Il Paese stretto tra operazioni antiterroristiche della Nato e la onda lunga della guerra 1992-95. Le forze politiche interne utilizzano strumentalmente l'allarme sicurezza. La situazione a Zenica e Travnik.
Sarajevo
Da Zenica, scrive Esad Hećimović
La questione dei possibili collegamenti, in Bosnia Erzegovina (BiH), tra gruppi o singoli individui e Al Qaeda, è nuovamente venuta alla luce all'inizio del 2004, sia all'interno del Paese che in Occidente. Il motivo di ciò, in primo luogo, è il tentativo di dare una risposta alla attuale domanda circa la possibilità che in Bosnia Erzegovina si reclutino volontari per la guerra in Iraq, Afghanistan e Cecenia, e inoltre il rischio che avvengano attacchi terroristici nel Paese. Su questo, il nuovo Segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, ha dato una risposta risoluta: "
Non abbiamo prove significative che terroristi internazionali operino, addestrino o reclutino persone in Bosnia Erzegovina - ha dichiarato Scheffer il 15 gennaio, nel corso della sua prima visita in BiH." Nel periodo della sua visita, a metà gennaio, numerosi rapporti nei media suggerivano che in Bosnia esistesse una immediata minaccia terroristica.
La lotta contro il terrorismo è divenuta un elemento integrante della missione della Nato in Bosnia Erzegovina a partire dal 6 febbraio di quest'anno. Una deliberazione in questo senso, infatti, è stata presa nel corso della riunione dei Ministri della Difesa della Nato alla vigilia della conferenza di Monaco. Dopo che, alla fine di quest'anno, un esercito della Unione Europea rileverà la missione Nato di mantenimento della pace in Bosnia, verrà costituito un comando della Alleanza a Sarajevo. Il comando sarà diretto da un generale americano con due stellette, e avrà la responsabilità rispetto a tre principali obiettivi: la riforma del sistema di difesa della BiH, la lotta al terrorismo e la cattura dei criminali di guerra. In questi otto anni (dalla fine della guerra in BiH, ndt), le forze della Nato hanno condotto una serie di operazioni antiterroristiche, nel quadro del più ampio mandato relativo al mantenimento della pace e della sicurezza, che si basa sugli accordi di Dayton. La più nota di tali operazioni è stata condotta il 15 febbraio del 1996. Si trattava di un lancio di paracadutisti, effettuato nel campo di addestramento del Ministero degli Interni della Bosnia Erzegovina di Pogorelica, presso Fojnica, all'interno del quale poliziotti locali venivano addestrati da istruttori stranieri, in particolare iraniani. La Nato sosteneva che si trattasse di un campo per l'addestramento di terroristi, ma il governo bosniaco si è difeso replicando che si trattava proprio di addestramento anti-terroristico. Così, nella primavera del 2002, è partita una causa in tribunale contro sei ufficiali della polizia segreta e in uniforme – regolare a causa di quel campo. L'inchiesta giudiziaria non si è ancora conclusa.
Il rischio terrorismo in Bosnia Erzegovina viene messo in relazione con la presenza dei volontari stranieri che, durante la guerra, hanno combattuto con l'Armija BiH (l'esercito bosniaco musulmano, ndr). La Nato sostiene che una serie di operazioni condotte nel settembre e ottobre del 2001 abbiano impedito attacchi terroristici contro l'esercito occidentale e contro interessi diplomatici nel Paese. Dal settembre 2001 ad oggi, la missione Nato in Bosnia Erzegovina ha assunto una nuova dimensione nella lotta al terrorismo. Sono state effettuate numerose perquisizioni di edifici, di campi estivi giovanili condotti da gruppi islamici, anche di interi villaggi. Sono state arrestate persone sospette e condotte numerose inchieste. Non è stata rinvenuta alcuna prova che in Bosnia Erzegovina ci siano campi di addestramento di terroristi, né che in Bosnia si reclutino persone da inviare a combattere in Cecenia, Iraq o Afghanistan. L'ultimo esempio di un trasferimento di questo tipo si è registrato tra il 1999 e il 2000, quando un piccolo gruppo di Bosniaco Musulmani, ex combattenti della brigata "El Mudžahedin", sono partiti per andare a combattere in Cecenia. Oltre a questo, ci sono rapporti dei servizi informativi di Paesi occidentali relativamente alla circostanza che giovani bosniaci sarebbero partiti per il teatro di guerra iracheno. August Hanning, capo dei servizi informativi tedeschi, ha confermato l'esistenza di tali rapporti in novembre, e un suo consigliere lo ha ribadito nel gennaio di quest'anno. Il Procuratore Generale della BiH, Marinko Jurčević, ha però affermato che il suo ufficio non era in possesso di alcun dato rispetto all'esistenza di campi terroristici, e di non aver ricevuto alcuna denuncia penale per terrorismo.
