A Lubjana il progetto di costruire una moschea. La destra - ma non solo - cavalca un’islamofobia crescente. Una traduzione di un articolo di Radio Free Europe.
Moschea
di Donald F. Reindl – Radio free Europe
A mezzogiorno del 6 febbraio al sindaco di Lubjana, Danica Simsic, è stata consegnata una lista di 11896 elettori che richiedono un referendum in merito alla costruzione di una moschea nella capitale Slovena. Un numero di richiedenti ben al di sopra del 5% necessario, nota il quotidiano Delo.
Il sindaco Simsic ha dichiarato più volte che ritiene il referendum proposto incostituzionale, posizione che ha ribadito anche lo scorso 6 febbraio: “L’iniziativa non è in linea con la nostra costituzione perché limita il fondamentale diritto di libertà di espressione della propria fede e del proprio sentimento religioso, lede il principio di eguaglianza di tutte le comunità religiose e di eguaglianza di fronte alla legge”.
La Simsic ha indetto un consiglio comunale per discutere della questione referendum – come richiesto dalla legge – ma è probabile congeli l’iniziativa sino a quando la Corte Costituzionale slovena non si sarà pronunciata in merito.
L’iniziatore dell’iter referendario, il consigliere comunale Mihael Jarc, ha indetto, a fine gennaio, una conferenza stampa alla quale ha invitato anche l’architetto Fedja Kosir ed il leader del Partito Nazionale Sloveno (SNS), Zmago Jelincic, partito di destra nel panorama politico sloveno.
Dai punti di vista espressi ai giornalisti è emersa una preoccupazione da parte di una parte dei cittadini sloveni rispetto al progetto di costruire una moschea: timore terrorismo, paura nella partecipazione di alcuni finanziatori stranieri ed intolleranza rispetto all’Islam i punti principali.
Nei suoi commenti Jelincic si è riferito ai “problemi terribili che riguardano i musulmani” in altre parti d’Europa, citando le questioni riguardanti il velo nelle scuole francesi e dell’accesso della polizia nei centri islamici in Inghilterra. “Inoltre” ha notato “stanno chiudendo centri di questo tipo anche in Italia poiché è stato dimostrato chiaramente che operavano come cellule di Al Kaeda”.
L’ondata di sospetti popolari scatenata dagli attacchi del settembre 2001 nelle città statunitensi è rimasto un argomento di conversazione quotidiano. In particolare si sottolineano spesso i legami tra le comunità islamiche ed il terrorismo internazionale. Lo scorso dicembre Zvone Panko, membro dell’SNS, parlava della possibile costruzione di una moschea come la “creazione dell’infrastruttura per il terrorismo”.
I commentatori hanno definito le affermazioni di Penko come retorica nazionalista di un partito marginale. Ma lo scorso 6 gennaio il quadro è mutato. Andrei Umek e Jozef Jeraj, entrambi del partito conservatore Partito della Gente Slovena (SLS), che fa parte dell’attuale coalizione di governo del contro-sinistra, hanno espresso una sostanziale condivisione di quanto espresso da Petko. Umek ne ha ripreso le dichiarazioni e Jeraj vi ha aggiunto che tale progetto rischierebbe di promuovere il traffico di narcotici quale fonte di finanziamento. Il presidente dell’SLS, Janez Podobnik, ha comunque preso subito le distanze dalle affermazioni dei due suoi parlamentari.
Chi si oppone alla costruzione della moschea afferma inoltre che vi sarebbero manipolazioni dall’estero. La moschea sarebbe finanziata da donatori con sede in alcuni stati islamici. L’architetto Kosir nota allora che la moschea che si progetta sarebbe in modo rilevante più ampia di quella che ragionevolmente serve ala ridotta comunità islamica slovena. “Al posto di una grande moschea sarebbero più opportuni una decina di luoghi dove poter pregare sparsi per la Slovenia” notano gli oppositori al progetto.
Altri invece si rifanno ad una questione di reciprocità: sottolineano l’intolleranza di alcuni Stati islamici per giustificare i limiti alle libertà della comunità musulmana che si vorrebbero porre in Slovenia. Ad una recente cena un membro del corpo diplomatico sloveno avrebbe affermato: “Quando potremo costruire una chiesa alla Mecca allora potranno costruire una moschea a Ljubiana”.
Jelincic ha descritto le comunità musulmane nello stesso modo generico che emerge dal commento del diplomatico sopra citato. Ha chiesto in modo retorico cosa affermerebbero le donne presenti in sala se fossero lapidate a morte per aver violato i codici islamici vigenti ad esempio in Arabia Saudita.
Il mufti della Slovenia Osman Djogic ha espresso alcune delle sue preoccupazioni in un’intervista concessa, lo scorso 26 gennaio, a Mladina. In merito ai finanziamenti stranieri ha ammesso di avere contatti con investitori del Qatar, della Turchia e della Malesia. “Ciononostante – ha insistito – a nessun investitore sarà concesso di influenzare le attività del centro”. Secondo Djogic inoltre la soluzione di centri molteplici di preghiera non sarebbe da adottare poiché lo scopo è proprio quello di avere un centro spirituale unico dove i musulmani possano “sviluppare la propria identità”.
Incalzato sugli argomenti più scottanti sollevati dagli oppositori alla costruzione della moschea Djogic stigmatizza le generalizzazioni. “Non è possibile non distinguere tra i musulmani in Afghanistan e quelli in Slovenia. Siamo completamente diversi, eccetto che per la fede”.
Djogic inoltre ha espresso dubbi sul fatto che il referendum effettivamente si tenga ma ha richiesto venga boicottato nel caso l’iter referendario continui. “Un referendum del genere” ha affermato “metterebbe la Slovenia in cattiva luce non solo nei confronti dei 51 paesi a maggioranza musulmana ma anche in tutti gli stati democratici”.
Nell’apparente tentativo di screditare l’iniziativa il quotidiano Delo lo scorso 8 febbraio ha notato come nella raccolta di firme si siano molto attivati i gruppi di skinheads della città. Altri fatti hanno caratterizzato la raccolta di firme. Più di una persona ha cercato di boicottarla fuggendo con intere liste di firme raccolte. La polizia sta indagando su quanto avvenuto.
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