Bosnia: “La Strada”
14.05.2003
Una panoramica sulla questione trafficking in Bosnia Erzegovina: sotto il profilo legislativo, politico e sociale.
Nel traffico di esseri umani la Bosnia Erzegovina rappresenta un luogo di transito, di partenza, di destinazione. Continuiamo il nostro dossier sul trafficking pubblicando questa inchiesta sullo stato della questione nel Paese sotto il profilo legislativo, politico e sociale, insieme ad un reportage sulle attività della ong bosniaca “La Strada”
Molte ragazze dell’Est coinvolte nella rete del traffico di esseri umani, moderna forma di schiavitù che si manifesta ormai in quasi tutto il continente europeo, si dirigono verso la Bosnia. Forse il vero obiettivo era l’Italia, o qualche altro paese, ma spesso evidentemente la sorte preferisce così. Finiscono sulle strade e nei night club bosniaci. Ci sono annunci sui giornali, cartelloni sulle strade, tantissime offerte relative a questo divertimento particolare: il night club. Certo, tutti sanno che cosa si nasconda sotto il nome “night club”, specie quando si tratta della Bosnia settentrionale. Oggi, infatti, i Bosniaci non devono più andare a Saint Paul o ad Amsterdam, tutto quello che volevano sapere sul sesso e osavano chiedere, lo possono capire oggi a casa loro. E tutto questo è possibile perchè il sistema legale in Bosnia funziona poco. Mancano le leggi che dovrebbero regolare problematiche importanti, e della prostituzione non si preoccupa nessuno. O quasi.
Le ragazze si trovano dappertutto. Quelle straniere sono sempre nei night club e vengono protette dai padroni (macro). Mezz’ora con una ragazza costa 60 marchi bosniaci (KM - un KM è uguale a circa 0,50 euro, ndr), mentre per “un’ora sola ti vorrei” si pagano 110 KM. Una notte intera in compagnia di una bella straniera ti farà spendere 300 KM. Puoi scegliere: Ucraina, Bulgara, Romena, Moldava…
Le ragazze bosniache lavorano da sole, senza la protezione dei macro, e per questo operano lungo le strade e le tangenziali. Costano meno perchè non c’è il macro che si prende la tangente. “Se il lavoro va bene posso guadagnare 350 KM in una notte, ma diciamo che la media è di circa 100 marchi - dice K.A., una ragazza ventiseienne di Zenica.”
“Le ragazze arrivate dai paesi europei quasi sempre sono vittime della tratta delle bianche. I prezzi vanno dai 1.000 ai 4.000 marchi per una ragazza - dice Edin Vranj, del ministero degli Interni della Federacija BiH - dipende dall’età e dalla bellezza della ragazza. Si vendono anche ragazze bosniache, ma sono pochi casi. Alcune di loro finiscono in Italia.
La legge che dovrebbe regolamentare questo problema non esiste. Sul codice penale bosniaco la definizione “tratta di esseri umani” non è presa in considerazione nella categoria dei reati. Ci sono pure tantissime lacune nella legge sulla migrazione e l’asilo - conclude Vranj.”
“Prossimamente cambierà anche questo - afferma Dzemaludin Mutapcic, viceministro federale della Giustizia. Sono in preparazione cambiamenti e aggiornamenti del codice penale, in base ai quali la tratta delle bianche sarà considerata reato. Sono previste pure le sanzioni, soprattutto nei casi in cui le vittime siano minori. Per quei casi è prevista la reclusione fino a 15 anni.”
“Molte ragazze provenienti dai paesi dell’Est non sono venute qui per forza, ma ci stano volontariamente, circa il 70% di loro - ritiene Sladjan Cerkez, capo del dipartimento criminale della Polizia Federale. Le ragazze che sono invece arrivate in Bosnia a forza, con promesse di andare in Italia oppure di fare la cameriera da qualche parte, dopo essere state arrestate sono pronte a collaborare con la polizia e a dare informazioni molto utili per la lotta contro questo commercio.
La zona dove i night club con ragazze che si prostituiscono sono più numerosi è il cantone di Tuzla. Seguono il cantone di Sarajevo e quello di Zenica. Per quanto riguarda i comuni, al primo posto ci sono Kalesija e Zivinice. Il motivo è che lì vicino ci sono l’aeroporto e le basi militari della SFOR (la forza multinazionale che opera nel paese sotto l’egida della Nato, ndr).”
