L'inchiesta del Parlamento olandese sul massacro di Srebrenica non riesce a spiegare il fallimento nella difesa dell'enclave di fronte alla reticenza degli alti funzionari Onu e Nato
La pubblicazione del rapporto del NIOD (Istituto Olandese di Documentazione sulla Guerra) sui fatti di Srebrenica del luglio 1995 ha portato alle dimissioni in blocco del governo Kok, nell’aprile scorso, e ad una inchiesta parlamentare. Il Parlamento vuole infatti stabilire se vi siano responsabilità individuali in capo al personale militare o civile olandese presente al tempo in Bosnia. Le conclusioni dell’inchiesta parlamentare, tra l’altro, potrebbero aprire la strada a procedimenti giudiziari avviati dai parenti delle vittime nei confronti di singoli individui ritenuti responsabili dell’accaduto. Il Parlamento olandese si è trovato però di fronte ad un muro di gomma, costituito dalle reticenze a testimoniare da parte degli alti ufficiali delle Nazioni Unite e della Nato. Che non ritengono di spiegare perché hanno lasciato senza copertura il battaglione olandese che doveva difendere l’enclave dagli attacchi di Mladic. Pubblichiamo un aggiornamento dell’Institute for War and Peace Reporting (IWPR) sulla vicenda
Di Othon Zimmermann*, Rotterdam (24-28 Feb 2003)
Tradotto da: Carlo Dall’Asta
Il nuovo governo Olandese […] terrà un dibattito parlamentare il mese prossimo sulle inconcludenti conclusioni dell'inchiesta sul massacro di Srebrenica.
L'inchiesta è stata chiusa oltre un mese fa, dopo che gli allora ufficiali chiave si sono rifiutati di deporre.
Più di sette anni dopo le atrocità, il mondo ancora non si è avvicinato a sapere perchè le Nazioni Unite (NU) si sono rifiutate di salvare la città quando venne attaccata dalle forze Serbo-Bosniache nel Luglio 1995.
“Il libro su Srebrenica non è chiuso. Ne è stata solo girata un’altra pagina”, ha detto il direttore dell’inchiesta Bert Bakker, deputato olandese.
L’inchiesta era stata disposta dopo un’altra investigazione, durata cinque anni, dell’Istituto Olandese per la Documentazione Bellica, NIOD, le cui conclusioni erano state rese note lo scorso aprile.
Quel primo rapporto accusava sia gli Olandesi che le NU per non aver difeso la città. La sua pubblicazione aveva portato alle dimissioni in massa del governo olandese e a ordinare la presente inchiesta parlamentare.
Bakker ha affermato tuttavia che mentre i militari olandesi e gli ufficiali civili hanno cooperato nei due mesi di udienze, altri ufficiali chiave delle NU non l’hanno fatto.
Sia il comandante militare in capo delle NU, il generale francese Bernard Janvier, che la sua controparte civile, il Rappresentante Speciale Yasushi Akashi, si sono rifiutati di deporre.
“Abbiamo tentato tramite le nostre ambasciate, le loro ambasciate, tramite le NU, il loro governo, il nostro governo”, ha dichiarato Bakker.
“Alla fine abbiamo ricevuto una deludente nota da Janvier in cui ci chiedeva di comunicare tramite il governo francese.”
“Questo non aiuta né i parenti delle vittime, né i membri del Corpo di spedizione olandese. I Francesi pensano che gli Olandesi avrebbero dovuto combattere più duramente”.
Le circostanze della caduta della città sono ben note.
Nel Luglio 1995, le forze serbo bosniache guidate dal Generale Ratko Mladic lanciarono un potente attacco su Srebrenica.
La città era una zona protetta delle NU, ed era presidiata da un battaglione olandese dotato di armi leggere.
Le armi leggere erano considerate sufficienti perché, nell’eventualità di un attacco, le NU avevano a propria disposizione i bombardieri della NATO.
Quando incominciò il combattimento, ci furono alcuni raid aerei, ma Janvier richiese che si fermassero.
Nessuno dei molti testimoni all’inchiesta, inclusi gli ufficiali olandesi che lavoravano come staff di collegamento con il quartier generale delle NU, fu in grado di spiegare perché.
“La sua (di Janvier) spiegazione che era buio non ha senso. Prima di questo, si consultò a lungo per telefono con altre persone, non sappiamo chi”, ha dichiarato Bakker.
Perché Janvier fece questo, e se furono le NU a ordinarglielo, rimane un mistero perché egli non è venuto a testimoniare. Ma quanto seguì non è un mistero.
