Il Tara non è ancora fuori pericolo. Bisognerà attendere gli ulteriori sviluppi della vicenda. Nel frattempo l’Alto rappresentante per la Bosnia Erzegovina, Paddy Ashdown, ha chiesto la sospensione del progetto della centrale Buk Bijela
Area interessata alla diga
A seguito del rumore sollevato dai media e soprattutto dalle oltre 13.000 firme a favore della petizione contro la costruzione della diga della centrale Buk Bijela, in Bosnia Erzegovina, che causerebbe l’inondamento di un tratto del canyon originato dal fiume Tara in Montenegro, l’Alto rappresentante per la BiH, il 23 agosto scorso, ha chiesto la sospensione del progetto della centrale idroelettrica sulla Drina.
La forte reazione della gente e dei media, sia montenegrini che internazionali (numerose le sottoscrizioni di stranieri), mostra l’impopolarità del progetto che potrebbe avere delle forti ripercussioni sull’ambiente naturale e sul potenziale turistico della regione, commenta il comunicato dell’OHR.
Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa bosniaco-erzegovese FENA, l’intervento dell’OHR rinforza gli argomenti a favore della sospensione del progetto già presentati nel febbraio del 2003 dall’Ufficio del revisore speciale per la BiH, il quale durante l’analisi fatta del progetto della ERS (Azienda elettrica della Republika Srpska), aveva mostrato che non sono stati svolti gli adeguati studi sulle necessità economiche di un tale progetto, né una analisi finanziaria e ambientale relativa al progetto in questione. Inoltre ci sarebbero seri motivi di preoccupazione sulle reali possibilità di sostenimento a lungo termine del progetto stesso.
Il comunicato dell'OHR del 23 agosto afferma che “
nessun governo potrebbe in modo responsabile proseguire con questo progetto, e che non si conosce, ne tanto meno esiste, la fondatezza economica per un tale progetto, né quale influenza possa avere sull’ambiente circostante e sul potenziale turistico della regione”.
Secondo Fena il comunicato sostiene che “
se il governo della Republika Srpska e quello del Montenegro avanzeranno con questo progetto, senza tenere in considerazione le questioni che in modo attendibile hanno suscitato motivo di preoccupazione da parte del Revisore speciale per la BiH e da parte dei firmatari della petizione, ciò solleverebbe delle serie questioni in seno alla comunità internazionale sulla disponibilità dei due governi ad occuparsi in modo responsabile dei grandi progetti infrastrutturali”.
Reazioni ci sono state dal sindacato della Republika Srpska, il quale richiede al governo dell’entità di iniziare subito i lavori di costruzione della centrale di Buk Bijela, sottolineando che nessuno ha il diritto di immischiarsi in questo progetto. Il presidente dell’Unione dei sindacati della RS, Cedo Volaš ritiene che in questione ci sia un investimento capitale che offrirà l’opportunità di 5.000 nuovi posti di lavoro.
Ribadendo la discutibilità di un tale progetto, l’ufficio dell’Alto rappresentante per la BiH così risponde alla questione dei nuovi posti di lavoro. “
L’idea che questo progetto risolverà la disoccupazione è un’illusione: solo con le realizzazione delle riforme economiche e l’integrazione europea sarà possibile realizzare dei veri posti di lavoro, molto più che gli accordi di consultazione e i tender dell’edilizia per alcune persone ben relazionate tra loro in riferimento a progetti di dubbio valore economico”.
Secondo quanto riporta il quotidiano della RS, “Nezavisne novine”, per la costruzione e per i contratti di concessione sull’utilizzo del potenziale della centrale di Buk Bijela concorrono tre consorzi: la britannica EFT di Vuk Hamović, quasi un monopolista del’energia elettrica del Sud Est Europa, associato con la locale “Hidrogradnja”, seguono la slovena “Vijadukt” e la croata “Montmontaža”.
Già lo scorso anno, riporta il quotidiano della RS, la azienda EFT di Hamović si era trovata al centro dell’attenzione del Revisore speciale internazionale, durante un controllo alla Azienda elettrica della RS (Elektroprivrede RS), a causa di contratti sospetti, secondo l’analisi del revisore, con suddetta compagnia.
Nel frattempo sono giunte le reazioni ufficiali del premier montenegrino, Milo Djukanović, fino ad ora piuttosto taciturno su questa questione e accusato dai giornali di opposizione di incontri segreti col proprietario della EFT, Hamović, in seguito smentiti ufficialmente.
Dopo che alcuni parlamentari, sia dell’opposizione che della maggioranza, hanno firmato la petizione e dopo il considerevole numero di firme raccolte, il premier ha annunciato il 25 agosto che il fiume Tara è una particolare risorsa sia locale che mondiale e che non può pensare ad un governo che possa “per qualsiasi motivo di fondato sviluppo” danneggiare questo fiume. Il premier rivolgendosi ai cittadini li ha rassicurati sul fatto che il suo governo rispetterà gli accordi costituzionali riguardanti lo sviluppo del Montenegro come stato ecologico.
La dichiarazione sottoscritta da migliaia di cittadini verrà presenta al parlamento nella prima seduta autunnale il prossimo ottobre. Staremo a vedere.
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