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(Furryscaly/flickr)
L'Austria ha dato più di una mano alla Slovenia nei momenti dell'indipendenza e i rapporti tra i due paesi si sono cementati ai tempi della dissoluzione della Jugoslavia. Oggi, però, le relazioni tra i due Stati sono lontane dall'essere idilliache
La recente visita del cancelliere austriaco Werner Fayemann alla Slovenia ha fatto emergere il contrasto tra Lubiana e Vienna sul Trattato di stato austriaco, sottoscritto nel 1955 da Austria e Jugoslavia e che, in particolare, tutela la minoranza slovena in Stiria e Carinzia. Lubiana si considera la legittima erede di quel documento. In Austria dicono che non è così. Intanto i ministri degli Esteri dei due paesi, Samuel Žbogar e Michael Spindelegger, hanno precisato che sulla questione “sono d’accordo di non essere d’accordo”. I rapporti tra i due paesi non tesi, ma sono oramai “cordialmente freddi”. Al centro della vicenda soprattutto la mancata posa delle tabelle bilingui in Carinzia, che avvelena le relazioni tra Lubiana e Vienna da qualche decennio.
I buoni rapporti tra Lubiana e Vienna hanno radici profonde e sono stati cementati al tempo del processo di dissoluzione della Jugoslavia. L’appoggio austriaco fu fondamentale ed incondizionato. Nel 1990 il ministro degli Esteri austriaco Alois Mock era considerato la “fatina buona” della politica estera slovena. Il capo della diplomazia di Vienna aprì, infatti, più di qualche porta al suo collega sloveno di allora, Dimitrij Rupel, che cercava di ottenere il riconoscimento della Slovenia. Probabilmente senza questo confortante inizio i rapporti tra i due paesi oggi sarebbero peggiori.
Sin dal primo incontro bilaterale, avvenuto subito dopo il riconoscimento, Lubiana pose l’accento sulla necessità di discutere degli accordi internazionali firmati “in nome della Slovenia” dalla Jugoslavia. In quel periodo la Slovenia si stava prodigando per ottenere la successione dei trattati firmati da Belgrado. Subito iniziò un rapidissimo negoziato con l’Italia, che portò già nell’estate del 1992, al riconoscimento della successione slovena ad una cinquantina di trattati firmati tra Italia e Jugoslavia. Tra di essi c’erano anche l’accordo di Osimo, che chiudeva definitivamente il contenzioso confinario, e quello di Roma, che regolava la questione dell’indennizzo agli esuli per i beni abbandonati nell’ex zona B. Qualcuno, in Italia, considerò tutta quella fretta un errore, perché dopo quel riconoscimento sarebbe stato difficile ottenere da Lubiana qualcosa per gli esuli; altri, invece, salutarono l’intesa precisando che dai rapporti bilaterali era stato tolto un notevole peso. In ogni modo negli anni successivi la vicenda dei cosiddetti “beni abbandonati” pesò sulle relazioni tra Lubiana e Roma e bloccò per un certo periodo il processo di avvicinamento della Slovenia all’Unione europea.
Con l’Austria le cose andarono diversamente. La Slovenia avrebbe voluto succedere al Trattato di stato austriaco, del 1955, che al pari degli accordi di Osimo era considerato un documento fondamentale per Lubiana. L’Austria fece subito intendere che non avrebbe dato luce verde. A quel punto la Slovenia, per non rovinare gli idilliaci rapporti con Vienna, si guardò bene dall’avanzare ufficialmente la richiesta, anche se a parole si proclamò sempre erede di quell’intesa.
Per gli sloveni quel trattato era importante. L’articolo sette, infatti, regolava la tutela della minoranza Slovena in Stiria e Carinzia. Ai membri della minoranza slovena era garantito l’uso della lingua, le scuole ed una topografia bilingue.
Proprio la questione della topografia bilingue, soprattutto in Carinzia, fa riscaldare gli animi oramai da decenni, avvelenando i rapporti tra Slovenia e Austria. Nel 1972, grazie ad una legge federale, vennero piazzate in regione le tabelle bilingui. Non passò molto tempo che la popolazione le distrusse. Nel 1976 il governo emanò un nuovo decreto che riduceva le località bilingui, ma le tabelle non vennero mai posizionate. Nel 2001 la Corte costituzionale stabilì che si sarebbero dovute sistemare oltre 300 tabelle. Ad un certo punto sembrò che ci fosse un accordo per metterne la metà, ma poi non se ne fece nulla e intanto la Corte costituzionale ed i tribunali continuarono ad emettere sentenze. Per i politici austriaci però la questione non è giuridica, bensì politica.
In tutta la vicenda non mancano nemmeno risvolti grotteschi. Nel 2006 il controverso governatore carinziano Jörg Haider pensò bene di spostare di qualche metro la tabella di Bleiburg (Pliberk); giusto lo spazio necessario per collocare l’indicazione fuori dalla zona bilingue per poter usare così solo il nome tedesco.
Va detto comunque che i politici sloveni non hanno dovuto fare i conti soltanto contro l’ostilità delle autorità carinziane, ma anche con la riottosità della loro minoranza. I rappresentanti delle organizzazioni slovene in Austria, infatti, hanno pensato bene di litigare furiosamente tra loro per questioni interne. In ogni modo in tutti questi anni i politici austriaci e sloveni non hanno mancato di spendere immani energie per risolvere la contesa senza mai venirne a capo.
Vienna, comunque, ha sempre dato una mano, o quasi, alla Slovenia sul piano internazionale, e la collaborazione economica si è dimostrata sempre più fruttuosa. Gli sloveni sono gli stranieri che comprano pro capite più prodotti austriaci, mentre gli investimenti austriaci in Slovenia sono tutt’altro che marginali. In ogni modo l'Austria è uno dei pochi paesi che tiene ancora bloccato l’afflusso dei lavoratori sloveni - e di quelli del resto dei paesi di nuova adesione - sul suo territorio.
In questi anni l’Austria non ha mancato di avanzare precise richieste alla Slovenia. Non pochi dubbi sono stati mossi sulla sicurezza della centrale nucleare di Krško. Vienna non fa mistero che preferirebbe veder chiuso quell’impianto. Un altro contrasto - che ha coinvolto marginalmente anche l’Italia - ha riguardato il possesso dei registri della razza dei cavalli lipizzani. Ben più rilievo invece ha avuto la messa in discussione dei decreti che, nell’immediato dopoguerra, nazionalizzavano le proprietà dei cittadini austriaci nell’allora Jugoslavia. L’Austria avrebbe voluto che la Slovenia non discriminasse i suoi cittadini, ma in pratica non è riuscita ad ottenere nulla. Vienna poi ha cominciato a porre anche la questione della tutela della minoranza tedesca.
Per Lubiana quest’ultima richiesta era delicatissima. La Slovenia garantisce la tutela costituzionale e collettiva a quelle che considera le sue minoranze “autoctone”, cioè a ungheresi, italiani e rom, ma è assolutamente refrattaria ad estendere questi diritti ad altri. La presenza tedesca non era stata marginale sul territorio dell’attuale Slovenia ed aveva profonde radici storiche, ma questa comunità, considerata legata al nazismo, era stata espulsa nell’immediato dopoguerra. Alla fine qualcosa è stato concesso attraverso un accordo di collaborazione culturale. Lubiana e Vienna per trovare l’intesa ci hanno messo degli anni.