Romania, nell’incubo del trafficking
09.04.2003
L’IWPR, coadiuvato da ONG e media locali, ha in questi mesi iniziato una serie di inchieste sul trafficking in tutta l’area balcanica. Traduciamo una loro inchiesta sul commercio di persone nei quartieri della capitale Bucarest.
“Posso essere sicura che non mi riporterete indietro da loro?” sussurra Diana dal sedile posteriore dell’auto. “Sono spaventata”.
La figura tremante, raggomitolata in una coperta per difenderla dalla fredda notte di Bucarest, era, solo pochi minuti prima, una delle troppe ragazze in commercio nel mercato di persone umane rumeno. Le sue parole uscivano stentate, ancora condizionate dalla paura. “Mi picchiavano. Mi hanno colpita con un coltello. Vuoi vedere la ferita? Sono affamata. Ti piaccio? Vuoi fare sesso con me? Posso tenermi i tuoi bambini poi?”
“Sarò una buona moglie. Vuoi sposarmi? Lo sai, mi hanno lasciata senza cibo. Vuoi che mi tolga la camicia? Devo mangiare qualcosa! Promettimi che avrò sempre qualcosa da mangiare. Voglio anche fumare. E non dimenticarti di comperarmi della cioccolata”.
Diana, il cui vero nome è diverso, ci è costata 400 dollari messi a disposizione dal quotidiano rumeno Evenimentul Zilei. La abbiamo appena comperata per condurre un’inchiesta realizzata grazie ad una collaborazione tra IWPR ed il Centro rumeno per il giornalismo investigativo, RCIJ. Pochi giorni prima aveva trascorso l’ultimo giorno dell’anno incatenata ed al gelo in una gabbia per cani.
Adesso veniva portata verso un rifugio per vittime del trafficking. Stentava a crederlo, da una vita caratterizzata dal terrore stava per passare ad un pasto caldo, un letto pulito, un lungo bagno ed un po’ di solidarietà. In più una possibilità per una vita diversa.
Strappare in modo così drammatico Diana da un mondo all’altro è stato il culmine di una lunga indagine nel modo della prostituzione forzata e del trafficking in Romania. Spinte in molti casi da bisogni economici, giovani donne, come Diana, sono costrette a vite da incubo, tormentate e torturate ed a volte vendute e spedite in Paesi dei quali non conoscono la lingua e dove non possono trovare alcun aiuto. Solo l’enormità del crimine ha spinto noi giornalisti a “superare la linea”, salvare una di loro e, facendo questo, procurare evidenze di prima mano su questo brutale commercio.
Diana è inoltre ritardata mentalmente. Non è in grado né di leggere né di scrivere e soffre di quello che è denominato come “la sindrome dei bambini di strada”: non è capace di smettere di mangiare. Prima di essere portata nel rifugio per vittime del trafficking ha mangiato tre Big Mac, due barre di cioccolato, tre bicchieri di aranciata, ed ha chiesto poi altro cibo. Un po’ di giorni dopo la sua fuga dall’inferno alcune ferite, almeno quelle esteriori, stavano rimarginandosi.
In incognita
Agli inizi dello scorso dicembre, insieme ad un gruppo di giornalisti, ci siamo equipaggiati con una telecamera nascosta e ci siamo immersi nel mondo nascosto dei trafficanti.
L’idea era quella di investigare, tra le altre cose, il mondo della polizia corrotta e complice di qeull’enorme traffico. Mentre contemporaneamente tutto veniva coperto da operazioni dal nome altisonante che in modo “inefficiente” cercavano di stroncare il business del trafficking, che ciononostante continuava ad essere fervido in Romania. Nonostante le numerose leggi per limitarla la prostituzione sta attraversando un vero e proprio boom a Bucarest. Quotidiani, siti internet, guide sulla vita notturna e molti dei 10.000 tassisti in città spingono verso i luoghi dove può essere comperato “l’amore a pagamento”.