Si dice infatti che negli ultimi mesi in Bosnia questo tipo di lavoro non vada molto bene, soprattutto perchè alcune basi militari internazionali (come il campo di Doboj) sono state chiuse. Le ragazze che hanno collaborato con la polizia, hanno riconosciuto nelle fotografie come clienti persone che fanno parte del personale della SFOR, dell’OHR (Ufficio dell’Alto Rappresentante per la Bosnia Erzegovina, ndr) e dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, ndr). Un ragazzo di nome Nedim in una intervista rilasciata a Dnevni Avaz ha raccontato di come guadagnava vendendo il proprio corpo agli uomini. I suoi clienti, Nedim li incontrava nei bar di Sarajevo e ha affermato di guadagnare molto bene finchè c’erano loro (indicando con la testa il palazzo dell’OHR).
Per combattere la tratta degli esseri umani è stato recentemente fondato in Bosnia lo speciale team “STOP”. Cilia Lavaren, capo del team, dice che ne fanno parte 50 poliziotti specializzati e istruiti per lottare contro questo crimine. Ogni settimana fanno almeno un blitz nei night club in cerca di ragazze costrette a prostituirsi.
L’Interpol bosniaco non è coinvolto direttamente in questa lotta, ma guida alcuni mandati di cattura in collaborazione con la centrale dell’Interpol. “Il problema principale in Bosnia, dice Asim Fazlic, vicedirettore dell’Interpol BiH, è l’aspetto sociale. Molte ragazze bosniache, donne sole con figli senza lavoro, sono disposte a fare “il più antico mestiere del mondo” per sopravvivere. Abbiamo scoperto, dichiara Fazlic, anche un sito “illegalbosnia.com” creato a Washington, ma siamo riusciti a bloccarlo.
La Bosnia è spinta dalla comunità internazionale a fare di più per bloccare i canali del commercio di esseri umani. Nel giugno dell’anno scorso, parlando di 23 paesi che non fanno niente in questa direzione, Colin Powell ha nominato anche la Bosnia Erzegovina. Ultimamente, sembra che in Bosnia qualcosa si stia muovendo. Lo conferma anche Igor Gaon, ambasciatore bosniaco presso il Consiglio d’Europa: “La lotta contro lo sfruttamento sessuale delle donne è iniziata già nel 1998. Nei primi mesi di quell’anno sono stati registrati casi di questo tipo in BiH, di cui 65 in Federazione. Sono noti i canali del traffico illegale delle donne: attraverso l’Ungheria si passa in Serbia, poi oltre il fiume Drina si arriva in Bosnia. Dopo aver lavorato in Federazione e Republika Srpska, le ragazze vengono vendute in Albania.”
Anche l’ufficio dell’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) partecipa alla lotta contro la tratta delle bianche. In questi ultimi mesi sono state mandate a casa 169 ragazze della Moldavia, 145 della Romania, 47 ucraine, cinque bielorusse, sette jugoslave, due ragazze del Kazahstan e una dell’Ungheria. Tra di loro c’erano 43 minorenni. L’OIM ha fatto aprire a Sarajevo due cosiddette “case di sicurezza” dove vengono sistemate le ragazze che vogliono lasciare questo mestiere. Nell’ambito di questo programma sono state aiutate 400 ragazze.
Le ragazze che non sono disposte ad andare in una “casa di sicurezza” e a collaborare con la polizia, dopo il blitz vengono portate in carcere. Ma anche lì i problemi non mancano, ci dice Hasan Hodzic, direttore dell’unico carcere femminile esistente in BiH, il KPD di Tuzla. ”Dopo ogni blitz arrivano trenta, quaranta ragazze, e qui c’è poco spazio - afferma. E poi le prostitute non vanno d’accordo con le prigioniere “normali”, così uno scontro è inevitabile. Le ragazze rimangono in carcere dai venti ai trenta giorni.”
Naturalmente la prostituzione illegale in Bosnia è un lavoro che ad alcuni porta tanti soldi. Ma della legalizzazione della prostituzione si parla poco. In un sondaggio pubblicato dal quotidiano Dnevni Avaz (speciale di dicembre), quasi tutti i politici bosniaci si sono dichiarati contrari all’idea di una prostituzione legale. Stefo Lehman, il portavoce delle Nazioni Unite in BiH, ha dichiarato: “Non abbiamo una posizione su questa questione. Saranno le autorità locali a decidere. Comunque, dovreste riflettere se questo è nel vostro interesse, e quanto vi possa servire per un possibile inserimento in Europa.”
Anche se il sistema legislativo non è ancora riuscito a fare nulla, sembra che in Bosnia molte organizzazioni si siano mosse nella lotta contro lo sfruttamento delle donne. Alcune organizzazioni femminili hanno aperto un telefono SOS. Quello più contattato è l’SOS di Sarajevo (033 221 886.)
