Albania: le due anime del partito socialista si scontrano
14.12.2001
Dura crisi all’interno del partito socialista albanese. Si scontrano i suoi due principali leader, Ilir Meta, attuale primo ministro e Fatos Nano. Da Tirana ce ne parla Llazar Semini, corrispondente dell’Osservatorio.
L’Albania sta cercando con difficoltà di superare questi anni di transizione. Alcuni sforzi hanno ottenuto risultati positivi, soprattutto nel settore economico, ma solo lentamente il Paese si sta integrando con le democrazie occidentali.
Dopo un processo elettorale difficoltoso, con molti a denunciare brogli ed il maggior partito di opposizione che tutt’ora non ha riconosciuto i risultati dell’urna e boicotta il parlamento, il Paese è spettatore in quest’ultimo periodo di un’altra forte crisi politica, questa volta tutta interna al Partito socialista attualmente al potere.
Il rimpasto governativo operato dal premier Ilir Meta non sembra aver soddisfatto Fatos Nano, suo principale oppositore e membro dello stesso partito. I due continuano nello scontro per riuscire ad assoggettare il partito alla propria linea politica.
Fatos Nano è uscito in parte indebolito dalle elezioni ed è stato forse questo a spingerlo ad attaccare il governo lo scorso ottobre, a solo un mese dal suo insediamento. Ha accusato i membri dell’esecutivo di corruzione ed abuso di potere, nominando in particolare tre ministri (quello delle finanze, delle privatizzazioni e dei lavori pubblici) molto vicini al premier Meta.
La scorsa settimana si è svolto un infuocato Comitato generale del partito socialista durato tre giorni. Trasmesso in diretta da molte radio e televisioni locali è stato un vero e proprio scontro tra i due schieramenti. Nano ha ribadito le sue accuse di corruzione ad alcuni ministri del governo, Meta ha contrattaccato affermando che quelle di Fatos Nano erano solo illazioni ed ha sottolineato i fallimenti dei precedenti governi guidati dallo stesso Nano. Ha inoltre fatto pressione affinché i 120 delegati votassero sulla presidenza del partito che, vista la maggioranza assoluta dei socialisti in parlamento, assomiglia ad una sorta di voto di fiducia sul governo. La votazione è stata fatta e Meta ne è uscito vincitore.
Ma Fatos Nano non è certo uscito sconfitto dal Comitato generale. I tre ministri da lui accusati si sono dimessi ed un quarto ministro, Agron Duka, eletto come indipendente ed a capo del dicastero dell’agricoltura, ha scelto di dare le sue dimissioni ed ha motivato la sua decisione con la volonta' di ''non essere coinvolto'' nello scontro interno al partito socialista.
“La catarsi è solo all’inizio e deve proseguire” ha affermato Fatos Nano. Lo stesso giorno l’ambasciatore statunitense Joseph Limprecht ha dichiarato che il governo dovrebbe essere lasciato libero di governare il Paese.
Nei giorni successivi al Comitato generale si è aperta la discussione sui nomi dei nuovi ministri. Ilir Meta per cercare una mediazione ha offerto i dicasteri rimasti senza guida a personalità vicine a Fatos Nano. Ma da questi ultimi è arrivato un rifiuto ad entrare nel governo. Al primo ministro non è allora restato che sondare altre disponibilità. Alle finanze è andato Gjergj Teneqexhi, Spartak Poci al ministero che si occupa di privatizzazioni, Blendi Klosi agli affari pubblici ed al turismo ed infine Eduard Alushi ricoprirà la carica di ministro dell’agricoltura.
Fatos Nano ha fatto intendere che ha gradito le nuove nomine e che probabilmente i parlamentari che in lui si riconoscono voteranno a favore del nuovo governo. Ha affermato che questo rimpasto probabilmente farà in modo che il governo arriverà a fine legislatura, senza vi sia la necessità di ricorrere ad elezioni anticipate. Ma Nano non ha certo ridotto le sue accuse a Meta continuando ad additarlo come il maggior responsabile per il mancato rinnovamento del partito, del governo e del Paese. Ha inoltre auspicato le dimissioni del ministro degli esteri Arta Dade e del ministro anti-corruzione Ndre Legisi, entrambi sostenitori di Ilir Meta.
