L'adozione della dichiarazione serba sul Kosovo da parte del parlamento a suscitato le naturali reazioni di alcuni partiti albanesi
Il Parlamento della Repubblica di Serbia-Montenegro ha approvato la Dichiarazione sul Kosovo con la quale rivendica la sovranità sulla provincia come parte integrante del proprio stato.
L'evento ha naturalmente suscitato forti reazioni nei politici albanesi che l'hanno comunemente giudicato pericoloso per la stabilità nella regione anche se privo di effettive conseguenze per il futuro del Kosovo.
Secondo Sali Berisha, leader del Partito Democratico, gli sforzi per includere il Kosovo nella Serbia sono definitivamente falliti con la guerra della NATO contro Belgrado nel 1999. Il repubblicano Sabri Godo, ex capo della Commissione Esteri del Parlamento, ha affermato che l'approvazione di questo passo della costituzione da parte del parlamento serbo costituisce "un ritorno ai tempi del regime di Milosevic, un azzardo politico", (Panorama, 29 agosto 2003).
Il responsabile per la politica estera del partito socialista, Ilir Zela, ha denunciato che "la decisione del parlamento serbo-montenegrino va contro la risoluzione ONU 1244 che stabilisce che la soluzione del problema dello status finale del Kosovo sarà garantita dalle riforme che verranno attuate e non esclude l'indipendenza della regione dalla Serbia-Montenegro", (Panorama, 29 agosto 2003).
Pascal Milo, ex ministro degli esteri e attuale capo del neonato partito di sinistra Democrazia Sociale, ha affermato che "neppure i Serbi credono più ormai che il Kosovo possa far parte del loro stato, la classe politica serba sta solamente giocando al rialzo con la speranza di ottenere qualcosa in cambio".
Anche Milo ha fatto riferimento alla risoluzione ONU 1244 ricordando tra l'altro che essa pone il Kosovo sotto la giurisdizione internazionale ed ha auspicato il referendum tra gli abitanti per la scelta del suo status definitivo. Secondo l'ex ministro "il governo albanese dovrebbe rilasciare una dichiarazione ufficiale che respinga le pretese serbe come violazione di una risoluzione ONU e come forte stimolo all'aumento della tensione nella regione contro ogni possibilità di dialogo", (Korrieri, 29 agosto 2003).
Il governo albanese, che nel corso dell'ultimo anno aveva raggiunto il momento migliore nelle relazioni con la Serbia dai tempi della guerra del Kosovo nel 1999, non ha ancora rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale. La volontà di Tirana è stata, fino ad oggi, quella di mostrare un atteggiamento costruttivo e di affermare che il problema dello status finale del Kosovo non si risolverà comunque né a Prishtina né a Belgrado ma in seno alla comunità internazionale ed al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
All'ultima ora è arrivata anche la dichiarazione di Fatos Nano, rilasciata oggi stesso alla riunioneannuale tenutasi con i diplomatici albanesi di tutto il mondo. La dichiarazione arriva un po' ritardo forse anche perché il posto del ministro degli esteri è ancora vacante dopo le dimissioni di Ilir Meta, e tutti aspettano che Nano si esprima. Per quanto riguarda il Kosovo Nano ha detto che "i Serbi possono tornare in Kosovo ma il Kosovo non può tornare alla Serbia". Dopo aver dichiarato che Tirana non aspira alla "grande Albania" Nano ha detto che con questa decisione "il parlamento transitorio serbo non puo capovolgere il progresso irreversibile della regione e compromettere il futuro del Kosovo. La decisione sullo status del Kosovo deve essere presa rispettando la volontà di tutte le sue comunità perché in caso contrario non ci sarà nessun futuro per gli stati della regione con istituzioni democraticamente elette".
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Dialoghi difficili tra Pristina e Belgrado