A 20 anni dalla rivoluzione del dicembre 1989, non si placano le polemiche sulle verità scomode di quegli eventi. Teodoro Maries, presidente dell'Associazione 21 dicembre, ha portato avanti uno sciopero della fame di 74 giorni perché i file del "Dossier Rivoluzione" vengano resi pubblici
Lo scorso 16 ottobre, Teodor Maries, presidente dell'Associazione 21 dicembre ha posto fine ad uno sciopero della fame durato 74 giorni. Come presidente dell'Associazione e visto il suo impegno di lungo corso per rendere pubblico il “Dossier Rivoluzione”, con il suo gesto Maries ha ribadito la sua protesta nei confronti delle autorità rumene, che hanno ripetutamente rifiutato di inviargli i file raccolti in questi anni sulle verità scomode della rivoluzione del dicembre 1989. Il “Dossier Rivoluzione” contiene circa un milione di pagine, con tutte le dichiarazioni e gli ordini dati per iscritto all'interno del ministero degli Interni e delle strutture di sicurezza nei giorni della rivoluzione.
La sede dell'Associazione 21 dicembre si trova di fronte alla Corte di Giustizia rumena. Nell'ufficio di Teodor Maries sono raccolti più di 1300 volumi di documenti, e la cenere accumulata nei portacenere testimonia delle lunghe ore passate a discutere della rivoluzione con chiunque sia interessato all'argomento: qualche giornalista rumeno, molti internazionali, studenti.
Prima della rivoluzione Maries era un calciatore professionista, e non è mai stato membro del Partito Comunista Rumeno. Maries ha trascorso l'intera giornata del 21 dicembre 1989 in Piazza Universitate. Per lui, il momento più importante è stato quando ha deciso di prendere parte attiva agli eventi ed unirsi a quelli che urlavano “Abbasso Ceausescu!”. Il giorno successivo Maries penetrò nella sede Comitato Centrale insieme ad altri uomini armati, mentre Ceausescu aspettava sul tetto l'elicottero che lo avrebbe portato via da Bucarest. Il suo obiettivo, come ripete ancora oggi con passione, era quello di sparare al dittatore.
Alla fine non è stato lui a uccidere Ceausescu e a mettere fine al regime, ma Teodor Maries porta avanti da venti anni una lotta personale per rendere pubblica la verità sulla rivoluzione “per il bene delle future generazioni e per le famiglie di chi morì in quei giorni”.
Le aspettative di allora, le delusioni, ma anche vent'anni di cambiamenti.
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Quali erano le richieste che ha portato avanti col suo sciopero della fame?
Avevo diverse richieste. La prima, rivolta alla Corte Europea per i Diritti Umani è relativa al diritto delle vittime della rivoluzione ad ottenere un giusto processo rispetto alle responsabilità di quei giorni del dicembre 1989. La seconda richiesta concerne la conservazione in buono stato dei dossier, perché esiste il timore che questi vengano distrutti. Ho poi richiesto che il presidente della Repubblica faccia da mediatore tra tutte le istituzioni coinvolte nel caso, dal ministero della Giustizia alla magistratura, per arrivare all'agenzia governativa che segue il caso sottoposto alla Corte Europea. Quest'ultima ha sentenziato all'inizio del 2009 che una copia completa del dossier sulla rivoluzione deve esserle inviata dal governo rumeno, ma questo inizialmente non è successo. Grazie alla mia protesta la procedura si è sbloccata, e anche la nostra associazione ha ottenuto una copia dei file. L'ultima richiesta è che vengano riaperte le indagini, per trovare e processare i veri criminali dei giorni della rivoluzione.
La sua protesta ha portato ad altri risultati concreti?
