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foto - F.Martino
La Romania, soffocata dalla crisi economica, rischia ora anche lo stallo politico. Il premier democratico liberale Emil Boc si trova a guidare un esecutivo di minoranza dopo le dimissioni dei ministri socialdemocratici. Sullo sfondo la lotta tra Basescu e Geoana per le presidenziali di novembre
La Romania rischia di cadere nel caos in seguito alle prolungate difficoltà economiche corroborate da una crisi politica e sociale. A meno di due mesi dalle elezioni presidenziali (previste per il prossimo 22 novembre) il paese si ritrova all'improvviso ad essere governato da un esecutivo senza maggioranza parlamentare, formato dai soli democratici liberali del premier Emil Boc.
Dopo una sofferta ma necessaria alleanza con i socialdemocratici (PSD), i democratici liberali (PDL) sono rimasti da soli a guidare il paese nella sua continua deriva, non perché abbandonati dai partner di governo, ma dopo una loro scelta politica. A separare le strade di democratici liberali e socialdemocratici sono stati opposti interessi e candidati diversi alle elezioni per la più alta carica dello stato: da una parte Mircea Geoana, presidente del senato e candidato del suo PSD, dall'altra l''attuale presidente Traian Basescu, che gode del sostegno dei democratici liberali per i quali è una sorta di leader spirituale.
Mircea Geoana, presidente del PDS, ha dichiarato che la responsabilità per l'attuale crisi politica “di grandi proporzioni” ricade su Traian Basescu “che ha nominato il suo responsabile della campagna elettorale ,Vasile Blaga, a ministro degli Interni”.
Lo scenario della crisi politica che ha portato ad un governo di minoranza è partito nelle settimane scorse dalla decisione del premier Emil Boc di destituire il ministro degli Interni (il socialdemocratico Dan Nica), perché questo ha denunciato il cosiddetto “turismo elettorale” con pullman organizzati che porterebbero i votanti alle urne, ed ha affermato che alle presidenziali di novembre potrebbero verificarsi brogli, accusando poi i democratici liberali dell'intenzione di realizzare frodi elettorali.
In replica, Boc ha rimproverato Nica dell'aumento dell'indice della criminalità nel paese e lo ha destituito. Per i socialdemocratici le motivazioni addotte dal premier sono solo un pretesto e si sono appellati al capo dello stato Basescu chiedendogli di non firmare la revoca al mandato. Basescu però il 30 settembre ha firmato, e il giorno successivo, mentre il presidente in visita a Cluj in Transilvania si esibiva nel tradizionale ballo romeno, lo “hora”, a Bucarest si scatenava uno tsunami politico, con tutti i ministri socialdemocratici che in segno di solidarietà con il ministro degli Interni si sono dimessi dall'esecutivo.
I democratici liberali hanno così guadagnato libertà d'azione con un governo monocolore, ma senza maggioranza parlamentare. I social democratici, d'altra parte, stanno approfittando politicamente del loro status di “vittime”, non tanto del premier Boc, quanto del presidente Basescu, considerato dai sui avversari politici l'artefice di tutto il male che attanaglia il paese.
Dopo aver presentato le proprie dimissioni, i ministri socialdemocratici si sono dichiarati convinti che il premier Boc e il presidente Basescu hanno intenzione di truccare le prossime elezioni presidenziali, soprattutto perché ora al timone del ministero degli Interni c'è Vasile Blaga, uomo di Basescu. I ministri democratici liberali rimasti al governo hanno assunto subito ad interim i posti vacanti, precisando però che non intendono percepire retribuzione aggiuntiva per il loro lavoro, almeno in teoria raddoppiato.
I continui scandali nell'ormai ex coalizione di governo, nonché le accuse di frode elettorale non fanno che confondere ulteriormente l'elettorato, disgustato dall'assistere da anni a lotte politiche continue e sterili litigi, mentre il paese sta scivolando nel buio della recessione economica, che viene percepita con intensità sempre maggiore dalla popolazione.
Non solo non si intravede alcuna speranza a breve termine, ma prende ormai piede l'idea che dopo le elezioni la situazione economica e sociale peggiorerà ancora di più. I sindacati hanno deciso di entrare in sciopero a tempo indeterminato il prossimo mese, mentre il governo annuncia come potrebbe verificarsi l'ipotesi che lo stato non sia più in grado di pagare stipendi e pensioni.
I dipendenti pubblici però non si lasciano intimidire e sono decisi ad andare avanti con le loro rivendicazioni. Gia lunedì scorso circa 800mila statali hanno indetto uno sciopero che ha ricordato i movimenti sociali degli anni '90. I lavoratori protestano tra l'altro contro la nuova legge sui salari, contro i futuri licenziamenti di massa, contro i 10 giorni di ferie forzate non pagate entro la fine dell'anno imposti dal governo, misure prese per fare economia di risorse finanziarie.
I sindacati hanno espresso la loro intenzione di indire uno sciopero a termine indeterminato per forzare il governo a rinunciare alle misure sugli stipendi, decise assieme al Fondo Monetario Internazionale (FMI). E potrebbero essere proprio i social democratici, ora liberi dagli impegni di governo, ad appoggiare le proteste sindacali.
Il vicepresidente del sindacato “Cartel Alfa”, Petru Dandea, ha dichiarato che i sindacati sono pronti a prolungare lo sciopero se l'esecutivo non modificherà la legge unica sugli stipendi (che prevede tra l'altro una diminuzione di reddito per medici e insegnati), e non aumenterà lo stipendio minimo da 600 a 740 lei (circa 185 euro) dal 1 gennaio del 2010.
Secondo l'analista economico Ilie Serbanescu, il Fondo Monetario Internazionale è preoccupato per la situazione in Romania e teme che il prestito erogato di oltre 20 miliardi di euro (dallo stesso FMI e dalla Commissione Europea) non potrà mai essere restituito .
Sul piano politico le conseguenze sono ancora più profonde, ritiene l'europarlamentare del PSD Adrian Severin, secondo cui “Bruxelles guarda a Bucarest con perplessità e disgusto”, alludendo all'irresponsabilità del comportamento dei politici romeni.
A Bucarest, intanto, la lotta si fa senza quartiere. I liberali, oggi all'opposizione, hanno deciso di presentare una mozione di sfiducia all'indirizzo del governo di minoranza, allo scopo di formarne uno tecnico. Un' idea che al momento, con le presidenziali in vista, non sembra interessare molto il PSD. Nonostante sia il secondo partito nel paese, secondo gli ultimi sondaggi, il PSD non riesce a convincere l'elettorato romeno con il suo candidato a presidente Mircea Geona.
Secondo un sondaggio realizzato a settembre dalla Compagna di Ricerca Sociologica Branding (CCSB), il 34% dei romeni preferisce il carismatico Traian Basescu anche per il secondo mandato, il 19% voterebbe per il liberale Crin Antonescu, stesso gradimento raccolto da Geoana. Alcuni analisti ritengono che Geoana non riuscirebbe neppure a giungere al ballottaggio. La campagna elettorale però è appena iniziata e i candidati alle presidenziali fanno di tutto per essere di più in mezzo alla gente: soprattutto quando si tratta di sagre e altre feste tradizionali di autunno.
Se Traian Basescu dovesse ottenere un secondo mandato, una mozione di sfiducia per far cadere il governo Boc resta una variante data per molto probabile dai media, salvo che lo stesso Basescu non riesca nel frattempo ad attirare parlamentari di altre formazioni politiche ed insieme all'Unione Democratica dei Magiari (UDMR) non riesca ad assicurare al paese una certa stabilità politica e parlamentare.