In Albania gli omosessuali neppure osano pensarsi detentori di diritti. Uno dei maggiori giornalisti albanesi attacca il parlamento in procinto di discutere un progetto di legge che legalizzerebbe i matrimoni tra quelli che definisce i "maschi-femmine"
Mourchou - Gay Pride a Montreal
Il quotidiano Koha Jone (10.04.03) ha pubblicato un editoriale di Martin Leka, noto giornalista ed ex direttore di Radio Tirana, dal titolo “Gli omosessuali negli uffici e la crisi della famiglia”, che si occupa del dibattito parlamentare sui matrimoni omosessuali in Albania.
Secondo il suo autore è incredibile che il parlamento trovi il tempo di discutere del progetto di legge che legalizzerebbe i matrimoni tra i “maschi-femmine”, come li definisce sprezzantemente, ed è incomprensibile che un tale argomento abbia impegnato molto più a lungo i politici rispetto a problemi quali la guerra in Iraq o la Commissione di inchiesta sulle attività del Municipio di Tirana.La conferma della stranezza di questo caso per la società albanese verrebbe, a detta di Leka, dal fatto stesso che non esiste nel lessico una parola per definire questa “specie di uomini, risultato di una deviazione dalle leggi di natura”. L’unico termine che, dopo grandi sforzi, il giornalista dice di essere riuscito ad individuare è semplicemente l’ennesima versione di uno dei tanti insulti con i quali vengono indicati gli omosessuali e che qui omettiamo.
Leka non ritiene assolutamente necessaria l’approvazione di questo progetto di legge in parlamento nonostante essa sia caldeggiata dal Consiglio d’Europa quale passo indispensabile nel quadro della tutela dei diritti dell’uomo in Albania. A suo avviso va tenuto conto di una serie di non meglio definiti fattori “psicologici, storici, sociali, politici ed economici” che fanno sì che il dibattito sul matrimonio fra omosessuali sia da considerare un lusso in un paese a corto di acqua e di elettricità e dove ancora domina una mentalità conservatrice (che per altro Leka apprezza nel caso specifico). Tutto ciò, aggiunge l’autore, mentre il parlamento non ha ancora discusso il Codice di Famiglia ed affrontato la grave crisi che appunto colpisce la famiglia segnata anche dal crescere di omicidi fra gli stessi coniugi.
I limiti dell’analisi tentata in questo articolo si evidenziano nel livello di ignoranza dimostrato verso la questione omosessuale, laddove si parla di “una minoranza che ha deviato dalle leggi della natura” e di “maschi-femmine, cioè persone che hanno perso il loro onore”, e nell’assoluta incapacità di concepire la questione nell’ambito della difesa dei diritti dell’uomo. La mentalità patriarcale retriva che sottende alla visione di Leka si fa propagatrice di un discorso pubblico di odio verso una parte della società albanese che non osa nemmeno pensarsi detentrice a pieno titolo di diritti civili.
Con il suo articolo pieno di pregiudizi e insulti Leka di fatto scoraggia il dibattito parlamentare, che di per sé avviene in un clima sfavorevole, e rafforza l’atteggiamento diffuso secondo cui la questione è frutto dei condizionamenti europei. Se si considera che l’autore dell’articolo è uno dei più noti e stimati giornalisti albanesi e l’ex direttore dell’unica radio pubblica del paese ci si rende conto della gravità del contenuto delle sue affermazioni.