Prima la Nato
08.04.2009
Da Osijek,
scrive Drago Hedl
Le conseguenze dell'ingresso della Croazia nell'Alleanza Atlantica. Le reazioni dei cittadini, il dibattito nel paese. Per il premier Sanader l'entrata nella Nato rafforza la posizione di Zagabria nei confronti di Lubiana per un rapido ingresso nell'Unione Europea
L'entrata della Croazia nella Nato, avvenuta sabato scorso, non ha suscitato l'euforia dei cittadini, ma nemmeno particolari proteste. Mentre il presidente croato Stjepan Mesić e il primo ministro Ivo Sanader partecipavano a Strasburgo alla cerimonia di ingresso ufficiale nell’Alleanza Atlantica, a Zagabria un centinaio di persone ha manifestato la propria disapprovazione per questo evento. Per il resto della cittadinanza l’una e l’altra notizia non sono state accolte con particolare rilievo. Alle prese con gli effetti della recessione e della sopravvivenza quotidiana, i croati non hanno prestato molto caso al fatto che il loro paese è ora diventato parte della più potente alleanza militare a livello mondiale.
La reazione dei politici, invece, è stata sostanzialmente diversa. Il premier Ivo Sanader, che a casa si deve confrontare con enormi problemi e con un serio calo di consensi, ha dichiarato trionfante a Strasburgo che si trattava di un evento storico per il suo paese. Se nel 1991 la Croazia fosse stata membro della Nato, nessuno avrebbe osato attaccarla – ha affermato Sanader, soddisfatto per la firma del patto con l’Alleanza Atlantica, con cui Zagabria ha realizzato il 50% dei suoi obiettivi di politica estera. La restante metà, infatti, è rappresentata dall’ingresso nell’Unione Europea. Qui la situazione non è così rosea, anche se sia Mesić che lo stesso Sanader hanno assicurato i cittadini che l’entrata nella Nato aiuterà la Croazia ad accelerare il suo ingresso nella UE.
Tra i vantaggi dell’ingresso nella Nato Sanader ha ricordato come ora, in qualità di membro della potente alleanza militare, la Croazia attirerà molto più capitale straniero, invogliato dal nuovo contesto di maggior sicurezza. Oltre a questo – ha aggiunto il premier – la Croazia potrà godere anche di una maggiore prosperità finanziaria. “L’entrata nella Nato costerà qualche milione di euro all’anno, molto meno rispetto a quanto spenderemmo per formare da soli un nostro esercito”, ha spiegato Sanader.
Si parla molto meno, invece, degli impegni che la Croazia dovrà assumersi con il nuovo status di paese membro. Il fatto che i soldati croati dovranno partecipare alle operazioni Nato nel mondo, in numero maggiore rispetto a quanto fatto finora, è stato spiegato a malapena dal presidente Mesić con una frase. “In qualità di membro leale, la Croazia deve partecipare alla difesa comune e a tutte le altre operazioni in base alle sue possibilità e alle decisioni del governo”, ha dichiarato ai giornalisti in una conferenza stampa congiunta in seguito alla cerimonia di Strasburgo. La missione croata in Afghanistan conta 300 militari, ma è stato dichiarato che il numero sarà aumentato. Per ora, da quando il contingente croato è impegnato in questo paese, non ci sono state perdite tra i soldati, ma gli analisti fanno notare che, se ciò accadesse, questo influirebbe fortemente sull’atteggiamento della cittadinanza.
Žarko Puhovski, noto attivista dei diritti umani ed ex presidente del Comitato di Helsinki di Zagabria, ritiene tuttavia che non siano veritiere le affermazioni sul fatto che la Nato garantisce sicurezza alla Croazia. “La verità è che la Croazia non ha bisogno di tale sicurezza, perché il paese non è minacciato”, ha affermato Puhovski.
Il pacifista Zoran Oštrić sostiene invece che la Nato, col venir meno del Patto di Varsavia, ha perso il suo significato, e che quest’alleanza militare rappresenta uno strumento di violenza degli USA, che vogliono continuare a comandare con “la forza e il terrore”. Oštrić ritiene che la Nato, a cui ora si è unita anche la Croazia, esiste “nell’interesse degli stati più potenti, delle classi al governo e del capitale transnazionale”, e ha aggiunto che i politici croati “sono volati imprudentemente a Washington, allo sbaraglio, senza pensare alle conseguenze che questo implicherà per il paese”.
I più moderati ritengono che si sarebbe dovuto tenere un referendum per chiedere ai cittadini se fossero d’accordo con una decisione così importante come l’entrata nella Nato. Un referendum, tuttavia, non ha avuto luogo e la decisione è stata presa in Parlamento, a maggioranza semplice. Quando è stato il momento di decidere, in seduta parlamentare, tutti i rappresentanti meno uno hanno votato a favore. L’indipendente Dragutin Lesar, unico contrario, crede che si sarebbe dovuto permettere ai cittadini di esprimersi mediante referendum.
Per il premier croato, l’ingresso nella Nato è importante anche per via dei rapporti con il suo vicino settentrionale, la Slovenia, già membro dell’Alleanza Atlantica dal 2004. La Slovenia, infatti, oltre ad aver bloccato i negoziati di adesione della Croazia nell’UE, ha tentato di ostacolare anche la sua entrata nella Nato, senza però riuscirci. La Zagabria ufficiale ha così realizzato una vittoria diplomatica su Lubiana, che ora Sanader intende utilizzare per attuare il rimanente “50%” dei suoi obiettivi di politica estera.
Il ragionamento è chiaro: se il contenzioso sul confine con la Slovenia non ha avuto alcuna influenza sull’ingresso della Croazia nella Nato, allora perché dovrebbe averne sull’entrata nella UE? In altre parole, se la Slovenia è riuscita ad entrare nella Nato e nell’Unione senza prima risolvere i suoi problemi di confine con la Croazia, perché non potrebbe essere così per la Croazia, dal momento che è già membro della Nato? Sanader spera così che l’essere parte della Nato possa costituire un argomento di lobbying con gli stati membri dell’Unione Europea, al fine di ammorbidire la dura posizione slovena sui negoziati di adesione.