Mondo politico e società civile albanese compatti nel definire la propria adesione alla crociata USA. E Fatos Nano, Primo ministro, accusa Schroeder e Chirac di avere la memoria corta …
Soldati americani durante la Seconda guerra mondiale
“L’Europa, senza l’intervento decisivo degli Stati Uniti e della coalizione alleata durante la Seconda Guerra Mondiale, sarebbe rimasta vittima della dittatura nazista di Hitler per diverse generazioni. Nel cinquantennio che seguì il conflitto, all’ombra della protezione statunitense, seppe risorgere e prosperare, si confrontò con la minaccia costituita dal blocco comunista e ne uscì vittoriosa. Qualcuno lo dimentica, ci sono paesi che lo dimenticano ma ce ne sono altri, che possiedono una memoria storica più duratura e che hanno ancora vivo il ricordo del rovesciamento della dittatura di Milosevic operata dalla coalizione guidata dagli USA. Noi albanesi non dimentichiamo e questa è la ragione per cui sosteniamo gli Stati Uniti nei loro sforzi bellici per liberare l’Iraq da Saddam Hussein e dalle sue armi di distruzione di massa.”
Queste parole, pronunciate da Fatos Nano e pubblicate sul 'Boston Globe' del 9.02.03, rappresentano la presa di posizione più netta del premier albanese nei confronti della crisi irachena. Un primo commento a queste dichiarazioni è comparso su 'Korrieri' del 12.02.03 con il titolo ”Il buon soldato Nano”. L’articolo afferma che non era necessario che Nano ricordasse a Chirac e a Schroeder chi venne a liberare il loro paese dal nazismo, schierandosi in questo modo su posizioni vicine a quelle assunte negli Stati Uniti da una parte del mondo cattolico, dalla destra più estrema e dalle lobby militari. Secondo 'Korrieri' le ragioni di tale atteggiamento da parte del premier sono molteplici. La prima è rappresentata dal comune sentimento filoamericano che domina in Albania e che si è rafforzato ulteriormente dopo l’intervento militare USA in Kosovo. La seconda va messa in relazione con l’accondiscendenza che caratterizza la politica albanese verso gli Stati Uniti e la conseguente tendenza a soddisfarne ogni richiesta: si ricorda a riguardo l’offerta fatta dall’allora presidente Sali Berisha alle forze armate americane di sorvolare liberamente gli spazi aerei albanesi per favorirne le operazioni militari in Bosnia. La terza ragione deriva da un complesso che colpisce molti politici albanesi convincendoli del fatto che se essi asseconderanno le richieste americane la loro carriera politica ne trarrà immediato beneficio. L’ultima ragione, infine, per 'Korrieri' è costituita dalla speranza di ottenere l’appoggio determinante degli Stati Uniti per l’ingresso dell’Albania nella NATO e nella UE e di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale dalla corruzione interna e dalla forza della criminalità organizzata.
'Koha Jone' del 16.02.03, nell’articolo intitolato “La guerra si allontana e Nano si rattrista”, scrive che la soluzione pacifica della crisi irachena priverebbe il premier albanese di quella 'dimensione americana' ottenuta con il suo forte appoggio all’intervento militare USA e mai avuta prima d’ora. Nano spera in questo modo di rafforzare lo status-quo della situazione politica albanese garantendo al governo filoamericano di Tirana, grazie alle protezioni internazionali, una maggiore stabilità interna. A ciò si aggiunge il fatto che in assenza di tale conflitto l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale, Stati Uniti inclusi, non verrebbe più distolta dai problemi di corruzione, malgoverno e criminalità organizzata che affliggono l’Albania.'Gazeta Shqiptare', nell’articolo “La crisi irachena divide i Balcani” del 16.02.03, analizza il problema dell’Iraq in un contesto balcanico: l’atteggiamento di alcuni stati, fortemente favorevole all’intervento militare degli USA, avrebbe causato una divisione interna alla regione, con la Serbia attestata su posizioni antiamericane. Belgrado ha disapprovato la dichiarazione congiunta di Croazia, Macedonia e Albania al summit di Tirana del 12 febbraio, nella quale si sottolineava la necessità di disarmare l’Iraq 'con qualsiasi mezzo'.
Secondo l’articolo, la crisi irachena avrebbe danneggiato le relazioni tra i paesi balcanici e la Serbia spingendo quest’ultima a enfatizzare i problemi interni relativi alla popolazione albanese della Valle di Preshevo. Belgrado starebbe inoltre cercando a sua volta di favorire un’accelerazione delle procedure di ammissione alla UE mostrando una posizione più in sintonia con quella europea rispetto alla crisi irachena.
Il giornale 'Albania' scrive il 16.02.03 che nel paese, a differenza di quanto accade in altri stati europei e dei Balcani stessi, l’appoggio alla politica americana non viene solo dal governo ma anche dall’opinione pubblica e dai mezzi di informazione. Sulla stampa non si trova un solo articolo critico nei riguardi della guerra, per le vie della capitale non vi è alcuna manifestazione di protesta contro la politica bellica americana. L’unica preoccupazione dei media è legata al fatto che l’appoggio albanese all’intervento americano in Iraq non sia frutto di un dibattito pubblico sui temi della lotta al terrorismo, dei valori della libertà o della democrazia ma dipenda da altri fattori, come la riconoscenza per l’intervento in Kosovo, i legami con la diaspora albanese in America e l’antipatia verso un dittatore come Saddam Hussein.