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mercoledì 07 settembre 2022 15:14

 

I centri collettivi in Bosnia

27.12.2002    scrive Dario Terzić

Seconda parte dell'inchiesta avviata sulla situazione dei rifugiati nei centri collettivi della FBiH.
Dopo un primo articolo di inquadramento generale sulla tematica, continuiamo con un aggiornamento sulla situazione dei centri collettivi nei cantoni Herzegovina-Neretva, Tuzla, Sarajevo.
Nel resto del cantone Herzegovina-Neretva la situazione non è differente da Tasovcici e Klepci. Nei presi della città di Mostar ci sono sei centri collettivi(Salakovac, Sutina, Sjeverni logor, Juzni logor, Konak e Fabrika duhana) con circa cento famiglie. A Jablanica, 49 chilometri a nord di Mostar, sono sistemate altre 400 persone. In tutti questi centri ci sono profughi bosniaci, tranne a Salakovac dove ci sono rifugiati provenienti dal Kossovo e dal Sangiaccato, arrivati durante la guerra in Kossovo. I responsabili del Ministero cantonale per i profughi dichiarano che è la Croce Rossa, insieme ad altre due organizzazioni umanitarie, ad aiutare la gente dei centri, ma che l'aiuto diminuisce sempre più. La gente in ogni caso è costretta a restare lì, perchè le loro case non sono ancora ricostruite e non hanno quindi un posto dove tornare.
Nella zona di Tuzla ci sono cinque centri collettivi dove hanno trovato un 'tetto temporaneo' 2.025 persone. 440 famiglie (1.150 persone) sono nel centro collettivo Mihatovici, mentre altri piccoli gruppi sono nei rimanenti quattro centri. Le condizioni di vita non sono facili e si vive nel rischio costante di malattie infettive: la spazzatura non viene portata via per mesi, ci sono problemi con il pagamento dell'acqua potabile e così via. La gente che abita qui continua a sopravvivere con l'aiuto di familiari che vivono all'estero e con i 15 marchi convertibili che il Ministero paga per le spese della luce. L'assistenza medica e l'assicurazione per i profughi non sono ancora stati regolati a livello statale, ma almeno qui nel cantone di Tuzla tutti i profughi hanno diritto a quell'aiuto.
Ultimamente sono pochi gli organismi stranieri rimasti a prendersi cura dei rifugiati che vivono nei centri collettivi. Tra questi c'è anche l'Alto Commissariato arabo che si prende cura di 160 persone del centro Duje nei pressi di Doboj, dove risiedono musulmani che durante la guerra erano in Macedonia e Turchia e che ancora non riescono tornare a casa loro.
Nel cantone di Sarajevo ci sono i centri collettivi di Hrasnica, Ilidza, Buca potok, Gladio pole e Stup. Il centro di Hrasnica accoglie 53 famiglie, ossia 132 persone, mentre altri centri ne accolgono un numero minore. Il Ministero cantonale cerca di sostenere questi centri quanto possibile, ma data la situazione economica nel Paese riesce a soddisfare solo una piccola parte dei bisogni elementari.
A conclusione di questa seconda parte dell'inchiesta, è importante sottolineare la difficoltà del tentare di ricostruire una mappa completa della situazione in tutta la Federazione, dato che ogni ministero cantonale lavora per proprio conto e non esiste una istituzione che raccolga le informazioni di tutto il territorio federale. Con questi articoli abbiamo cercato di presentare un piccolo quadro. Anche a partire da queste scarne informazioni, tuttavia, si comprende che la situazione non è facile. Se si potessero aggiungere anche i dati mancanti si potrebbe avere l'immagine di una vera catastrofe. E' così, oggi, la vita bosniaca.

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