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Obiettivo dell’inchiesta era quello di promuovere un dibattito pubblico sulla questione concentrandosi in particolare sulle sofferenze causate da questo crimine, sul punto di vista delle vittime. … Un giornalista ha interpretato il ruolo di straniero intenzionato ad acquistare una ragazza. Lo stratagemma dello “straniero” ha facilitato il contatto con il mondo dei magnaccia, dei trafficanti e degli intermediari. Lo straniero aveva bisogno di un interprete ed ho assunto io quest’identità.
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La ricerca
Il nostro primo incontro è stato con un autista di taxi. “Ciao amico” ho iniziato io “il mio amico è straniero e vorrebbe divertirsi con qualche ragazza questa notte. Ci puoi aiutare?”.
“Sicuramente. Saltate dentro. Conosco una ragazza che vi piacerà molto” ha riposte il tassista. “Non è una di quelle che lavorano sulla strada. No, è un’amica. Vive in un appartamento, vicino allo stadio. Sceglie i suoi clienti. E’ pulita e giovane e vuole massimo 25 dollari all’ora. Puoi dire al tuo amico che se non ti piace questa ragazza possiamo andare a cercarne delle altre”.
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Dopo aver visitato alcuni altri posti dove si potevano trovare delle prostitute abbiamo pensato di essere andati anche troppo in giro per quella notte. Ma non avevamo scoperto nulla di nuovo. Sui nostri video tape Bucarest non era altro che una versione illegale del distretto a luci rosse di Amsterdam. Abbiamo cercato di trovare autisti di taxi disposti a portarci dove si prostituivano ragazze minorenni, ma nessuno ha accettato la proposta.
Nei giorni successivi abbiamo vissuto esperienze simili con i portieri dei più costosi alberghi di Bucarest. Offrivano tutti prostitute. Ed un prezzo scontato per la stanza d’albergo se si sceglievano le ragazze che proponevano. Le ragazze se ne stavano o nelle lobby degli hotel e nei bar degli stessi o a distanza di una chiamata. I portinai chiarivano inoltre che non vi era problema se si portavano in stanza altre ragazze ma solo che in questo modo non si avrebbe goduto dello sconto sulla stanza.
I trafficanti
La macchina della polizia era proprio di fronte a noi. Per un momento abbiamo pensato di essere stati proprio sfortunati. Sapevamo che il quartiere denominato Matasari, nei pressi del centro di Bucarest, sarebbe stato pieno di prostitute il venerdì sera. Ed ora la macchina con la targa dell’ottavo distretto di polizia di Bucarest era esattamente di fronte a noi. Con nostra grande sorpresa però il gruppo di magnaccia alla vista degli agenti di polizia, a soli 15 metri di distanza, non si muoveva.
La nostra curiosità cresceva ed abbiamo fermato la macchina quando abbiamo visto che qualcuno usciva dalla macchina della polizia e si riuniva al gruppo di magnaccia. Dopo qualche minuto lo stesso uomo sceso dalla macchina della polizia si era avvicinato e ci ha chiesto se desideravamo una prostituta.
“Ciao. Vorresti provarne una?” ha chiesto “Costa poco e sarai soddisfatto. Non ti preoccupare della polizia. Sono miei amici”
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Ce ne siamo andati rapidamente. Era abbastanza per quella sera. Avevamo visto che il quartiere Matasari era il posto giusto per indagare nel commercio di persone umane e siamo poir itornati qualche giorno dopo. Abbiamo solo cercato di evitare le stesse strade dove le prostitute ci avevano agganciato la volta precedente e di evitare il viale principale.
Il nostro piano si è poi rivelato ben congegnato. Abbiamo infatti notato un uomo di statura minuta e con la barba, intento a fumare di fronte a quella che, prima della seconda guerra mondiale, in questo quartiere denominato come la “Piccola Parigi”, doveva essere una bellissima casa. Ora la casa non era che un ricordo dei tempi trascorsi e l’uomo che ci sedeva di fronte, sulla trentina, non si interessava ad architettura e storia.