Le truppe olandesi decisero di smettere di combattere. Migliaia di civili fuggirono in preda al panico, alcuni furono inseguiti sulle montagne, mentre altri si diressero verso il campo olandese a Potocari, fuori dalla città.
Le forze serbe circondarono il campo, e in seguito domandarono che gli venissero consegnati i musulmani.
I comandanti olandesi dissero all’inchiesta che decisero che era più sicuro obbedire.
I loro ufficiali dissero che non avevano idea in quel momento che gli uomini musulmani sarebbero stati condotti via e massacrati. Temevano inoltre che l’alternativa sarebbe stata il fuoco dell’artiglieria serba puntata sulla base.
Così le truppe delle NU permisero ai Serbi di portare via gli abitanti di Srebrenica. Le donne e i bambini furono separate dagli uomini, e più tardi trasferiti in autobus nel territorio del governo bosniaco.
Gli uomini furono portati in vicini campi e mitragliati.
L’unico alto ufficiale delle NU che consentì a testimoniare fu il comandante delle NU in Bosnia nel 1995, il generale britannico Sir Rupert Smith.
“Il contingente olandese ha fatto quel che ha potuto”, ha detto.
L’allora premier olandese Ruud Lubbers ha accusato soprattutto gli Stati Uniti e la Francia per non aver provveduto alla copertura aerea.
Fino al momento della tragedia, il comandante del contingente olandese Thom Karremans e il suo secondo, il maggiore Rob Franken, hanno dichiarato alla commissione d’inchiesta che non avevano compreso che Mladic e le sue truppe sarebbero stati così spietati.
“Hanno totalmente sottostimato il pericolo”, ha affermato Bakker.
L’inchiesta dichiarò che Karremans avrebbe dovuto aprire il campo di Potocari a un numero maggiore di profughi.
Bakker dice che gli ufficiali olandesi si sono trovati di fronte a “dilemmi diabolici” dopo la caduta dell’enclave, con alcuni ufficiali che prendevano in mano la situazione per salvare almeno pochi individui.
“Un ufficiale sfruttò l’opportunità di evacuare dei rifugiati maschi insieme alle donne e ai bambini”, dice,
“ma un collega ufficiale protestò che così facendo favoriva la pulizia etnica. Entrambi gli ufficiali sono convinti ora che la loro posizione era quella giusta.”
Le conclusioni dell’inchiesta, che ha iniziato le sue udienze in Novembre, sottolineano che il governo olandese giustamente si dimise l’aprile scorso perché l’esecutivo aveva una “grande responsabilità” per la tragedia.
Bakker ha affermato che l’Olanda ha mandato i suoi soldati in missione di pace con poca cognizione di cosa ci si aspettava che essi facessero.
Dichiarò che era
“decisamente ingenuo prendere questa decisione senza sapere che cosa ci si potesse aspettare. Era una missione difficile in una guerra molto violenta. Non l’avevamo veramente capito.”
“Quando prepararono questa missione non c’era la minima idea della gravità, profondità e complessità del conflitto. Nonostante tutte le buone intenzioni, gli olandesi non furono in grado di evitare un assassinio di massa e non sono stati capaci di proteggere la popolazione.”
Gli Olandesi hanno commesso anche altri errori – incluso il rifiuto dei comandi militari di accettare il sofisticato apparato di intelligence offerto dagli Stati Uniti. L’esercitò declinò l’offerta senza informare il Ministero della Difesa.
Ma le illazioni finiscono con i Serbi: le loro unità compirono un massacro che non aveva precedenti neppure secondo i macabri standard della guerra bosniaca.
L’inchiesta raccomanda che
“Il governo olandese dovrebbe attivamente insistere sull’arresto del generale Ratko Mladic e di Radovan Karadzic (ricercati dall’Aja)”.
Alla fine, raccomanda:
“Benché il dolore non possa essere eliminato, il governo Olandese deve contribuire a migliorare la situazione dei parenti delle vittime”.
Vivendo in povertà, e impossibilitati a ritornare alle loro case ancora tenute dai Serbi, essi hanno chiaramente bisogno di assistenza.
L’aiuto, comunque, sarà di poca consolazione ai sopravvissuti di Srebrenica che sanno che se gli Olandesi avessero tenuto i nervi saldi e le NU avessero usato i loro aeroplani i loro uomini oggi potrebbero essere vivi.
*: Othen Zimmermann è corrispondente di politica estera per l’Algemeen Dagblad, Rotterdam
Sulla vicenda vedi anche:
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