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Finanziamenti a secco
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Data pubblicazione: 09.07.2009 10:17

Hasankeyf (Senol Demir/flickr)
Le agenzie per l'esportazione del credito di Germania, Austria e Svizzera si ritirano dal progetto della diga Ilısu nella Turchia sud-orientale, considerato dagli oppositori come devastante per il sito di Hasankeyf. Festeggiano le ong, ma il governo turco vuole andare avanti
Germania, Austria e Svizzera lo scorso 7 luglio si sono ufficialmente ritirate dal finanziamento del controverso progetto della diga Ilısu sul fiume Tigri, nel sudest anatolico, una costruzione che si prospetta devastante per l’ecosistema, gli abitanti della zona e per il sito archeologico di Hasankeyf che andrebbe sommersa dalle acque assieme alla sua storia di oltre diecimila anni.

Un comunicato congiunto, apparso sui siti delle tre agenzie per l’esportazione del credito (ECA), la tedesca Euler Hermes Kreditversicherung, l’austriaca Kontrollbank e la svizzera Exportrisikoversicherung, spiega che i tre paesi hanno interrotto le loro garanzie contro i rischi delle esportazioni per il progetto Ilısu a causa della mancata attuazione da parte della DSI (Direzione statale delle opere idriche, ente incaricato dal governo turco di gestire il progetto della diga) delle 153 condizioni che avrebbero dovuto essere rispettate per adeguare il progetto agli standard internazionali.

Nella nota viene specificato che “l’accordo stipulato prevedeva sin dall’inizio il rispetto di rigide condizioni. L’obiettivo principale consisteva nella riduzione al minimo dell’impatto della centrale idroelettrica sugli abitanti della regione, sull’ambiente e sui beni culturali”. Ma “nonostante i notevoli miglioramenti” la presenza di lacune su punti essenziali, come ad esempio la mancanza di uno studio di fattibilità sullo spostamento delle rovine di Hasankeyf in un parco di beni culturali o l’assenza di una regolamentazione che stabilisca l’indennizzo da pagare secondo gli standard internazionali ai 60mila sfollati, sarebbe stata determinante nella decisione delle tre agenzie.

Secondo quanto riporta“Le Monde” anche l’Iraq, preoccupato per una nuova diminuzione del flusso del Tigri provocato dalla diga, avrebbe chiesto ufficialmente ai tre paesi implicati di rinunciare al progetto.

Così a mezzanotte di lunedì 6 luglio, scaduti anche gli ultimi 180 giorni di proroga concessi dai creditori alla fine dello scorso dicembre – quando era stata già avviata la sospensione del credito per la mancata attuazione delle condizioni – il progetto è rimasto definitivamente privo dei 1,2 miliardi di euro necessari per la sua realizzazione.

I movimenti ambientalisti internazionali e turchi, raccolti sotto la bandiera comune "Stop Ilisu", hanno accolto la decisione del ritiro dei crediti con entusiasmo, sottolineando che nessun contratto con un’agenzia di credito per l’esportazione era stato fino ad ora annullato “per motivi sociali, ecologici o culturali”. È grazie al loro serrato lavoro di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, e alla pressione esercitata sui tre governi finanziatori attraverso contro-rapporti informativi che il flusso di finanziamento ha subito un tale arresto.

“Il fatto che il consorzio incaricato di costruire la diga Ilısu sia stato sciolto per la seconda volta [il primo consorzio si era formato nel 1998 per sciogliersi nel 2002 nds] dimostra che questo progetto è sbagliato fin dalla partenza”, ha dichiarato Erkut Ertürk, coordinatore della campagna condotta dall’associazione turca Doğa.

“Si tratta di uno dei maggiori successi ottenuti dalle Ong in Europa negli ultimi anni”, ha commentato Ulrich Eichelmann dell’ala austriaca della campagna "Stop Ilisu" , “e costituisce una vittoria importante nel processo che porterà il progetto Ilısu a essere abbandonato”.

Il governo turco, per il momento, non pare però affatto intenzionato ad abbandonare il progetto inaugurato nel 2006. Il ministro delle Politiche ambientali e forestali, Veysel Eroğlu, commentando la decisione dei creditori ha dichiarato che “l’annullamento del contratto di finanziamento non ha alcun fondamento scientifico o tecnico. Si tratta interamente di una decisione politica. La Turchia in questo momento è una grande potenza nella sua area. È del tutto naturale che alcuni paesi si sentano disturbati da questa realtà”.

Il progetto della diga Ilısu e della relativa centrale idroelettrica, risalente al 1954, fa parte di un ambizioso progetto di sviluppo per l’Anatolia sudorientale, il GAP, che contempla un complesso di 22 dighe e 19 centrali idroelettriche sul Tigri e L’Eufrate. Se Ilısu verrà costruita diventerà la seconda diga della Turchia dal punto di vista del volume, e la quarta per la produzione energetica di circa 3.833 miliardi di kWh all’anno. Il governo insiste con tenacia che il progetto assicurerà nell’immediato 6.500 posti di lavoro, che Hasankeyf diventerà una vera meta turistica, e che la zona avrà un futuro di benessere e di sviluppo.

Il ministro Eroğlu, che recentemente aveva indicato il 30 luglio come data d’inizio dei lavori per far partire i lavori di costruzione, ha anche affermato che la Turchia non ha bisogno del credito estero per realizzare il progetto. Tuttavia, come spiegano i rappresentanti delle ONG coinvolte, sembra alquanto inverosimile che il governo possa iniziare i lavori senza finanziamenti in così breve tempo. I nuovi sviluppi produrranno per lo meno un prolungamento dei tempi, mentre la reputazione internazionale negativa del progetto e la crescente onda d’opposizione dovrebbe scoraggiare nuovi investitori e società.

In Turchia il movimento d’opposizione al progetto sta andando rafforzandosi sempre di più. Anche nomi noti come il cantante pop Tarkan, il premio Nobel Orhan Pamuk, il grande aedo della letteratura anatolica Yaşar Kemal, i celebri interpreti della musica turca Sezen Aksu e Orhan Gencebay hanno dato il loro sostegno alla campagna contro la costruzione della diga. Una nuova petizione, lanciata lo scorso maggio, chiede che Hasankeyf e la Valle del Tigri vengano dichiarati patrimonio dell’umanità Unesco.

Il ministro Eroğlu fornisce rassicurazioni anche sulla sorte di Hasankeyf, la cui superficie verrà allagata per l’ 80%: “Gli oppositori del progetto hanno inventato la menzogna che verrà sommersa dall’acqua. Ma la cittadella alta, dove sono presenti i monumenti storici e culturali, non verrà allagata. La diga Ilısu è un’occasione da non perdere per salvare Hasankeyf. Alcuni non fanno altro che tenere il suo nome in bocca, mentre noi l’abbiamo nel cuore”.

Di certo non mente un vegliardo come Yaşar Kemal che ha passato la sua vita a cantare l’amore per la sua terra e la sua gente quando dice “Credo con tutto il cuore che distruggere la natura è il delitto più grave. Non è perdonabile in alcun modo. Fino ad oggi, come ho difeso sempre l’umanità ho difeso anche la natura. Questo dobbiamo sapere, che il giorno in cui scomparirà la natura, scomparirà anche l’umanità”.