Il nano
“Avete ragazze?”, chiesi io. “Si, sicuro. E voi chi siete?”, rispose l’uomo. “Può sembrare insolito. Sono qui con questo straniero che è interessato a portarsi una ragazza a casa per le vacanze. Sai, Natale, Capodanno. Che ne dici?”, buttai lì.
“Quindi la vuole per un paio di mesi? Okay. Bene. Chiamatemi il Nano. Gli amici mi chiamano così. Faremo buoni affari. Venite dentro. Posso avere qualcosa di buono per voi”, disse l’uomo, indicando un corridoio molto stretto.
Lo seguimmo in una stanza piccola e buia. Nessuna porta, solo una tenda a separarla da altri locali. Ci disse di aspettare e poco dopo il Nano riapparve con una ragazza bionda in minigonna.
“Chiedigli se le piace. Non ha nessuna ferita, nessuna piaga. Dì al tuo amico di toccarle i seni e di vedere che sono sodi” disse sculacciandola sul sedere. La bionda non diceva una parola anche se un sorriso molto amaro le attraversò il viso per un breve momento. Pensai che la povera donna era stata umiliata abbastanza e dissi al Nano che potevamo uscire per discutere l’affare. Lasciò la ragazza ritornare nell’altra stanza.
Intanto un autista di taxi, che aveva parcheggiato la sua auto di fronte alla casa, entrò e seguì la ragazza. Era la per quel che il Nano descriveva come una ‘sveltina’.
“Sai cosa? Il tuo amico può anche provarla. Ti dico che è brava”, continuò il Nano descrivendo a gesti cos’era capace di fare.
Avevamo sentito e visto abbastanza. Dicemmo al Nano che saremmo ritornati con i soldi.
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“Ei, io e mia moglie abbiamo deciso una cosa. Vi venderemo la ragazza. Per trecento dollari. Pagate quei soldi e poi fate quello che volete con lei” disse guardandomi diritto negli occhi.
“Mah”, esitai. “Lascia che parli con il mio amico. Potremmo anche essere interessati”. Chiesi in merito all’età della ragazza, di dove fosse e se avesse documenti di identità. “Cosa facciamo se la polizia ci chiede di lei? Come ci prendiamo cura di lei? Devi dircelo”, dissi. “Siamo dei principianti e potremmo imparare molto da te”. Sentendosi orgoglioso di poterci insegnare qualcosa il “Nano” iniziò a parlare.
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“Se qualcuno vi chiede dell’età della ragazza dite che ha 18 anni e che non ha documenti perché glieli hanno rubati. Datele da mangiare, tenetela nel vostro appartamento e non lasciatela andare in giro non accompagnata. Non avrete problemi. Io non ho avuto problemi e non ne avrete nemmeno voi” insistette il trafficante.
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“Non fatemi aspettare troppo”, disse. “Non la offrirò le prossime due ore ai clienti. Questo significa che rischio di perdere soldi se non tornate indietro”. Partimmo ed uscimmo dal quartiere Matasari. Non avevamo intenzione di ritornare indietro.
Era ancora dicembre e spendemmo i giorni successivi ad investigare in altre zone di Bucarest. Parlammo con altri magnaccia e quasi tutti avevano ragazze da vendere.
Un trafficante incontrato nella stazione dei treni principali di Bucarest voleva venderci una ragazza per 1000 dollari ed indicava il prezzo segnando la cifra con il piede sulla neve che copriva la strada.
Ritorno a Matasari
Dopo Capodanno il passo successivo nella nostra inchiesta sarebbe stato concludere la compravendita.
Nessun reporter professionale sarebbe normalmente disposto a superare i limiti della legalità ed a mettere a disposizione denaro che finisce poi nelle tasche dei trafficanti. Ma per andare al cuore di questa storia di trafficking e per procurarsi testimonianze che potessero dimostrare l’enormità di questo commercio di esseri umani, dovemmo ritornare a Matasari.
