(koprnanrob/Flickr)
In Italia i luoghi dove il governo pensa di rilanciare il nucleare sono top secret. Pena proteste e calo drastico della popolarità. Ma l'Albania arriva in soccorso offrendo la terra per le centrali. In un editoriale Fatos Lubonja si chiede perché
Fatos Lubonja,
Korrieri, 16 febbraio 2010
Traduzione per Osservatorio Balcani e Caucaso: Marjola Rukaj
Il presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, nel corso di un'intervista di alcuni giorni fa, è stato interrogato da un giornale italiano sulla possibilità della costruzione di una termocentrale nucleare in Puglia. Questo, poiché si vocifera che la Puglia sia una delle possibili regioni dove progettare una costruzione del genere. La risposta di Vendola è stata: “Per costruire una centrale nucleare, il governo dovrebbe venire in Puglia con l'esercito”. Talmente forte è la sensibilità dell'opinione pubblica italiana contro le termocentrali nucleari che il governo Berlusconi, che ha riaperto tale questione ultimamente, ha preferito non dichiarare in pubblico le possibili regioni dove pensa di costruirle, perché in vista delle prossime elezioni regionali gli procurerebbe una probabile sconfitta.
Gli italiani quindi anche quando pensano di aver bisogno del nucleare, pensano di collocarlo lontano dal proprio orto. E a questo punto viene in aiuto il “presidente della regione d'Albania”, Sali Berisha che ha ribadito la sua proposta di offrire la terra albanese per potervi costruire una centrale nucleare. Questo è avvenuto dopo che il nostro premier ha annunciato si aver in mente la costruzione di oltre 400 piccole e grandi idrocentrali sui fiumi albanesi, diverse altre termocentrali e il maggior parco eolico d'Europa, come anche una termocentrale a carbone a Durazzo. Berisha ancora un volta senza chiedere il consenso agli albanesi ha offerto la loro terra agli italiani e a chiunque altro per costruirvi ciò che questi ultimi non riescono a costruire a casa propria poiché la popolazione non lo permette.
Per comprendere perché gli italiani si permettono di usare l'Albania come la loro pattumiera, come è stato tra l'altro detto anche sulla stampa italiana, basti tener in mente l'infelice battuta di Berlusconi quando ha affermato che per il traffico delle belle ragazze albanesi, gli italiani sono disposti a chiudere un occhio. E' stata una battuta che sembra giungere in tempo per illustrare la veridicità di ciò che scriveva pochi giorni prima la stampa francese, ritenendo che l'Italia, da un paese che una volta era il laboratorio dell'avanguardia d'Europa, si sta barbarizzando, si sta trasformando in un paese provinciale, con una classe politica provinciale, con delle televisioni che sono rimaste agli anni '80, con programmi da domenica, con talk show dove la gente urla, con cosce e culi nudi, che sono stati costruiti proprio da Berlusconi (Liberation, 11 febbraio 2010).
Il problema dunque non è che Berlusconi voglia trasformare l'Albania in una pattumiera dell'Italia, ma che a volerlo sia il premier albanese. La domanda da porsi è: lo fa perché si trova in difficoltà, lo fa per ignoranza, o per qualche altro motivo? A mio avviso lo fa perché si trova in difficoltà e a causa della sua ignoranza, ma lo fa anche mosso da un sentimento di irresponsabilità nei confronti dei suoi concittadini che è una caratteristica di tutta la nostra classe politica. Si potrebbe considerarla come qualcosa di criminale senza temere di esagerare.
Ma qual è la difficoltà che lo spinge a commettere questo crimine nei confronti del suo paese e delle generazioni a venire? Il problema di Berisha, è molto semplice: continuare a stare al potere a tutti i costi. Offrendo la terra albanese a Berlusconi egli pensa di poter risolvere due seri problemi. Innanzitutto deve risolvere il problema del sostegno internazionale al suo governo, tenendo presente anche la complessa questione delle recenti contestazioni dell'opposizione. In secondo luogo, mira a risolvere un problema che è ancora più grande. Le finanze albanesi sono al verde o stanno raggiungendo il limite, perché il paese giace in una grave crisi economica.