Quale il destino del Paese dopo l’emergere di questa crisi? Fatos Nano che due mesi fa, quando iniziò questa sua “crociata contro la corruzione” era molto isolato ha progressivamente raccolto attorno a sé consensi. Anche perché i nodi da lui sollevati sono molto sentiti dall’opinione pubblica albanese. Ilir Meta d’altro canto si è arroccato su di una posizione difensiva. Ha dovuto rinunciare ai suoi ministri e tra i nuovi nominati non tutti sono suoi sostenitori. (Poci ad esempio non è in buone relazioni con lui da circa un anno fa quando Meta lo rimosse da un incarico precedente. Questo però non significa sia un sostenitore di Nano). Nonostante questi passi indietro Nano continua ad attaccare e lo spazio per la mediazione si va pian piano assottigliando ed è quindi probabile una posizione più dura presa da Meta nei prossimi mesi. Tanto più che Meta attualmente ha l’appoggio degli Stati Uniti e dell’Europa. E’ probabile che salvo prossime crisi l’anno prossimo si arriverà ad esempio alla firma dell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione con l’Unione Europea. Un analista politico di un’ambasciata occidentale ha recentemente affermato che “dal punto di vista dei paesi occidentali Ilir Meta sembra essere l’unico interlocutore credibile in questo momento”.
Inoltre, anche se molte persone condividono le idee di Fatos Nano, pochi riescono a capire la durezza delle sue prese di posizione.
Ma c’è chi guarda a questa crisi da un punto di vista del tutto particolare. Secondo alcuni analisti questi scontri all’interno del Partito socialista devono essere letti come un contrasto tra Grecia ed Italia per ottenere l’egemonia economica sul Paese.
Attualmente la Grecia controlla alcuni settori importanti dell’economia albanese. Le due compagnie di telefonia mobile sono entrambe a maggioranza di capitale greco. Si sta procedendo inoltre alla privatizzazione della telefonia fissa e non è da escludere che siano nuovamente compagnie greche ad acquistarla e questo implicherebbe un monopolio rilevante.
Ma anche nel settore bancario i greci sono particolarmente attivi. Si sta in questi giorni procedendo alla privatizzazione dell’”Albania’s Savings Bank” l’ultima banca funzionante in Albania ancora di proprietà pubblica. Tra i possibili acquirenti anche una quotata compagnia greca.
Fatos Nano è percepito come fortemente vicino alle istanze greche mentre Ilir Meta, in particolare dopo le recenti elezioni politiche, si è avvicinato in modo rilevante all’Italia. Non a caso la sua prima visita ufficiale da primo ministro è stata a Roma dove ha ricevuto un forte sostegno dal governo italiano nelle negoziazioni con l’UE. Anche se, va ricordato che la coalizione di centro-destra attualmente al potere in Italia e guidata da Silvio Berlusconi è conosciuta per essere stata tra i maggiori sostenitori dell’attuale opposizione ed in particolare del Partito democratico di Sali Berisha.
Anche questi ultimi stanno vivendo un periodo estremamente travagliato. Il Partito Democratico, guidato da Berisha con piglio dittatoriale, ha subito un progressivo isolamento internazionale. L’unica preoccupazione della comunità internazionale sembra quella di fare rientrare l’opposizione in parlamento. E la leadership del partito si riunirà proprio questa settimana per prendere una decisione su questo specifico aspetto. Gli albanesi si aspettano una trasmissione in diretta dell’incontro, come è avvenuto per i socialisti. Ma questo sembra da escludersi.
Dall’incontro uscirà anche il nuovo presidente del partito. Che tanto nuovo non sarà dato che ci si aspetta venga rieletto Berisha, ancora molto forte all’interno del proprio partito. Tutti i suoi principali oppositori hanno abbandonato il partito ed alcuni hanno creato nuovi movimenti politici. Quelli rimasti, come l’ex-premier Aleksander Meksi, non godono di abbastanza sostegno per pensare di spodestare Berisha.
La politica albanese sembra restare ad un livello infantile. Emerge l’incapacità delle leadership di governare e condurre il paese ed il periodo di cosiddetta “transizione” sembra dover continuare. Il rischio è che senza scelte strategiche rilevanti l’Albania venga dimenticata dall’occidente rimanendo un Paese sostanzialmente isolato. Forse anche più di quanto non lo fosse sotto il regime comunista.