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mercoledì 07 settembre 2022 16:29

 

La scettica Slovenia

05.12.2002   

Durante il recente summit di Praga la NATO ha invitato sette nuovi Stati ad aderire all’Alleanza. Tra questi la Slovenia, che però deve fare i conti con un’opinione pubblica non proprio entusiasta. Un articolo di Igor Juric (IWPR) tradotto dalla CARITAS.
Vallo alpino del littorio, Slovenia (1929-43)
Da quando la Slovenia è diventata uno Stato indipendente i due obiettivi principali del Paese in politica estera sono stati: l’adesione all’UE e alla NATO. Appena un decennio dopo aver abbandonato la Jugoslavia, questa repubblica alpina, con una popolazione di appena due milioni di abitanti è sul punto di raggiungerli entrambi, ma ora molti Sloveni non sono più sicuri che sia ciò che vogliono, almeno per quanto riguarda l’adesione alla NATO.
Per la fine di quest’anno i negoziati per l’adesione all’UE dovrebbero concludersi positivamente. Nel frattempo, la Slovenia è stata ufficialmente invitata a diventare membro della NATO durante il summit di questa settimana a Praga. L’invito va in qualche modo a riparare allo sgarbo inflitto all’onore nazionale durante il summit di Madrid del 1997, quando, nonostante le grandi aspettative, non fu chiesto a Lubiana di aderire all’Alleanza. Comunque, nel migliore dei casi molti Sloveni sono perplessi circa la prospettiva di entrare a far parte della NATO. Al vertice di Madrid la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Polonia, la Romania e la Slovenia furono tutte considerate candidati attendibili per l’adesione. In quell’occasione però, i leaders della NATO decisero di limitare il primo giro di allargamento post-guerra fredda solo ai primi tre paesi. La sensazione di aver subito un tradimento in Slovenia fu enorme. Le responsabilità erano attribuibili in parte ai politici e ai media, che avevano creato nell’opinione pubblica grandi aspettative nel periodo precedente il vertice. In seguito alcuni politici sloveni affermarono che la decisione era stato il frutto di una presa di posizione politica, risultato di un’interferenza americana.