Un secondo motivo per cui riemerge la questione della presenza di Al Qaeda in Bosnia Erzegovina riguarda esclusivamente le indagini straniere in cui si rivela che i veterani della guerra bosniaca sono nella lista dei terroristi più ricercati al mondo. Gli esempi sono numerosi e vanno dalla Arabia Saudita, Yemen, Turchia, fino all'Italia, Francia, Canada e Stati Uniti. Generalmente si tratta di volontari islamici stranieri che durante la guerra dal 1992 al 1995 hanno combattuto dalla parte dell'Armija BiH, e in seguito si sono trasferiti in Occidente o nei Paesi Arabi. Tra questi gruppi, il più conosciuto è quello noto in tutte le inchieste internazionali come la "Rubeška banda" (la gang di Roubaix, in Francia). Due gruppi di ex mujaheddini francesi sono stati infatti sottoposti a giudizio negli anni scorsi a Roubaix per attività criminali e brigantaggio, e per terrorismo a Parigi. Nel gruppo di quelli che sono stati giudicati per brigantaggio, il più noto era l'evaso francese convertito all'Islam Lionel Dumont, condannato a Zenica e a Lille, e ricercato dalla Procura della Repubblica di Bologna. Dopo la fuga dal carcere di Sarajevo, nel maggio del 1999, Dumont è stato catturato a Monaco di Baviera intorno alla metà di dicembre del 2003. Sia la Francia che la Bosnia Erzegovina hanno richiesto la sua estradizione. Almeno due veterani della guerra in Bosnia hanno inoltre preso parte agli attacchi terroristici dell'11 settembre del 2001 a Washington e New York. In Bosnia Erzegovina, invece, non ci sono mai stati attacchi terroristici nei confronti degli eserciti occidentali o contro obiettivi diplomatici nel corso degli ultimi otto anni. Solo una sentenza è stata pronunciata per terrorismo, nei confronti di un gruppo di Arabi, condannati per la esplosione di una autobomba a Mostar nel settembre del 1997.
Il governo bosniaco guidato dalla "Alleanza per il cambiamento" (formato dai socialdemocratici della Sdp, dal Partito per la Bosnia Erzegovina SBiH e da altri partiti politici di ispirazione moderata), nell'autunno del 2001 aveva eseguito una serie di deportazioni di persone indiziate, ricercate da Francia ed Egitto. Questo ha portato ad un conflitto – di minore entità - tra polizia e gruppi islamici nel gennaio del 2002, in occasione del caso del cosiddetto "gruppo degli Algerini", deportati nel campo di reclusione americano di Guantanamo Bay, a Cuba. I gruppi islamici si sono trovati di fronte ad un bivio, cioè arrivare ad uno scontro con il governo bosniaco oppure continuare con pazienza il proprio lavoro di proselitismo. Questi episodi sono stati motivo di aspre critiche nei confronti del governo, sia a causa della violazione dei diritti umani sia a causa della consegna di veterani di guerra e missionari islamici. Al governo è poi ritornata la coalizione dei tre maggiori partiti nazionalisti, tra i quali il bosniaco musulmano SDA. Questo ha causato una reazione negativa da parte dei funzionari americani: "
Sembra che le critiche svolte dai politici nazionalisti bosniaco musulmani, in modo particolare alla vigilia delle elezioni amministrative dell'ottobre 2002, abbiano influito affinché alcuni funzionari indugiassero nel condurre questa e altre importanti inchieste contro il terrorismo. La formazione di governi nazionalisti a livello statale, delle Entità e cantonale può avere effetti negativi per la futura collaborazione nella lotta contro il terrorismo" - si afferma nell'ultimo rapporto del Dipartimento di Stato sul terrorismo globale.
La aggressiva campagna antiterroristica condotta dalla Nato in Bosnia Erzegovina, alla fine del 2003 e all'inizio del 2004, attraverso la perquisizione di una serie di villaggi, come quello di Šerići presso Zenica, ha rinnovato la possibilità di uno scontro. "
Faccio sapere al nostro governo, che se non vuole difendere questa gente, se loro non vogliono e non possono difendere il popolo, allora che dicano alla gente di difendersi come può - ha affermato uno degli abitanti di Šerići, il cui genero ha avuto la casa perquisita, dopo che l'11 dicembre uomini della Nato avevano bloccato questo villaggio di montagna presso Zenica."
Al centro delle inchieste antiterroristiche internazionali, tuttavia, c'è Travnik. A Travnik e nei dintorni, negli ultimi anni, sono cominciate una serie di aggressioni e di omicidi che possono essere in qualche modo collegati al terrorismo. Forze della Sfor hanno arrestato in questa città, alla metà del mese di dicembre dello scorso anno, Muhamed Zitounija Perenda e, dopo due giorni di interrogatori, lo hanno consegnato alla polizia locale. A seguito di una azione congiunta di Americani e Sauditi, è stata poi iscritta nella lista delle Nazioni Unite, tra i sostenitori e gli "operatori" del terrorismo a livello globale, la Associazione "Vezir", all'interno della quale svolgevano la propria attività ex impiegati di una organizzazione precedentemente messa fuorilegge, la "Al Haramain". In questa lista dell'Onu c'è anche il nome di Safet Durgutij, vice direttore e precettore nel centro islamico (medresa) di Travnik. Le inchieste condotte localmente a Travnik su questo e altri casi non hanno però condotto a processi di alcun tipo. In generale, fino a quando i politici bosniaco musulmani continueranno a negare qualsivoglia collegamento di questi gruppi con il terrorismo, i politici serbi e croati cercheranno di trarre vantaggio dalla guerra globale contro il terrorismo per i propri fini. I rappresentanti internazionali come l'ambasciatore americano Clifford Bond e l'Alto Rappresentante Paddy Ashdown cercheranno invece di rafforzare i meccanismi di controllo dello Stato per fare in modo che la Bosnia Erzegovina sia in condizione di condurre da sola la lotta contro il terrorismo e le altre maggiori forme di organizzazioni criminali. (
2-continua)
Vedi anche:
- Mujaheddin in Bosnia
- Il nuovo Islam balcanico
- Islam e Balcani: al di là dei luoghi comuni
- Izetbegovic, il 'nemico essenziale'
Vai agli articoli sul caso Ballarò:
La Bosnia di Ballarò
La Bosnia di Ballarò-2
La Bosnia di Ballarò-3