Oltre ad assicurarci che i file non venissero distrutti, e ad ottenerne una copia, siamo anche riusciti a portate le istituzioni interessate alla vicenda intorno ad un tavolo. Per il prossimo futuro, ci sono alcuni risultati che ci interessano. Uno è la pubblicazione del report dell'Istituto per le indagini sui crimini comunisti, che dovrebbe accertare una volta per tutte il numero preciso delle vittime della rivoluzione. Altro punto importante è assicurarsi che le indagini stesse vadano avanti.
Come hanno reagito i media alla sua protesta? Lei ha denunciato una specie di ostracismo mediatico...
Sì, c'è stato proprio ostracismo mediatico. La gravità dell'atteggiamento dei media non sta nel fatto che abbiano preso un atteggiamento negativo nei miei confronti, ma che non hanno minimamente parlato della mia protesta. Questo è successo perché dietro molti media ci sono uomini di potere responsabili dei fatti della rivoluzione, che uccisero allora per prendere il potere, e che continuano ancora a manipolare l'opinione pubblica. Dopo essere riusciti ad avere una copia dei file del “Dossier Rivoluzione” ho invitato i giornalisti nel mio ufficio perché analizzassero le verità nascoste in quei documenti. Non è venuto nessuno.
Lei crede che la rivoluzione sia avvenuta in modo spontaneo, o che sia stata in qualche modo pianificata?
La rivoluzione non è stata pianificata. Ma qui devo specificare cosa è stata la rivoluzione dal mio punto di vista. Rivoluzione è stata la
rivolta di Timisoara tra il 15 e il 20 dicembre, seguita dalla prima forma di opposizione organizzata il 20 e il 21, ma anche quello che successe il 22 a Bucarest, con la fuga di Ceausescu dalla sede del Comitato Centrale. La presa di questo luogo simbolo del regime significò il crollo dell'intero sistema politico che rappresentava.
La sua definizione di rivoluzione differisce quindi da quella ufficiale...
Ci sono molte cose nascoste dietro la facciata della rivoluzione così come viene descritta in termini ufficiali. Intendo dire che la rivolta popolare contro il sistema venne dirottata da elementi opportunisti nel pomeriggio del 22 dicembre. Questo fu fatto da una corrente interna al Partito comunista stesso, guidata da futuri leader come Ion Iliescu, Silviu Brucan, Petre Roman e da militari come il generale Nicolae Militaru. Queste persone non furono i veri ispiratori della rivoluzione, ma degli opportunisti che videro nella rivolta popolare un'occasione di successo politico.
Crede che il comunismo sia continuato anche dopo la rivoluzione?
Certamente! Con la diversione del 22 dicembre sono riusciti ad ingannare la maggior parte dei rumeni, e a coinvolgere molti civili nella cosiddetta battaglia contro i terroristi, che non aveva nulla di reale, visto che non c'erano terroristi. La sera del 22 si distribuirono armi ai civili, io mi opposi strenuamente, ma la cosa andò avanti. In quel momento mi resi conto della diversione. Quando ho visto che c'era chi mangiava e beveva durante la raccolta di firme per creare un partito post-comunista (il Fronte di Salvezza Nazionale) mentre la gente si ammazzava nelle strade, ho capito che la rivoluzione veniva tradita. I creatori del Fronte dissero che non avrebbero partecipato ad elezioni, ma alla fine hanno fatto proprio questo, arrivando a controllare le istituzioni dello stato.
Cosa pensa della cosiddetta “Generazione '89”?
Per loro non è facile capire molte cose del regime, come la rete di delatori che controllava la vita quotidiana a tutti i livelli. Io farei una cosa: darei due settimane di vacanza a tutti i cittadini rumeni, farei guardare loro le immagini prese durante i giorni della rivoluzione e darei loro accesso ai file del “Dossier Rivoluzione”, perché possano chiarirsi le idee su alcune questioni importanti legate al passato recente del loro paese. Ogni generazione deve essere responsabile per le proprie scelte, e se questo non è possibile a livello istituzionale, dovrebbe esserlo almeno a quello personale.