L’eredità più duratura del fallimento sloveno nell’adesione del 1997 è lo scetticismo pubblico. Prima del summit di Madrid il 62,4% degli Sloveni sosteneva l’adesione alla NATO. La percentuale precipitò al 57% immediatamente dopo quello che fu percepito da tutti come un’esclusione, e da quel dato fino al 50% nei mesi successivi, dove è rimasta per parecchi anni. Quest’anno il sostegno all’adesione alla NATO è precipitato ancora più in basso, fino a raggiungere una percentuale che per la prima volta vede il numero degli Sloveni contrari all’adesione superare quello di coloro che sono favorevoli. Secondo i sondaggi di settembre appena il 38,6% dell’elettorato sloveno era a favore, mentre il 39,4% contrario. Da settembre i sondaggi hanno cambiato tendenza, così che se oggi gli Sloveni dovessero votare per un referendum relativo all’adesione, cosa che potrebbe avvenire o meno, la maggioranza sarebbe favorevole. Infatti, gli esperti di sondaggi hanno registrato in ottobre un notevole aumento del sostegno in favore dell’adesione alla NATO, dato che attribuiscono all’aumentato interesse sulla questione da parte della popolazione, legato alla recente campagna elettorale presidenziale. Entrambi i candidati che sono giunti al secondo turno delle elezioni, che si terranno il 1 dicembre – l’attuale Primo Ministro Janez Drnovsek ed il Procuratore capo Barbara Brezigar – sostengono l’ingresso del paese nella NATO. A questo si deve aggiungere che tutti i partiti parlamentare, con l’eccezione del piccolo partito nazionalista sloveno, sono sulla stessa posizione e lo hanno dimostrato approvando una serie di risoluzioni e dichiarazioni in tal senso.
In ogni caso , dal momento che e’ molto probabile che il Parlamento approvi l’ingresso nella NATO, i gruppi ostili all’Alleanza stanno avanzando la richiesta di un referendum che possa permettere ai cittadini di decidere se entrare o meno nella NATO. Mentre molti deputati si dicono contrari all’idea, la pressione dell’opinione pubblica potrebbe portare ad una consultazione sulla questione entro primavera. Se questo dovesse succedere il risultato e’ difficile da prevedere, dal momento che gli Sloveni non guardano più all’Alleanza come qualcosa di fondamentale per la loro sicurezza. I sostenitori temono che un rifiuto all’invito di adesione avrebbe per la Slovenia gravi conseguenze negative sul piano della credibilità internazionale del Paese. Nel cammino d’avvicinamento al summit di Praga alcuni quotidiani internazionali hanno avanzato l’ipotesi che la Slovenia non sarebbe stata invitata ad unirsi all’Alleanza, proprio a causa della mancanza di entusiasmo dell’opinione pubblica locale. In verità i membri della NATO sono stati piuttosto critici nei confronti delle autorità slovene, accusandoli di aver fallito nel compito di spiegare alla popolazione il vero significato dell’adesione, sia per quanto riguarda i benefici che gli obblighi. Una delle cause di tutto ciò e’ stata l’assenza di un dibattito costruttivo sulla NATO. Infatti i sondaggi suggeriscono che il pubblico sloveno ritiene di non conoscere abbastanza l’Alleanza e le sue attività, al contrario dell’UE, che invece ha organizzato in Slovenia una capillare campagna informative per preparare il Paese all’allargamento. La maggior parte degli Sloveni e’ consapevole del ruolo critico giocato dalla NATO in tutta la ex-Jugoslavia, con le sue campagne aeree e le sue missioni di peace-keeping. Mentre molti sono critici circa il tempo che e’ stato necessario attendere prima che l’Alleanza si impegnasse pienamente nell’area; altri le rimproverano le vittime tra i civili, le infrastrutture danneggiate e la generale distruzione causata dagli attacchi.
Un altro punto del contenzioso riguarda il costo dell’adesione. L’Alleanza si aspetta che i paesi candidati spendano il 2% del proprio PIL per la difesa, cifra decisamente più alta dell’1,5% attualmente speso. Mentre gli argomenti economici riguardanti l’ingresso nella NATO sono complessi, Lubiana sta pianificando di aumentare le spese relative alla difesa del 2% entro il 2008, ed utilizzare queste nuove risorse per finanziare una serie di riforme. Sebbene la fine del servizio militare di leva attiri la maggior parte degli Sloveni, e che i sostenitori della NATO argomentino che l’adesione porterà notevoli benefici economici, gli scettici credono che qualsiasi spesa addizionale per la difesa e’ sprecata dal momento che la sicurezza della Slovenia non e’ sottoposta ad alcuna minaccia ed e’ probabile che non lo sarà nel prossimo futuro. Essi ritengono, pertanto, che le scarse risorse sarebbero meglio invesitite nel miglioramento della sanità e dei servizi pubblici.

Un altro elemento che indica la contrarietà all’adesione e’ l’atteggiamento verso gli Stati Uniti ed in particolare verso l’amministrazione Bush. A molti Sloveni non piace quello che essi considerano un crescente unilateralismo da parte dell’America ed il doppio sistema di pesi e misure che Washington sembra voler applicare per questioni importanti come ad esempio la Corte Penale Internazionale e l’implementazione del Trattato di Kyoto sui mutamenti climatici. Molti NATO-scettici ritengono che la neutralità sia un’alternativa realistica per la Slovenia e vogliono che il loro Paese segua la strada dell’Austria e della Svizzera. Altri credono che la Slovenia debba cercare la propria sicurezza all’interno del quadro della comune politica estera e di difesa dell’Unione Europea. Questo nonostante il fatto che al momento solo la NATO offra la garanzia di una difesa collettiva, in pratica che l’attacco ad uno Stato e’ visto come un attacco a tutti.
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Fonti: IWPR | Caritas Italiana |