Lupi, linci ma soprattutto orsi. Tutte specie protette che però in Romania si continuano a cacciare. Vi sono troppi esemplari e poi sono specie pericolose, le scuse delle autorità romene. Per sparare molti arrivano dall’estero, un vero e proprio business.
Cacciatori italiani in Romania
5.000 euro. E’ questo il prezzo che un cittadino straniero deve pagare per poter cacciare un orso bruno in Romania. Sono in molti a scegliere il Paese dei Carpazi come destinazione preferita per il turismo venatorio. La Romania è infatti il Paese europeo che vanta il maggior numero di orsi bruni. Nelle foreste dei Carpazi vivono, secondo i dati ufficiali, 6.276 esemplari su un totale in Europa di quasi 14.000. Nonostante sia una specie protetta, in Romania la legge permette la caccia all’orso bruno là dove ve ne siano grandi densità oppure quando i plantigradi rischiano di provocare danni. Nell’ambito di queste eccezioni le autorità romene fissano ogni anno il numero di orsi che può essere cacciato.
Prima della seconda guerra mondiale, quest’animale era considerato pericoloso e di conseguenza veniva spesso ucciso dai contadini. Nel 1940 ne erano rimasti in Romania solo 1000 esemplari. Nel 1975 Ceausescu istituì una legge che vietava la caccia all’orso bruno. La legge ovviamente non valeva anche per il leader comunista che nutriva una forte passione per la caccia all’orso bruno. Tuttavia nel 1989 gli effettivi degli orsi raggiunsero un numero record di 8000 esemplari.
Dopo l’89 la caccia all’orso bruno si è “democratizzata” e in otto anni la popolazione degli orsi scese a 5600 esemplari. Oggi, con più di 6000 orsi bruni e con una densità media nazionale di due orsi per 1000 ettari, la Romania detiene un “record” in Europa.
Ma le cifre destano spesso polemiche tra le varie organizzazioni non governative e le autorità romene. E’ il caso ad esempio della Fondazione ecologica “AVES” per la tutela dell’ambiente di Harghita di Transilvania che accusa le autorità romene di gonfiare le cifre per poter in seguito fissare quote più alte per la caccia. Il presidente dell’organizzazione, Laszlo Szabo–Szeley, sostiene che in realtà in Romania gli orsi sarebbero tra 2000 e 2500 e aggiunge che per ottenere un numero più alto di esemplari le autorità sarebbero capaci di contare più volte lo stesso orso.
Accuse definite infondate dalle direzioni locali della Romsilva, Direzione nazionale della tutela delle foreste, che non solo hanno respinto le dichiarazioni di Szeley, ma lo hanno attaccato personalmente mettendo in dubbio la sua professionalità. Questo non ha impedito a Szeley di rivolgersi sia al premier Nastase che al Parlamento europeo. Dal primo non ha ottenuto risposta ma da Bruxelles condividono le sue preoccupazioni.
“Secondo i dati ufficiali gli orsi bruni in Romania supererebbero del 50% il numero considerato ottimale” si fa sapere da AVES “sono menzogne, nel prossimo decennio l’orso bruno potrebbe scomparire parzialmente o totalmente dalle foreste dei Carpazi romeni”. Promosso anche un appello sottoscritto sino ad ora da 1500 persone.
Il segnale d’allarme è stato subito raccolto dal quotidiano britannico ”The Independent Sunday” che nel gennaio scorso ricordava come ”le partite di caccia dei turisti britannici e degli altri paesi dell’Europa Occidentale mettono in pericolo le popolazioni degli orsi bruni della Romania, paese che ha il maggior numero di orsi bruni dell’Europa”. Il giornale britannico aggiungeva che ogni anno centinaia di turisti occidentali, tra i quali molti britannici, pagano fino a 10.000 sterline per una partita di caccia agli orsi bruni nei Carpazi della Romania. L’anno scorso la Romania avrebbe ricavato milioni di euro dalla caccia all’orso bruno ma secondo il presidente della Fondazione per la tutela dell’ambiente AVES non tutte le risorse finirebbero nelle casse dello stato. Negli anni scorsi sulla stampa romena sono stati pubblicati vari articoli in cui enti forestali locali venivano accusati di associazione mafiosa per aver organizzato partite di caccia trasformatesi in un vero e proprio massacro di orsi. Tutte le accuse passate o presenti vengono respinte categoricamente dalle autorità romene che tengono a sottolineare come l’orso bruno non sia affatto in pericolo in Romania e che, come ha assicurato il direttore del Ministero dell’agricoltura Adam Craciunescu, ”la gestione della popolazione dell’orso bruno in Romania è stata finora la più efficiente del mondo, non solo dell’Europa. Prova incontestabile il fatto che qui si trova la maggiore densità di orsi del mondo”.
Secondo le norme romene attualmente in vigore si può cacciare un orso su 10 esemplari. Per cacciare legalmente un orso qualsiasi cacciatore romeno o straniero, in possesso di regolare permesso di caccia e di porto d’armi, deve chiedere alle autorità competenti il rilascio di un’apposita autorizzazione. Per l’attuale stagione venatoria il ministero romeno dell’agricoltura ha deciso che 300 orsi, 370 lupi e 6000 volpi potranno essere cacciati.
