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Il curioso caso di Spaska Mitrova

30.09.2009    Da Skopje, scrive Risto Karajkov

Spaska Mitrova
Turbolenze nei rapporti tra Macedonia e Bulgaria. Una giovane donna con doppia cittadinanza è stata condannata da un tribunale macedone a tre mesi di reclusione ed il caso ha assunto connotati politici. Ora si teme che Sofia possa ostacolare, come già ha fatto Atene, il percorso europeo macedone
I legami bilaterali fra la Macedonia e la Bulgaria sono andati progressivamente normalizzandosi dopo un periodo di turbolenza durato un paio di mesi, sebbene sia piuttosto ovvio che siano ai minimi storici. L’incidente nautico verificatosi sul lago di Ohrid lo scorso settembre, costato la vita a 15 turisti bulgari, è stato solo la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ha causato turbamento e amarezza, sebbene col tempo sarebbe probabilmente stato archiviato per quello che essenzialmente è stato, ovvero una grave tragedia umana.

Tuttavia un altro caso, che qualche settimana prima aveva seriamente danneggiato i rapporti tra Skopje e Sofia, potrebbe rivelarsi, a causa del suo peso in termini politici, un fardello assai più pesante nel prossimo futuro.

Alla fine dello scorso luglio una giovane donna di nome Spaska Mitrova (23 anni), di Gevgelija, nel sud della Macedonia, è stata condannata da un tribunale locale a tre mesi di reclusione per non aver consentito al suo ex marito, nonché padre della sua bambina di 2 anni, di vedere la figlia. La signora Mitrova ha denunciato di essere stata ingiustamente condannata, sostenendo di non aver mai ricevuto l’ordine riguardante i diritti di visita del padre da parte dei servizi sociali locali. Le autorità, dal loro canto, dicono che lei si è rifiutata di riceverlo. L’azione legale va avanti dal 2007, ovvero da quando la signora Mitrova non si è presentata per scontare la pena inflittale. Il 29 luglio scorso è stata infine prelevata dalla sua casa di Gevgelija e portata in carcere.

A rendere la questione complicata da un punto di vista politico è il fatto che Spaska Mitrova è una cittadina bulgara. In aggiunta alla sua cittadinanza macedone, all’inizio di quest’anno ha anche ricevuto infatti il passaporto bulgaro, avendo fatto domanda di cittadinanza quattro anni fa.

La signora Mitrova ha dichiarato che si tratta di un caso di pura discriminazione e di essere stata condannata solo in quanto cittadina bulgara.

In Bulgaria il caso ha scandalizzando l’opinione pubblica e causato reazioni da parte del governo.

Il 4 agosto, l’ambasciatore della Macedonia a Sofia, Divna Trickovska, è stata convocata dal ministero degli Esteri bulgaro, dove le è stata consegnata una nota diplomatica di protesta contenente la richiesta urgente di rilascio della giovane.

Il ministero degli Esteri bulgaro ha anche dichiarato di aver notato altri casi di cittadini bulgari in Macedonia costretti a subire pressioni amministrative o da parte della polizia sulla base della loro cittadinanza o del loro senso di appartenenza nazionale. Il comunicato rilasciato dal ministero degli Esteri bulgaro affermava che Sofia avrebbe tenuto sotto controllo il comportamento delle autorità macedoni in casi del genere, considerandolo un criterio per valutare se il paese fosse pronto o meno per l’accesso alla UE.

Il giorno seguente la Macedonia ha prontamente rifiutato la nota richiamando la Bulgaria a non lasciare che i buoni legami bilaterali vengano deteriorati da manipolazioni da parte di persone in cerca di alibi per le proprie incomprensioni familiari o azioni criminali.

Ma purtroppo non è finita qui. In una dichiarazione rilasciata al canale televisivo macedone A1 uno dei ministri del governo di Sofia, Bozidar Dimitrov, ha affermato che le autorità bulgare offriranno il loro completo sostegno ai cittadini bulgari oggetto di tali trattamenti. Ha addossato la colpa del problema al “complesso B”, così l’ha chiamato, dei macedoni, ovvero il senso di inferiorità e di timore nei confronti dei cittadini bulgari.

