Proteste di piazza richiedono una consultazione popolare sulla legge di decentramento amministrativo – previsto dagli accordi di Ohrid - ritenuta da molti Macedoni troppo favorevole agli Albanesi. Le tensioni etniche ad un punto critico.
Skopje, il ponte di pietra sul Vardar
Pubblichiamo un articolo apparso sul Balkan Crisis Report n. 509, 30 luglio 2004 (IWPR). In fondo all’articolo il link al nuovo rapporto sulla Macedonia redatto dall’International Crisis Group
Di Tamara Causidis (*), Skopje
Traduzione a cura di Barbara Sartori – Osservatorio sui Balcani
Mentre il Parlamento sta discutendo una legge controversa sui nuovi confini municipali, gli oppositori, che sostengono che essa conceda troppo alla minoranza albanese in Macedonia, hanno affermato questa settimana di aver raccolto più di 90.000 firme con l’obiettivo di obbligare il governo a tenere un referendum su questa questione.
Gli esperti legali dicono che se l’opposizione raccoglierà 150.000 firme – il numero stabilito dalla legge come necessario per obbligare le autorità a indire questo tipo di votazione - il governo dovrà indire il referendum. Dovranno comunque farlo entro il 23 agosto, poichè la legge prevede che le richieste di referendum abbiano un periodo massimo di 6 mesi per raccogliere il numero minimo di firme necessarie; il periodo di 6 mesi termina appunto il 23 agosto.
Il risultato della votazione sarà quello di ritardare il processo di decentralizzazione – elemento chiave dell’accordo di Ohrid del 2001, che pose fine alla rivolta armata della comunità albanese – e la possibilità che si arrivi a nuovi referendum e proteste, intensificando così la tensione etnica e la sfiducia.
Molti analisti concordano che le tensioni etniche non sono state così forti dal 2001, quando la guerriglia albanese iniziò l’insurrezione rivendicando maggiori diritti civili. Il conflitto durò 6 mesi e terminò con un accordo di pace, mediato dall’occidente, che garantiva molte delle loro richieste.
Ma l’ultima, cruciale parte degli accordi di Ohrid, le leggi sul decentramento, che sono considerate come una condizione chiave nel cammino della Macedonia verso Unione Europea e NATO, ha fatto emergere la rabbia popolare diffusa tra i Macedoni riguardo alle previsioni degli accordi di pace.
Il 26 luglio migliaia di Macedoni hanno manifestato per ore sotto la pioggia battente davanti al Parlamento a Skopje, protestando contro i nuovi confini municipali proposti, che vedranno comunità prevalentemente albanesi fondersi in municipalità finora dominate dalla comunità macedone.
Le critiche macedoni alle nuove leggi affermano che la proposta di attribuire maggiori poteri alle autorità locali su salute, educazione, alcune tasse e sviluppo economico locale, permetterà agli Albanesi di “epurare etnicamente” con tranquillità i distretti sotto il loro controllo.
La paura si è concentrata in alcune delle città a maggioranza macedone che stanno per essere assorbite in distretti più grandi distretti a maggioranza albanese. I Macedoni temono che esse perderanno le loro caratteristiche precedenti.
Un luogo di particolare tensione è Struga, nel sud-ovest della Macedonia, dove i dimostranti il 29 luglio scorso hanno attaccato il quartiere generale dei Social-democratici, partito al governo, intrappolando per ore all’interno di un edificio un ministro inviato per cercare di calmare le tensioni. Più di 40 persone sono rimaste ferite negli scontri tra la polizia e la folla.
Un altro elemento di malcontento riguarda il futuro status della capitale. E’ previsto che Skopje diventi bilingue, con i nomi delle vie ed i documenti in entrambe le lingue. C’è irritazione per il fatto che due villaggi albanesi verranno incorporati nella città per aumentare il numero degli Albanesi e far sì che Skopje abbia i requisiti per ottenere lo status di città bilingue.
L’accordo di pace prevede che una lingua minoritaria possa diventare lingua ufficiale solo dove la minoranza etnica raggiunga più del 20% della popolazione. Attualmente gli albanesi costituiscono il 15,3% della popolazione di Skopje ma, con l’incorporazione di questi due villaggi, quel numero raggiungerà il 21%.
