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In ginocchio

15.10.2009    Da Capodistria, scrive Stefano Lusa

Dutch Dennis/flickr
Un'economia fortemente interconnessa con quelle dei paesi occidentali. E la crisi che sta colpendo duro. In una Slovenia ancora alla ricerca di ricette anticrisi il governo promette sovvenzioni, ma annuncia tagli e sacrifici. Si ipotizzano le elezioni anticipate
“Le elezioni anticipate, in questo momento, sarebbero il più efficace provvedimento anticrisi”. Questo il lapidario commento del leader dell’opposizione Janez Janša. Il governo Pahor del resto non può certo vantarsi dell’efficacia dei suoi provvedimenti.

La crisi in Slovenia s’era fatta sentire con un certo ritardo, ma era chiaro a tutti che sarebbe arrivata e che avrebbe colpito duro. L’economia del paese è, infatti, fortemente connessa con quella dei maggiori paesi occidentali. Molte imprese producono per importanti multinazionali e con il calo di quelle commesse ora rischiano di trovarsi in ginocchio.

Aziende in crisi, avvio delle procedure fallimentari, licenziamenti e liquidazioni sono oramai temi che riempiono le pagine dei giornali. Così dopo quasi cinque mesi sembra essersi conclusa l’agonia della Mura. Quello che era stato uno dei giganti dell’industria tessile jugoslava sperava nell’ennesima sovvenzione statale per poter tirare avanti. In passato era sempre andato così. Questa volta, però, i soldi non sono arrivati. Della società si salverà qualche comparto, ma ci sarà lavoro solo per circa 500 dipendenti dei complessivi 3200. Una vera e propria catastrofe per l’Oltremura, una delle regioni più povere del paese e con uno dei tassi di disoccupazione più alti.

Quando il tessile tirava, un lavoro in quell’azienda era una cosa ambita e soprattutto pareva un posto sicuro. Per esso si poteva anche rinunciare a proseguire gli studi. Molte sarte erano entrate alla Mura a soli 15 anni, dopo la scuola dell’obbligo, per un periodo di formazione, dopodiché arrivava l’assunzione vera e propria. Oggi però, dopo trent’anni passati sedute di fronte ad una macchina da cucire, sono costrette a reinventarsi un lavoro.

Il governo, per ora, ha promesso una serie di sovvenzioni alla regione. Per capire quale sarà la reale ricaduta, comunque, bisognerà attendere. Per gli ex dipendenti della Mura adesso non rimane che sperare nel sussidio di disoccupazione. Frattanto la Croce rossa della regione ha rapidamente esaurito i pacchi con le scorte alimentari, che distribuisce agli indigenti; mentre la Caritas si è offerta di aiutare i licenziati a pagare le bollette.

In ogni modo il paese è in piena emergenza occupazionale. Questa settimana i disoccupati dovrebbero superare le 100.000 unità. Il governo è alle prese con la stesura della finanziaria per il prossimo anno. L’intento è quello di evitare ammanchi troppo grossi. Nel 2010 è previsto un deficit del 5%, mentre nel 2011 dovrebbe essere del 4,1% del Pil. Comunque si supereranno i criteri imposti da Maastricht.

Nonostante la crisi la maggioranza ha pensato bene di ritoccare le paghe dei giudici. Si tratta di un consistente aumento in ottemperanza ad una sentenza della corte costituzionale. Troppo dicono dalle fila dell’opposizione e minacciano persino di sottoporre la questione ad un referendum.

Per il resto si taglia. L’esecutivo avrebbe voluto congelare le pensioni e sarebbe deciso a non rispettare il contratto di categoria del pubblico impiego. L’intenzione di non adeguare le pensioni al costo della vita, però, è stata “fieramente” osteggiata dal Partito dei pensionati (Desus). Per un attimo si è addirittura temuto che ci potesse essere una crisi di governo. Alla fine però il Desus è rimasto aggrappato alle poltrone nell’esecutivo e si è accontentato di un ritocco parziale. La cosa non ha mancato di far andare in bestia qualche associazione di pensionati e probabilmente anche qualche elettore del partito.

Intanto prosegue il “dialogo” con gli statali. Il governo sta dicendo a gran voce che non è possibile più rispettare l’accordo raggiunto solo lo scorso anno. Come al solito le intese in Slovenia non valgono nemmeno la carta su cui sono state scritte. Le condizioni- si dice- sarebbero cambiate e perciò sarebbero impensabili gli aumenti previsti. Gli impiegati pubblici, si rimarca a gran voce, devono condividere le sorti del resto del paese. Il ragionamento non fa una grinza se si dimentica che proprio gli statali rinunciarono in passato ad una serie di adeguamenti salariali. Bisognava fare dei sacrifici per far entrare la Slovenia nella zona Euro ed all’epoca i sindacati di categoria avevano accettato senza discutere troppo.

Questa volta il governo è arrivato persino ad ipotizzare che gli statali lavorassero un giorno al mese gratuitamente. Il provvedimento ricorda gli “auto contributi” di jugoslava memoria, quando i lavoratori più o meno “entusiasticamente” devolvevano parte del loro stipendio per opere di pubblica utilità.

La trattativa continua, ma il governo può contare su sindacati che sono tradizionalmente compiacenti, pronti al compromesso e poco inclini ad avviare un duro confronto. In ogni modo ora hanno timidamente chiesto l’aumento della paga minima. Si vorrebbe portarla dagli attuali 431 euro netti a 600.

Non si è fatta attendere la risposta della Camera di commercio che ha subito dipinto scenari catastrofici e ha parlato di consistenti perdite di posti di lavoro. Del resto i manager sono stati costretti a “pesanti” sacrifici. L’esecutivo, infatti, non senza un certo piglio populista, ha imposto limitazioni alle retribuzioni dei dirigenti delle imprese a partecipazione statale. Ora la Slovenia è uno dei paesi europei con una delle minori differenze tra gli stipendi minimi e quelli massimi.

Intanto continua la lotta contro i cosiddetti tycoon. I cittadini hanno potuto vedere come l’ex magnate della birra Bosko Šrot e l’ex primo uomo dell’Istrabenz, Igor Bavčar venivano tradotti al commissariato per essere interrogati dagli inquirenti. Bisognerà vedere poi se contro i due verrà anche formalmente elevata qualche accusa o se si è trattato solo di un ben orchestrato spettacolo dal titolo “mal comune mezzo gaudio”.

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