Quando i bar, cioè i night club, vengono chiusi dalla polizia, questo commercio spesso continua nelle case e negli appartamenti organizzati dai “padroni”. E questo potrà continuare finché il Parlamento bosniaco non approverà il nuovo codice penale, dove la tratta delle bianche sarà considerata un reato. Per adesso, secondo la legge, non lo è.
Uno degli strumenti di analisi più approfonditi sullo stato della questione in Bosnia Erzegovina è il rapporto paese 2002 preparato dalla organizzazione Human Rights Watch (HRW).
Nel rapporto, si descrive come molti poliziotti e rappresentanti delle forze internazionali siano coinvolti nella vicenda.
HRW ci ricorda come il fenomeno della tratta delle bianche sia comparso in Bosnia nel 1995, ma che la Missione delle Nazioni Unite non abbia fatto niente per controllare se e quanti funzionari internazionali fossero coinvolti nella compravendita delle ragazze. (Pogled di Oslobodjenje, 18.01.2003).
E’ l’Olanda il paese in cui sono stati fondati i primi centri per aiutare le ragazze diventate vittime del trafficking. A Utrecht si trova la sede della “Antitrafficking Coalition”, della quale fanno parte organizzazioni non governative (ONG) di nove paesi europei. Tra loro c’è pure “La Strada”, che ha la propria sede a Mostar, in Bosnia Erzegovina.
“La Strada esiste da più di un anno, ci dice la direttrice Radila Hadzic. Noi lavoriamo in Bosnia Erzegovina, ma altre ONG del nostro stesso gruppo sono attive in Polonia, Repubblica Ceca, Ucraina, Bulgaria, Bielorussia, Moldavia e Macedonia. La sede centrale è in Olanda. Proprio in Olanda sono stati fatti i primi shelter (rifugi), ossia case di sicurezza. L’opera de “La Strada” si struttura in tre livelli diversi: pressione e contatti con i media; attività educative e formazione nelle scuole; case di sicurezza - come ultimo e terzo livello - dove vanno sistemate le ragazze decise ad uscire da quel circolo vizioso.
E’ molto importante modificare l’opinione pubblica sulla questione della tratta delle bianche. I media ancor oggi non riescono a liberarsi dei vecchi stereotipi secondo cui la colpa è tutta delle ragazze. E’ importante spiegare che nella maggior parte di questi casi le ragazze sono vittime. E’ rilevante anche l’educazione. Abbiamo tenuto diverse lezioni nelle scuole per spiegare alcune problematiche quali la prevenzione, la protezione e altro.”
La Bosnia è un caso speciale, ci spiega la signora Hadzic. Mentre la Moldavia e l’Ucraina sono solamente paesi di provenienza, per quanto riguarda la tratta delle bianche, la Bosnia è sia fonte che paese di transito che ultima destinazione. Molte ragazze dell’Europa dell’est vanno a finire nei bar bosniaci, altre attraverso la Bosnia vanno verso l’Europa, soprattutto in Italia. E poi, oltre alle ragazze straniere, ci sono anche quelle bosniache che fanno la stessa fine.
Le ragazze che vogliono collaborare con la ONG sono assistite in modi diversi. Alcune sono sistemate nella casa di sicurezza. “Si tratta di un appartamento, e si trova qui, nei presi di Mostar, ma non possiamo rivelare la località - ci dice Fadila Hadzic. Finora attraverso questa casa sono passate 26 ragazze. In questo momento ce ne sono 20. E` difficile anche organizzare loro la vita. I soldi per l’assistenza provengono da fondi internazionali come il Patto di Stabilità, (operazione Mirage) o da altri risparmi provenienti da vecchie donazioni. Le ragazze sono assistite da psicologi, hanno assistenza legale e psichiatrica… L’organizzazione “La Strada” collabora con la polizia locale e soprattutto con l’OIM (Organizzazione Internaszionale per le Migrazioni). Per merito dell’OIM alcune ragazze sono riuscite a partire per un paese terzo (Canada). Altre sono tornate a casa con aiuto dell’OIM e della rete Antitrafficking attraverso organizzazioni partner de “La Strada”. Così, con “La Strada”, le ragazza stanno cercando di ritrovare la speranza.”
La reintegrazione delle ragazze è un processo abbastanza lungo e duro, ma “La Strada” e l’OIM non perdono di entusiasmo.
In questo instante “La Strada” e l’OIM si prendono cura di 499 ragazze. Alcune di loro sono sistemate anche in case di sicurezza dell’OIM a Sarajevo, Tuzla, Bijeljina.
Secondo la prassi attuale è la polizia di norma a portare le ragazze alle case di sicurezza. Chi lavora a “La Strada” si augura però che con un po’ di pubblicità e di pressione sui media le ragazze decideranno di venire anche da sole.