A dire il vero la causa di tale crisi non è solo ed esclusivamente il governo Berisha. A mio avviso l'Albania sta attraversando una crisi economica che ha a che fare con l'esaurimento delle risorse principali, che hanno mantenuto in piedi l'economia albanese negli ultimi anni. Non vi è alcun dubbio ormai che l'industria dell'edilizia, che è stato il settore principale dell'economia del paese, si è fermata nel decennio 1995-2005. E questo per diversi motivi tra cui: la riduzione della domanda di abitazioni della gente, legata alla drammatica caduta della qualità della vita nelle città principali a causa dell'inurbamento selvaggio; la riduzione delle rimesse dei migranti; la riduzione degli investimenti di guadagni ottenuti dai traffici di droga e prostituzione che precedentemente alimentavano tale industria.
Le risorse di altro tipo sono esigue poiché gli investimenti sono stati incanalati in settori inadeguati, grazie alle politiche di corte vedute che sono state applicate. In tal modo, per mantenere in vita l'amministrazione e la casta attorno, che gli assicura il potere, e per evitare una caduta drammatica del benessere che porterebbe una crisi socio-politica addirittura più grave dell'attuale, a Berisha servono i soldi. Il modo più breve per assicurare questi soldi è vendere tutto ciò che può essere venduto, come si usa fare quando si va in bancarotta, dando all'asta tutti i propri averi per sanare i debiti.
A questo punto appare l'incapacità e l'ignoranza del governo Berisha. L'economia albanese ha presentato questi sintomi da quando Berisha ha preso il potere nel 2005. Un governo capace e intelligente avrebbe dovuto provvedere a gestire gli investimenti in modo da incentivare altri settori dell'economia. Ma questo non è avvenuto, e non solo per mancanza di visione, ma perché il governo non si è mai fatto carico degli interessi della popolazione, e si è sempre fatto portavoce degli interessi di una minoranza di imprese “mordi e fuggi”. E' stato questo a impedire la costruzione di politiche economiche per progettare ciò che oggi viene chiamato sviluppo sostenibile.
In breve Berisha, pensa che vendendo tutto agli stranieri possa ottenere, oltre al sostegno politico, anche la possibilità di offrire un posto di lavoro ad alcuni albanesi, per poi raccogliere il più possibile, e investire principalmente nelle infrastrutture, che verranno a sua volta concesse alla sua clientela straniera attraverso gli appalti. In queste circostanze, la clientela che fino a ieri era dell'opposizione fallirà, oppure si raccoglierà attorno a Berisha per racimolare ciò che avanzerà ai suoi fedeli. Tenendo in considerazione il sostegno internazionale, in particolar modo italiano, riguardo l'abolizione dei visti entro quest'anno – che servirebbe tra l'altro come valvola di sfogo per gli albanesi che si troverebbero in seguito senza via d'uscita in Albania – Berisha pensa di riuscire a governare perfettamente.
Questa è la mia lettura delle ultime mosse di Berisha nel suo incontro con il premier italiano Berlusconi. Bisogna inoltre aggiungere che l'opposizione, invece di effettuare una profonda analisi di questa situazione, non sottovalutando le proprie responsabilità, per poter in seguito costruire un'alternativa convincente, si impegna in una lotta completamente superficiale. A mio avviso, la causa della mancanza dell'alternativa è in sostanza la stessa che fa sì che Berisha si comporti in questo modo, vendendo gli interessi di lungo termine degli albanesi.
Rama e i suoi uomini, davanti alla perdita di ogni possibilità di ritornare al potere per salvare i propri interessi dal rischio sempre maggiore della clientela di Berisha e di Meta, si sono impegnati in un'aspra guerra di vita o di morte, per cui sono in cerca di qualsiasi tipo di alleato, senza alcuna distinzione di principi, idee od opinioni. Si spiega in tal modo il fatto che invece di vedere scaturire una forte protesta dell'opposizione in seguito all'incontro di Berisha e Berlusconi, almeno per quanto riguarda la dichiarazione deplorevole riguardo il traffico delle ragazze albanesi, l'opposizione ha continuato a occuparsi del discorso “aprire o non aprire le urne contese”. Se la sinistra albanese avesse speso almeno un decimo delle proprie energie incanalate sull'apertura delle urne, a livello internazionale, presso gli altri partiti di sinistra, sul progetto di trasformazione dell'Albania in una pattumiera e per progettare un programma alternativo per uscire dalla crisi, sono convinto che di questi progetti ora non si parlerebbe più. Ma anche in questo caso a impedire ciò è la remissività all'economia “mordi e fuggi”.
E' evidente, che l'Albania ormai trasformata in uno scheletro divorato dalle iene, non abbia altra alternativa oltre alla trasformazione in una pattumiera d'Europa, continuando ad offrire carne fresca per gli europei educati secondo il modello berlusconiano.