Il Ministro della difesa Vlado Buckovski, una figura chiave nelle negoziazioni sull’accordo, ha detto che, anche se era chiaro che le tensioni etniche nello Stato non erano state dissipate negli scorsi anni, è troppo tardi adesso per ritrattare le leggi sul decentramento. “
Vediamo ora che gli sforzi compiuti dal momento della crisi per accrescere la fiducia tra le comunità non sono stati sufficienti per guarire tutte le ferite”, ha detto.
Tuttavia ha aggiunto che la decentralizzazione era un passo da intraprendere in ogni caso. “
Nel giro di 4 anni questo probabilmente sembrerà ridicolo”, ha detto, riferendosi all’attuale furore. “
Proprio ora, questa è una cosa che dobbiamo fare”.
Gli analisti dicono che l’esplosione del malcontento popolare dipende in parte dal modo in cui il governo ed i suoi partner della coalizione hanno condotto i loro comizi per più di 40 giorni, con troppe contrattazioni tra i rappresentanti macedoni ed albanesi.
Mirjana Maleska, un esperta di relazioni tra etnie, ha detto ad IWPR che le protratte contrattazioni hanno accentuato i problemi. “
Il modo in cui il governo ha negoziato questa questione ha provocato caos e tensioni etniche anche dove non esistevano prima, come a Struga, dove la popolazione locale si è sentita tradita”, ha detto.
Prima che il governo avesse raggiunto un accordo conclusivo sui nuovi confini, gli oppositori avevano organizzato 41 referendum comunali in tutto lo Stato contro la proposta. E il governo comunque non ha preso seriamente la questione.
Maleska ha affermato che una nuova votazione su scala nazionale potrebbe essere inevitabile ma che è improbabile che raggiunga qualche risultato. “
Credo che un referendum non porterà a molto di positivo, ma sembra che i Macedoni non abbiano altra scelta”, ha detto. “
Hanno le spalle al muro.”
Trifun Kostovski, un deputato parlamentare indipendente che sostiene il referendum, afferma che può essere l’unico modo per obbligare il governo a cambiare la sua strada. Afferma inoltre che il governo ha fallito l’obiettivo principale della decentralizzazione quando ha permesso che la discussione si focalizzasse sulle differenze etniche.
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Con questo progetto il governo sta creando uno Stato bi-nazionale e sta così distruggendo l’idea della Macedonia come Stato multi-etnico. Questo contribuirà solamente a peggiorare le relazioni tra etnie”, ha affermato Kostovski.
I partiti all’opposizione appoggiano questo modo di vedere. Molti partiti, capeggiati da quello nazionalista VMRO-DMNE, insieme con svariate ONG, la settimana scorsa hanno adottato contro la proposta una dichiarazione di condanna. “
La struttura etnica nazionale verrà cambiata artificialmente in un modo che potrà solo mettere in pericolo le relazioni inter-etniche”, vi si trova scritto.
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L’unico meccanismo costituzionale possibile per fermare questa legge è un referendum a livello statale”ha dichiarato Petrov, che dirige una associazione con sede a Skopje che si batte per la difesa degli interessi dei Macedoni in patria e all’estero. “
Credo che raccoglieremo voti a sufficienza.” L’obiettivo è quello di spingere la popolazione a sostenere l’iniziativa del referendum, promossa da una associazione della diaspora chiamata Macedonian World Congress, diretta da Todor Petrov.
Gli esperti legali dicono che se l’opposizione raccoglierà le 150.000 firme necessarie entro la scadenza del 23 agosto, il Parlamento non avrà altra scelta che annunciare una consultazione popolare. “
Se il referendum avrà successo e più del 50% voterà contro la legge, il Parlamento non potrà approvare la legge proposta”, ha affermato Renata Deskoska, docente di diritto all’Università di Skopje. “
Se già adottata, dovrà essere abrogata.”
Comunque l’iniziativa per un referendum, indipendentemente dal risultato, ha già molto danneggiato le relazioni tra le etnie, rendendo più profondo il divario tra le due maggiori comunità della Macedonia. Inoltre, la richiesta dei Macedoni di un referendum ha avuto un eco tra gli Albanesi, che stanno minacciando di organizzare un contro-referendum.
