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La Bosnia offshore

02.09.2009    scrive Andrea Rossini

Caraibi (Foto janusz I, Flickr)
Un programma di investimenti diretto a rilanciare con soldi pubblici l'economia in Republika Srpska ha erogato milioni di euro a compagnie offshore. L'inchiesta del Centro per il Reportage Investigativo di Sarajevo sulla IR-Banka, nostra intervista
L'intervista è stata realizzata con il curatore dell'inchiesta, John Holland. Gli altri autori sono Eldina Pleho e Ermin Zatega. Il testo completo dell'inchiesta è disponibile online in bosniaco o in inglese

Che cos'è la Banca di Investimenti e Sviluppo (Investiciono-Razvojna Banka) della Republika Srpska?

Un istituto bancario creato tre anni fa con i soldi ricavati dalla vendita della compagnia telefonica della Republika Srpska, 667 milioni di marchi bosniaci [KM, circa 350 milioni di euro, ndr].

Con quale scopo è stata creata?

L'obiettivo dichiarato della Banca era – ed è tuttora – quello di sostenere e rilanciare l'economia nella RS, fornendo credito a piccoli imprenditori per creare lavoro e aiutando i cittadini comuni nelle loro necessità quotidiane.

Avete analizzato i crediti erogati dalla Banca in questi tre anni. Cosa avete scoperto?

Che il Primo ministro, Milorad Dodik, decide su tutti i crediti superiori ai 500.000 marchi. Ci siamo chiesti allora chi erano i beneficiari di questo tipo di finanziamenti, quelli più grandi, e abbiamo visto che si tratta quasi sempre di persone o ditte molto vicine a lui.

Può farci qualche esempio?

Suo figlio Igor, ad esempio. A 22 anni ha ricevuto tre milioni di marchi [circa un milione e mezzo di euro, ndr] per piantare alberi da frutta. Nella sua domanda di finanziamento ha dichiarato che per realizzare il frutteto avrebbe assunto tre persone.

Secondo la vostra inchiesta i soldi raccolti con la privatizzazione della telefonia verrebbero dunque mangiati dalla corruzione o finiscono all'estero. E' così?

Questo è successo in generale con il processo di privatizzazione, e ancora avviene. Consideriamo ad esempio il caso della Energolinija, una ditta parte dell'impero multinazionale del miliardario russo lituano Vladimir Romanov. Hanno acquisito un intero distretto industriale nell'area di Zvornik, quello di Birać. Da allora hanno ricevuto crediti per circa 5 milioni di dollari dalla Banca insieme ad altri 5,9 milioni direttamente dal governo della RS. Nonostante l'entità dei crediti ricevuti hanno licenziato 300 lavoratori, senza contare che non pagano le tasse...

Cioè?

Non pagano nessuna tassa alla RS. Prendono i soldi ma non restituiscono nulla. Tutti i loro profitti, e questo lo hanno ammesso pubblicamente a noi nel corso dell'indagine, vengono spediti su conti offshore così da non dover pagare tasse.

Dove vanno i soldi della Energolinija?

Da quanto siamo riusciti a vedere noi, e da quanto ci ha dichiarato il management, questa compagnia realizza profitti per decine di milioni di marchi bosniaci ogni anno, ma li trasferisce su conti offshore in luoghi che vanno da Tortuga, nelle Isole Vergini, al Belize. Non ne fanno alcun mistero, hanno ammesso pubblicamente che fanno esattamente così. La struttura che hanno creato, estremamente complessa, è finalizzata proprio a evitare di dover pagare tasse in Bosnia Erzegovina. Ed è del tutto legale.

Cosa producono?

Principalmente estraggono bauxite, uno dei componenti essenziali per l'alluminio.

Hanno fatto degli investimenti o assunto personale nell'area di Zvornik?

Quando sono arrivati e hanno cominciato a ricevere crediti avevano 1.400 dipendenti. Oggi ne hanno 1.100 quindi, come dicevo, ne hanno persi 300 senza assumere nessuno di nuovo. Hanno però speso dei soldi per aggiornare i macchinari, su questo non ci sono dubbi.

Avete preso in considerazione anche Farmaland, l'azienda agricola nei pressi di Banja Luka che secondo alcune inchieste locali ospiterebbe un'agenzia di sicurezza diretta da ex ufficiali dell'esercito e della polizia della RS. Cos'è esattamente Farmaland?

Una latteria, in Republika Srpska. Da anni ci sono illazioni rispetto al fatto che dietro questa ditta ci sarebbero forze scelte di sicurezza vicine a Dodik. Nel corso della nostra inchiesta il direttore di Farmaland ha confermato, ai nostri microfoni, che diversi appartenenti a queste forze di sicurezza vivono all'interno di Farmaland.

Anche Farmaland ha ricevuto crediti dalla Banca?

Sì, tra i 3 e i 5 milioni di marchi. Il direttore non ci ha detto cosa avrebbero fatto con questi soldi, hanno detto che era per il rinnovamento della ditta ma non c'è un piano di investimenti.

Una ditta israeliana, Ein Shemer Rubber, avrebbe invece dichiarato di aver rilevato la fabbrica di gomma Fagum, a Zvornik, promettendo di assumere 100 persone entro l'aprile del 2008 e ricevendo per questo un credito di 3,3 milioni di KM...

Sì, si tratta di un caso abbastanza strano. Una ditta locale, che produceva gomma, voleva espandersi, ma la sua domanda di credito è stata respinta. Il credito è stato invece dato a Ein Shemer Rubber. A oggi tuttavia hanno assunto solo 16 persone. Inoltre, secondo le carte del Tribunale di Bijeljina, Ein Shemer non solo non ha acquisito la Fagum ma è solamente locatrice di una parte della fabbrica.

Secondo Transparency International i governi di entrambe le entità della Bosnia Erzegovina, la Republika Srpska e la Federazione, sono tra le istituzioni più corrotte del Paese. Avete realizzato delle inchieste anche sul sistema bancario della Federazione?

Le banche della Federazione sembrano presentare problemi identici. Di fatto sono meno trasparenti di quelle della RS, e quindi è più difficile fare un'inchiesta su di loro. Ma ci stiamo lavorando. Ci vuole più tempo, perché il loro sistema è più complesso.

Qual è la vostra valutazione sullo stato della corruzione in generale nel Paese?

Ci sono problemi, è evidente. Così come è evidente che non si tratta di questioni limitate alla RS. Del resto ne abbiamo già parlato, ad esempio con la nostra inchiesta sull'ex premier federale Branković...
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