A metà agosto, i media macedoni hanno riportato la notizia che il presidente macedone Gjorgi Ivanov aveva discusso il caso di Spaska Mitrova con la sua controparte bulgara, Georgi Parvanov. Apparentemente il presidente Parvanov ha chiamato Ivanov, chiedendogli di contribuire al rilascio della giovane dal carcere e pare che i due capi di Stato abbiano discusso l’eventualità dell’assoluzione della signora Mitrova.

Il presidente della Macedonia ha la possibilità di concedere la grazia ai condannati, e i suoi predecessori hanno largamente usufruito di questa prerogativa. Tuttavia, la grazia presidenziale in questo caso non è appropriata, in quanto la procedura è piuttosto lunga e la sentenza della signora Mitrova è relativamente breve. L’unica opzione legale è il rilascio con la condizionale, ma questa deve essere richiesta direttamente dal recluso.

Alcuni media hanno speculato sul fatto che una simile conversazione telefonica abbia avuto luogo fra il Primo ministro bulgaro, Boyko Borisov, e il suo collega macedone, Nikola Gruevski.

Secondo i media macedoni si sarebbe trattato di un caso di manipolazione e la giovane avrebbe reso la situazione esplosiva con le sue accuse di discriminazione. Il canale televisivo A1 ha messo in rilievo che quando la signora Mitrova ha segnalato la storia per la prima volta, all’inizio di giugno, in seguito al verdetto del tribunale, non aveva accennato alla sua cittadinanza bulgara. Quando poi, un mese più tardi, è stata portata in custodia, è stata segnalata come una dei membri fondatori dell’Associazione dei Bulgari “Radko” (anch'essa fonte di controversie) e il caso ha assunto una dimensione tutta politica.

La Mitrova stessa ha affermato di essere stata discriminata per il fatto di essere bulgara; la madre ha riferito di averla sentita chiamare "puttana bulgara", e simili testimonianze sono state portate anche da altri parenti.

Secondo un’altra versione sarebbe stata la giovane stessa a essere manipolata per servire la causa bulgara in Macedonia. Questa versione si riferisce soprattutto al cambiamento delle politiche di Sofia nei confronti di Skopje in seguito all'ascesa al potere di Boyko Borisov, che sembra meno amichevole del suo predecessore.

La versione stessa della “discriminazione” sembra non essere molto credibile, per lo meno sulla base delle prove presentate finora, e non perché i tribunali o le autorità amministrative della Macedonia siano roccaforti di imparzialità e di integrità. Assolutamente no. Tuttavia, ottenere un passaporto bulgaro è stata una tendenza molto diffusa in Macedonia negli ultimi anni, grazie alla libertà di movimento che garantisce, e al momento si stima che ci siano diverse decine di migliaia di persone ad averne uno. La signora Mitrova è stata la prima a gridare alla discriminazione sulla base di questo motivo.

Sebbene la Bulgaria sia stata la prima nazione a riconoscere l’indipendenza della Macedonia come paese nel 1992, Sofia non riconosce il macedone come lingua, né riconosce l’esistenza di una nazione macedone separata. Secondo Sofia i macedoni sono bulgari che si sono “convertiti” o che hanno perso la loro coscienza nazionale originale nella Jugoslavia post-comunista. Le questioni legate all’identità sono state una fonte costante di tensione nei rapporti fra i due paesi nel periodo post-bellico, sebbene i legami bilaterali nel complesso fossero positivi.

Il tema delle minoranze rimane comunque aperto fra i due paesi, dal momento che Sofia non riconosce la minoranza macedone in Bulgaria. Il partito politico non riconosciuto dei macedoni in Bulgaria, OMO Ilinden Pirin, finora ha ottenuto quattro sentenze da Strasburgo che obbligano Sofia a concedere la registrazione legale, cosa costantemente negata secondo il partito.

Anche la Macedonia non sembra andare molto meglio sull’argomento. Infatti l’Associazione dei Bulgari in Macedonia, Radko, messa al bando subito dopo essere stata registrata nel 2000, ha vinto il suo primo caso contro Skopje a Strasburgo all’inizio di quest’anno. Il governo macedone ha deciso di non appellarsi contro il verdetto, che lo obbliga a registrare l’associazione.

Finora la Bulgaria non ha usato la sua posizione di superiorità nell’ambito internazionale, in quanto membro della UE, per stabilire delle condizioni per la Macedonia, così come ha fatto invece la Grecia, ma alcuni temono che Sofia decida presto di giocare la stessa carta.

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