Vladimir Milcin, direttore dell’Open Society Institute a Skopje, ha detto a IWPR che una votazione potrebbe creare uno scenario allarmante.“
Gli Albanesi non parteciperanno a questo referendum”, ha detto. “
Daranno il loro responso in un contro-referendum che potrebbe creare un processo di destabilizzazione ed aprire la strada ad una reale divisione dello Stato.” Milcin ha aggiunto che l’attuale iniziativa rappresenta “
un gioco pericoloso ed irresponsabile” e il frutto del lavoro di persone “
che pensano di poter approfittare delle frustrazioni dei Macedoni. Mentre stanno gridando contro la possibile divisione del Paese, lo stanno dividendo de facto.”
L’analista Ferid Muhic la pensa allo stesso modo. “
Diversamente dalle mura di cemento di Israele, noi stiamo costruendo mura di stupidità”, ha dichiarato. “
Ogni ritardo al progetto di decentralizzazione avrà come unico risultato di peggiorare la situazione.”
Il partito albanese dell’Unione Democratica per l’Integrazione (il DUI), guidato da Ali Ahmeti e parte del governo, ha anche messo in guardia su quello che chiama un modello di referendum e contro-referendum. “
Non è il momento appropriato per un’iniziativa del genere, perchè farà precipitare lo Stato in un circolo senza fine di iniziative simili per raccogliere firme in entrambe le comunità”, ha affermato. Ahmeti, ex capo della guerriglia, ha ripetutamente rassicurato i Macedoni sul fatto che si oppone a qualsiasi divisione dello Stato. “
La Macedonia è il nostro Stato, la mia patria ed insieme costruiremo quei veri valori che ci guideranno verso l’Europa”, ha detto recentemente in una lettera aperta.
I tentativi di rinegoziare i termini dell’accordo difficilmente riceveranno un supporto dall’estero. La comunità internazionale ha già dato il suo completo appoggio al pacchetto di proposte del governo, affermando ripetutamente che tali leggi sono una condizione nel cammino della Macedonia verso Unione Europea e Nato. Fonti diplomatiche hanno avvertito che il voto popolare – “
sebbene sia un diritto democratico legittimo”, come espresso - produrrà una stagnazione del processo di decentralizzazione ed allontanerà ancora di più lo Stato dall’Unione Europea.
Ma le voci che incitano alla calma devono combattere per farsi sentire contro il clima di agitazione popolare, che ha catturato molte persone comuni.
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Gli Albanesi si stanno spingendo troppo oltre. I Macedoni non accetteranno di diventare una minoranza nel proprio Paese”, ha affermato Nikola, 45 anni, di Skopje. “
I Macedoni non rimarranno a vivere in municipalità controllate dagli Albanesi visto che gli Albanesi in passato, e soprattutto nel 2001, hanno mostrato di avere un’agenda segreta – la Grande Albania.”
Dall’altra parte della città Muhamed, un Albanese di 26 anni, afferma che quello che si nasconde dietro all’opposizione dei Macedoni ai nuovi confini territoriali altro non è che il pregiudizio contro gli Albanesi. “
Il problema principale è semplicemente il fatto che siamo Albanesi”, ha detto. “
Questa rivolta dimostra che i Macedoni non hanno mai accettato veramente l’accordo di pace.”
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Dal modo con cui i Macedoni hanno reagito riguardo a Struga si potrebbe pensare che qualcuno stesse letteralmente pianificando di prendere Struga e portarla fuori dalla Macedonia”, ha commentato Gzim Ostreni, vice-presidente del DUI. “
Questa legge non porterà a cambiamenti drammatici.”
I prossimi giorni saranno cruciali. Se le elezioni locali dovranno tenersi, come previsto, il 17 ottobre, il Parlamento deve adottare i progetti di legge dei confini municipali entro la scadenza del 7 agosto. Se il Parlamento non riuscirà a rispettare la prima scadenza, anche le elezioni locali potrebbero dover essere posticipate.
Alcuni analisti affermano che il governo sta già mostrando segni di panico. I membri del governo hanno già accennato al fatto che dubitano della validità delle firme che sono state raccolte. “
L’iniziativa del referendum gli sta rendendo nervosi”, ha convenuto Pande Lazarevski, un analista dell’Istituto per la ricerca politica, legale e sociologica a Skopje.
(*): Tamara Causidis è una giornalista di Radio Free Europe a Skopje
Vai al Rapporto completo 'Macedonia: make or break' International Crisis Group