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giovedì 08 settembre 2022 13:06

 

Albania: la paura della vendetta

31.03.2003   

Il giornale 'Shekulli' pubblica un articolo su una famiglia segregata in casa per proteggersi da una faida in atto. Unica fonte di reddito: la figlia diciottenne.
Nel villaggio di Bushat, 7 km da Scutari, vive la famiglia di Çesk Doçi, uno degli imprenditori più conosciuti della zona, che si occupa di allevamento e produzione del latte. L’essere rinomato non gli è però di grande aiuto. Da 5 anni è infatti obbligato a vivere nascosto nella propria casa. Padre di 2 figli e 3 figlie, ha scelto di rimanere nascosto per evitare un eventuale agguato.
I problemi sono iniziati nel 1997 quando una banda criminale tentò di estorcergli un’ingente somma di denaro. Si rifiutò e venne per questo punito con 9 proiettili in corpo. Insieme a lui venne ferita anche la figlia Arjeta. In seguito Çesk ha subito altri tre attentati ed anche il fratello Engjell è entrato nel mirino dei criminali. “Mi hanno bruciato anche tre camion pieni di merce, causandomi milioni di leks di danni”, afferma l’imprenditore. Dalle finestre della casa di Çesk si vedono le macchine parcheggiate nel cortile. Immobili da anni. “Le mie attività imprenditoriali sono naturalmente rovinate ed anzi ho iniziato a contrarre debiti”.

Adesso a mantenere la famiglia si occupa la figlia diciottenne Nora, per far questo è stata obbligata ad abbandonare la scuola. La ragazza racconta che ogni giorno con un furgone raccoglie il latte che poi porta alla fattoria dove lavora sua madre Rexhina. E Nora non esita ad affermare che lavora armata di un fucile che non avrebbe timore ad usare se attaccata. “So usarlo bene ed ho anche il porto d’armi”, chiarisce. “Prima o poi voglio lasciare l’Albania in modo da poter andare avanti con gli studi che ho dovuto interrompere”. “Vorrei poter dimenticare tutto quello che è accaduto ma sono ogni giorno sempre più demoralizzata”.
Suo padre, Çesk Doçi, dà tutte le colpe allo Stato e paventa indifferenza. “Sono stato ferito vicino a casa mia ed anche per strada e lo Stato non si è mai mosso. Lo Stato sostiene i criminali, concede loro i visti per viaggiare all’estero e non difende la gente onesta”. Çesk afferma inoltre di aver chiesto aiuto presso le rappresentanze diplomatiche straniere e all’Ombudsman, ma nessuno ha mostrato interesse per la sua famiglia.
Secondo l’Associazione della Conciliazione del Sangue, nella zona di Scutari sarebbero ormai 700 le famiglie rinchiuse in casa per motivi legati alla vendetta. Tra questi vi sarebbero più di 120 bambini.
La vendetta, uno dei pilastri del codice tradizionale del Lek Dukagjini, ovvero il Kanun, ha le sue radici nel medioevo, ma continua ancora ad essere applicata. Secondo Ismet Elezi, docente di Kanun presso la Facoltà di Legge di Tirana, in questi 10 anni di transizione questo codice è sopravvissuto a causa della mancanza dello stato del diritto. Il professore afferma inoltre che il vecchio codice tradizionale ha subito delle deformazioni. Un caso tipico è la storia della famiglia Doçi, quando l’atto di rinchiudersi in casa non si applica solo nei casi di vendetta di sangue (la forma tradizionale), ma anche quando si tratta di racket o altri tipi di vendetta.
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