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Romania: TV, dalla monogamia all’entusiasmo

21.05.2004    scrive Mihaela Iordache

Dopo la monogamia televisiva di Ceausescu il numero delle reti pubbliche e private in Romania è esploso. Molte di queste ultime sono però indebitate con lo Stato. “Un modo, per il mondo della politica, di controllarle”, denunciano le ONG.
ProTV - Romania
Prima dell’89 i romeni avevano solo la tv pubblica e la radio statale. La quantità informativa ma soprattutto la “qualità” era espressione della politica del partito comunista e del suo leader, Nicolae Ceausescu. Due o tre ore di trasmissione durante la settimana e qualche ora in più il sabato e la domenica. Questa era la porzione tv decisa dal partito. Di solito i programmi erano in bianco e nero, solo raramente a colori e sempre si trattava di qualche trasmissione che rendeva omaggio a Ceausescu.
La libertà di espressione, la censura e, in fin dei conti, anche l’auto censura, sono state più dure della mancanza di alimenti. Ma i tempi in cui i romeni si ritrovavano a guardare i programmi della televisione bulgara o serba sono passati e la Rivoluzione dell’89 ha aperto nuove prospettive anche nel campo dei media.
Le aspirazioni finora represse sono esplose con entusiasmo. Molto entusiasmo. Tanto che ora in Romania ci sono ben 194 televisioni private. Il fenomeno fa discutere e molti analisti si stanno chiedendo se sia veramente “un affare” avere una tv.
Il mercato dei media romeno è invaso da canali privati tv ma anche dalle radio. Chiunque possegga un certo capitale ha creato una propria rete televisiva. Alcuni poi hanno allargato i propri investimenti creando altre televisioni, radio, quotidiani.
La prima televisione privata fu creata a Bucarest nel 1992, TV Soti, ma la sua vita durò fu breve: due anni. Poi, nel 1993 è stata creata Antena 1, successivamente Tele7abc (1994), Pro Tv (1996), Prima Tv (1997), OTV, Pro Tv International, Acasa, B1tv, Realitatea , National Tv, ecc.
Anche la Tv pubblica si è estesa ed è passata da una a quattro reti: TVR1, TVR2, TVR International e TVR culturale. Il mercato nazionale è pero diviso fra tre televisioni, Antena1, Protv e TVR1, che insieme raggiungono il 45% del pubblico. Seguono Prima TV, Acasa e TVR2 con un 20% del mercato. La lista è ovviamente molto più lunga, ma in realtà il resto dei canali Tv non dice molto dal punto di vista dell’auditel.
Altre televisioni nazionali o locali sono ancora lontane da un auditel che possa giustificare le loro spese. Vari studi dimostrano che quasi tutte le televisioni in Romania hanno debiti verso lo stato. E non pochi, visto che nell’ottobre 2003 i debiti delle Tv private erano di quasi 20 milioni di dollari. Nel frattempo la situazione non è di certo migliorata.
Avere molti debiti verso lo stato significa in pratica essere sotto controllo politico. E’ quello che accade regolarmente in Romania. Gli effetti dell’indipendenza dei media sono stati documentati rigorosamente da varie organizzazioni non governative romene. In uno studio recente pubblicato dalla Società Accademica della Romania si dimostra come “i voti arrivano attraverso il telecomando” e questo si prevede sa vero soprattutto per l’attuale anno elettorale.
Secondo lo stesso studio, il controllo politico sulle Tv pubbliche ma soprattutto su quelle private (che hanno molti debiti verso lo stato a causa delle imposte non pagate o dei contributi non versati al Fondo di assicurazioni di sanità) induce l’auto censura a livello delle redazioni dei telegiornali. Addirittura ci sarebbero politici che telefonano direttamente ai produttori per premere affinché una notizia venga data in un certo modo e affinché non venga dato spazio ai leader dell’opposizione.
Per evitare le pressioni politiche negli ultimi anni molti produttori hanno cambiato la linea del telegiornale, puntando più su notizie di cronaca come violenze, criminalità o incidenti d’auto. Nonostante i produttori sostengano che questo metodo mantiene un buon rating, in realtà i telegiornali sarebbero sempre meno seguiti, perdendo, secondo i dati della Società Accademica, il 20% del loro Auditel rispetto al 2001.
Sarà quindi impossibile avere una politica editoriale indipendente finché le Tv rimangono indebitate verso lo stato. Ma per quale ragione il Governo tollera questa situazione in cui le TV vanno avanti con il denaro pubblico? Perché, risponde l’ONG Think Tank “non chiedendo il pagamento dei debiti, il Governo utilizza i soldi pubblici per controllare politicamente i mass-media privati”. “Think Tank”, uno dei più importanti organismi della società civile specializzato nello studio dei problemi che derivano della transizione romena ha mandato di recente una lettera aperta alla relatrice per la Romania, la parlamentare europea, Emma Nicholson, nella quale si accusa il Governo di Bucarest di “usare lo strumento dei debiti per controllare i mass-media, in particolare le Tv” e si aggiunge che questa pratica è incompatibile con le aspirazioni europee della Romania.
Un altro rapporto, questa volta dell’Agenzia di monitoraggio della stampa, “Academia Catavencu” nota la differenza evidente tra le informazioni che vengono presentate nei telegiornali rispetto a quelle dei giornali. “L’informazione negativa che riguarda il primo ministro Nastase oppure il presidente Iliescu sparisce nella quasi totalità dalle notizie Tv” rileva lo studio. Il direttore dell’Agenzia, Mircea Toma conclude in modo diretto: “Il mondo presentato dalla Tv è totalmente diverso dal mondo della carta stampata”.
Attualmente in Romania vi sono almeno otto Tv nazionali generaliste, senza contare i canali della Tv pubblica. Ma sul palcoscenico si profilano altre nove televisioni. Il Consiglio nazionale dell’audiovisuale, la massima autorità in materia, ha già rilasciato decine di licenze tv o radio. Molte di esse vanno agli attuali proprietari di Tv. Altre a nuovi investitori. La domanda che ci si pone di fronte a questa ricca realtà è perché tante Tv e se sia veramente un affare.
Giudicando i dati che mostrano i debiti delle maggiori Tv private romene si potrebbe dire di no. Non sembra un grande affare ma il fatto di godere delle protezioni politiche aiuta le TV a mantenersi a galla senza pagare i debiti e mantenendo una certa liquidità. In alcuni dibattiti radiofonici si è sentito anche avanzare ipotesi circa il possibile utilizzo dei network televisivi come macchina per il riciclaggio di denaro, ad esempio, tramite la pubblicità. La modalità sarebbe questa: comprare pubblicità a prezzi massimi, metterla in onda in fasce orarie marginali. I soldi incassati dalla pubblicità tornerebbero infine ai clienti, meno una quota di partecipazione - la percentuale di commissione per la Tv.
Questo meccanismo funzionerebbe anche in un anno elettorale. Ed il flusso di denaro sporco “ripulito” servirebbe a finanziare alcuni partiti. Comunque non è un segreto che si possano fare molti soldi anche col “traffico d’influenza”. Per avere più influenza ed essere vicini a determinati circoli di potere sono sempre di più quelli che decidono di investire in una Tv, che può aprire molte porte. E non necessariamente quelle dei telespettatori.

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