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La fase finale poté avere inizio quando Iana Matei, direttrice dell’associazione (n.d.t che accoglie ragazze vittime del trafficking), confermò che era pronta ad accogliere la ragazza che saremmo stati eventualmente in grado di salvare.
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Qualche giorno dopo eravamo nuovamente nel quartiere Matasari, nell’area controllata dal Nano. Questa volta però avevamo con noi due guardie del corpo per proteggerci.
Bussai alla porta ma nessuno rispose. Il Nano non era in casa. Lo trovammo non troppo lontano, all’angolo della strada, assieme ad altri magnaccia e prostitute.
“Ciao Nano, com’è? Sali in macchina”, gli dissi. Con un sorriso distaccato il Nano saltò in macchina. Quelli che stavano parlando con lui lo guardarono con invidia mentre si allontanava. …
“Vi ho aspettati due settimane fa. Avevate detto sareste venuti ed invece non lo avete fatto. Cosa è successo? Ho perso soldi quella sera”, disse il trafficante con un’espressione molto seria.
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Insistetti sul fatto che lo straniero aveva i soldi con sé e che desiderava comperare una ragazza quella stessa sera. Il Nano accordò di accompagnarci in alcuni posti dove si sarebbe potuto acquistare una ragazza.
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Entrammo in una casa ed una scena quasi surreale si presentò davanti ai nostri occhi. Il Nano mi presentò Bila, uno spacciatore ed un trafficante di esseri umani. Bila era sdraiato su di un divano con una siringa ancora infilata nel braccio sinistro. Era così “high” che faceva fatica a stringerci la mano, disse che non sapeva nulla della ragazza che stavamo cercando.
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“Andremo da Buric, lui ha sicuramente una ragazza in vendita”.
Troviamo Diana
Qualche minuto dopo incontrammo Diana nella casa di Buric. Era in vendita.
“La concorrenza è così grande attualmente. Stanno portando ragazze molto belle dall’Ucraina e sto perdendo tutto il mio giro di affari”, si lamentava la moglie di Buric con il Nano. “Nessuno vuole più le mie ragazze. Preferiscono pagare qualcosa in più ed andare con quelle dalle gambe lunghe. Stiamo attraversando periodi bui”.
Parlava molto apertamente. Poi il Nano le spiegò che ero un buon amico e che lui voleva comperare una ragazza. “OK Nano, la vuoi o no?” chiese la donna spingendo Diana dove la luce era più forte. Sembrava avesse 16 anni ma la donna affermò che ne aveva 19. “Non è ammalata. L’unica cosa è che mangia troppo. Chiede sempre cibo”, aggiunse la moglie di Buric.
Ritornammo alla macchina, consegnammo parte dei soldi al Nano e lui pagò per Diana. All’aperto era meno cinque e la ragazza aveva addosso solo una gonna leggera, tacchi alti e senza calzini.
“Per favore datele una giacca o qualcosa di simile. E’ troppo freddo fuori per lei”, dissi alla donna intenta a contare i soldi dopo aver passato il bambino che teneva in braccio al Nano.
“Non abbiamo altri vestiti per lei. Non vedi che siamo poveri? Non morirà, è abituata al freddo” rispose la donna senza nemmeno degnarmi di uno sguardo. Contenta dei soldi ricevuti ci offriva anche altre ragazze.
Tenemmo Diana per mano uscendo perché la stradina era coperta da un lastra di ghiaccio e Diana scivolava con i suoi tacchi alti. Era confusa e continuava a chiederci cosa avremmo fatto di lei. Il Nano la rassicurò che tutto sarebbe andato bene e che le sue stelle “erano appena cambiate”.
Lasciammo il trafficante di fronte alla stazione dei treni non prima che quest’ultimo avesse contato i suoi soldi davanti alla nostra telecamera nascosta. Con i soldi in mano sembrava più rilassato.
“Wow. Un buon affare. Avevo così paura di essere arrestato. Datemi il vostro numero di telefono che vi chiamo non appena avrò un’altra ragazza in vendita”, disse. Rifiutammo l’offerta e ce ne andammo.