Il direttore della Società Mondiale per la Protezione degli Animali, Victor Watkins, ha espresso però dubbi sulla quantificazione delle quote da cacciare. “Come si fa a farlo se non si hanno statistiche precise sull’effettivo numero di orsi esistenti?”. Watkins ha inoltre aggiunto che se alcuni esemplari devono essere uccisi perché troppo aggressivi o perché una certa zona è diventata sovrappopolata, dovrebbero essere abbattuti senza inutili sofferenze. Perché, secondoWatkins, molti cacciatori sono dilettanti e gli animali rischiano di vagare feriti per giorni interi prima di morire oppure possono rimanere con delle infermità.
La vita di un orso ha però il suo prezzo nelle foreste romene dei Carpazi. Le tariffe minime per la caccia all’orso partono da 5000 euro e possono arrivare a 7000 euro. E’ il prezzo più alto in materia venatoria se si pensa che per cacciare un cervo in Romania si pagano 50 euro o per una volpe tra 25 e 50 euro. L’orso bruno viene cacciato anche per farne trofei, dalla testa e la pelliccia, i cui costi sono inclusi nel prezzo. Ed è proprio reclamizzando la possibilità di realizzare propri trofei che varie agenzie di viaggi promuovono la caccia in Romania attirando clienti. I rappresentanti dell’Associazione romena dei cacciatori parlano di un vero “paradiso della caccia” e aggiungono che i migliori trofei del mondo sono stati raccolti in Romania.
Il paradosso è che “il re delle foreste dei Carpazi” è riconosciuto come una specie in pericolo e sono vari i programmi di conservazione in atto. Nel frattempo però continua la caccia. Ogni anno dal 15 marzo al 15 maggio e dal 1 settembre al 31 dicembre sparano le doppiette. Non solo sugli orsi. La Romania sembra essere diventata la “patria della caccia”: nel mirino anche lupi, volpi, cervi, fagiani, ecc.. Proprio nei giorni scorsi si è tenuta a Bucarest una riunione internazionale di cacciatori, in occasione della quale è intervenuto il primo ministro stesso, Adrian Nastase, noto amante della caccia e presidente dell’Associazione Nazionale Cacciatori della Romania. La sua partecipazione ha destato stupore tra molti ambientalisti, che scandalizzati hanno accusato le autorità di tollerare “un vero e proprio massacro”.
E’ anche il caso dell’ex attrice francese Brigitte Bardot, che in una lettera aperta al primo ministro romeno ha lanciato dure accuse alle autorità romene. “Vi siete resi difensori di un massacro che conferisce al vostro paese un’immagine arretrata e sanguinosa”, dice Brigitte Bardot, facendo riferimento diretto alla riunione tenutasi a Bucarest. In replica, il presidente esecutivo dell’Associazione Nazionale dei Cacciatori, Nicolae Selaru, ha invitato l’ex attrice francese a visitare la Romania per costatare che le informazioni di cui è in possesso e che riguardano il paese dei Carpazi e la tutela della fauna sono completamente errate. Ma non è stata solo Brigette Bardot a criticare il premier romeno.Critiche dure sono state anche da parte del presidente francese Jacques Chirac che qualche giorno fa in un incontro
tete à tete a Parigi con il premier romeno ha espresso la sua preoccupazione sullo sviluppo del turismo legato alla caccia in Romania.
I Carpazi, seconda catena montuosa in Europa, dopo le Alpi, rappresentano un terzo del territorio della Romania. La civiltà non ha ancora contaminato questi posti e nei boschi secolari, su un’area di 2,8 milioni di ettari, vivono migliaia di orsi bruni. La loro longevità è di 20-30 anni, arrivano ad un peso alla maturità di 120-150 kg e ad un’altezza di quasi 2 metri. Non sono pochi i casi in cui vengono cacciati perché considerati pericolosi. Gli orsi possono entrare in conflitto con l’uomo, soprattutto quando sono in cerca di cibo. Nei villaggi sperduti di montagna le “visite” degli orsi seguiti anche dai piccoli sono un’abitudine. Qui i contadini hanno imparato a vivere con “gli strani ospiti”, ma i danni da essi provocati sono spesso denunciati dai contadini. Ognuno, in montagna, può raccontare un incontro ravvicinato. Sono storie che fanno parte dallo stesso spazio geografico-culturale che si identificano con la vita stessa di questa gente. I racconti prendono subito un significato tragico quando si tratta di orsi che hanno attaccato o ucciso uomini.
In Romania negli anni 1990-99 si sono verificati 199 incidenti in cui hanno perso la vita 18 persone. Nella città di Brasov, situata ai piedi delle montagne, in un quartiere di periferia le visite notturne degli orsi sono state spesso le prime notizie dei telegiornali locali. I più a rischio rimangano certamente i pastori che talvolta si vedono portare via le pecore una ad una. Ma dalla caccia per motivi di sicurezza fino alla caccia per piacere c’è una forte differenza e quest’ultima è impossibile da accettare quando si tratta dalla conservazione della natura e di un patrimonio inestimabile.
Nonostante abbia firmato nel 1973 la Convenzione di Berna per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa, la Romania continua ad ammettere la caccia ad orsi, lupi e linci, animali protetti nello stesso documento, con la scusa che di questi animali nel paese ce ne sarebbero troppi oppure perché vengono considerati pericolosi.
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