo ricorda anche la situazione turca. Qui, la morsa delle dighe a tutti i costi e della privatizzazione è in agguato: “Il governo turco vuole privatizzare sia i servizi che i bacini idrici. Vuole inoltre creare una diga su tutti i fiumi del paese”.
Il rapporto 2009 per l’acqua, preparato in vista del Forum alternativo dalla Camera dell’unione degli architetti e ingegneri (TMMOB), sottolinea alcuni punti fondamentali della questione, a partire dalla scelta della città di Istanbul: “Hanno deciso di realizzare il Forum a Istanbul dal momento che sono al corrente della grandezza del mercato che il nostro paese costituirà con i paesi ad esso confinanti”.
La Turchia non è un paese ricco di risorse idriche. Secondo i dati forniti dalla DSİ riferiti alla popolazione nel 2000, la quantità di acqua rinnovabile procapite su base annua è di circa 3.500 m3 contro la media mondiale di 7.600 m3. Rilevamenti del 2005 indicano che la quantità di acqua disponibile sul territorio nazionale turco è composto da 98 miliardi di m3 di acqua che si trova sulla superficie della terra (di cui 3 miliardi di m3 provengono dall’apporto di fiumi che hanno origine nei paesi confinanti) e da altri 12 miliardi di m3 di acque sotterranee. Di questi complessivi 110 miliardi di m3, sono resi utilizzabili solo il 35%. Resta inoltre una grande disparità nella distribuzione stagionale e regionale dell’acqua disponibile.
La soluzione avanzata dal governo a questa esiguità di risorse è quella di costruire ovunque dighe, “non lasciare che le acque scorrano invano” è infatti il motto del ministro dell’Ambiente turco. Sono circa 600 le dighe progettate dalla DSİ, la maggior parte delle quali è finalizzata alla produzione elettrica. I tre fiumi presi di mira a questo scopo sono il Çoruh, il Göksu e il Dicle (Eufrate).
Sul Tigri e l'Eufrate sono previste, nel complesso progetto per il sudest denominato “GAP”, 22 dighe. Questo potrebbe causare una grave diminuzione nel flusso delle acque verso l’Iraq e la Siria, in considerazione del fatto che in passato il governo turco ha parlato della possibilità di “usare l’acqua come arma”, un modo per affermare la propria supremazia territoriale e politica. Per il momento tuttavia il presidente irakeno Talabani, nel discorso tenuto il 16 marzo al mini-vertice dei capi di stato all’interno del Forum, ha ringraziato la Turchia per aver incrementato il flusso dell’acqua in arrivo in Irak.
Il GAP è una delle priorità del governo turco. Da un lato sostiene che, una volta terminato il progetto, le zone interessate, abitate per la maggior parte da popolazione curda, avrebbero finalmente mezzi di sostentamento, sviluppo sociale ed economico. Ma nel realizzare i progetti in questione non si considerano mai le esigenze e richieste della popolazione locale. Ne è un esempio il caso della diga Ilısu, bene nota anche all’estero per gli effetti devastanti che andrebbe ad avere a più livelli sull’antica città di Hasankeyf.
Qui, solo qualche giorno prima dell’inizio del Forum alternativo, si è fermata anche la ‘Carovana dell’acqua’, una delegazione italiana composta da una trentina di rappresentanti di diverse associazioni tra cui Emilio Molinari, presidente del Comitato italiano per il Contratto Mondiale dell’Acqua.