Datemi un rifugio
In macchina Diana iniziò a conversare. “Siete sicuri che non mi restituirete a Buric? Chi mi sposerà? Buric e la moglie mi pestavano”, diceva. “Mi ha ferito con un coltello. Mi ha tenuta in una gabbia per cani il primo dell’anno. Mi obbligarono ad entrarci nuda e faceva così freddo. Perché ha girato da questa? Stiamo ritornando da Buric. Sono spaventata. Per favore, non restituitemi”.
Diana continuò ad esprimere le sue paure durante tutta l’ora di viaggio che la separava dal suo rifugio a Potesti. Era così confusa che non poteva credere che era sulla strada verso un riparo dove si sarebbero presi cura di lei. Seduta sul sedile posteriore offriva la cosa che era obbligata a concedere continuamente quando era nelle mani dei trafficanti: sesso.
Non poteva credere ai suoi occhi quando ci fermammo ad un distributore e comperammo della cioccolata, bevande e sigarette. Non fumava nemmeno ma voleva vedere se le avremmo comperato tutto quello che aveva chiesto.
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Infine incontrammo Iana Matei. Era più tardi di mezzanotte. Lasciò Diana terminare il suo Big Mac e le patatine prima di presentarsi. Poi tutti assieme ci dirigemmo verso l’appartamento protetto dell’associazione.
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Una volta arrivati Diana iniziò a raccontarci la sua storia
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“Molte persone le hanno mentito e non hanno mantenuto le promesse. Ma le credo in merito alle cose fattele dai magnaccia. Le ferite delle catene sono evidenti. Nella mia esperienza queste ragazze mentono solo in merito alla loro identità ed al loro passato non in merito a quello che è avvenuto mentre le forzavano alla prostituzione” chiarì Iana.
Diana è uno dei casi più difficili con i quali l’associazione è sino ad ora entrata in contatto. “Non sa né leggere né scrivere. Non possiamo inserirla in una scuola. Non è mai andata a scuola. E’ anche ritardata mentale e quindi stiamo cercando di inserirla in progetti per bambini ritardati”, spiegò Iana. L’organizzazione sta continuando a cercare un programma adeguato e full-time dove ci si possa occupare delle sue necessità e contemporaneamente con la polizia di Bucarest sta tentando di identificare la sua vera identità.
L’ampiezza del fenomeno trafficking è notevole. In un recente incontro promosso dall’OSCE a Skopje, Macedonia, si sosteneva che circa 200.000 donne nei Balcani cadono vittime del trafficking ogni anno. Il Dipartimento di Stato USA ha stimato che lo scorso anno dai 700.000 ai 4 milioni di individui sono stati comperati, venduti, trasportati contro il loro volere in tutto il mondo.
Secondo una recente analisi in merito al trafficking, pubblicata lo scorso giugno dal Dipartimento di Stato, il governo rumeno avrebbe migliorato negli sforzi di combattere il passaggio transfrontaliero illegale ma “ancora non rispetta standard minimi per l’eliminazione del fenomeno del trafficking”.
Si nota inoltre come gli sforzi da parte di Bucarest nell’indagare e perseguire pubblici ufficiali coinvolti nel trafficking “rimangono limitati”. Secondo un rapporto dell’Human Rights Watch pubblicato lo scorso anno sulla Romania le risposte del governo sia alla violenza domestica che al trafficking rimangono “inadeguate”.
Per ora Diana se la sta cavando bene nel suo “rifugio”. Aiuta le altre ragazze nelle pulizie ed in cucina. Il suo caso non è ancora stato risolto completamente ma per la prima volta dopo molti anni almeno non è sottoposta ad abusi e non è trattata come se fosse un animale.
Paul Cristian Radu
L’autore del testo, è un membro del Centro rumeno per il giornalismo investigativo e coordinatore del progetto di giornalismo investigativo dell’IWPR sul trafficking in otto Paesi della regione.