All’inizio dell’anno scolastico i ragazzi della Transnistria che frequentano scuole in lingue rumena non hanno potuto entrare nelle loro classi. Le autorità della repubblica separatista hanno infatti deciso di chiudere le scuole nelle quali si parla in rumeno e di imporre l’uso del russo
Cartina della Moldova con la Transnistria evidenziata in giallo
Proteste degli insegnanti a Bucarest, proteste dei giornalisti a Chisinau, capitale della Repubblica della Moldavia. Comunicati uno dopo l’altro dal Ministero degli esteri romeno che esprimono preoccupazione per quello che accade in Transnistria, cioè “una crisi umanitaria senza precedenti”. E l’incapacità delle autorità della Repubblica della Moldavia di gestire la crisi.
I principali protagonisti e vittime di questa crisi sono i bambini che vogliono continuare a studiare in lingua romena/moldava nonostante le autorità di Tiraspol abbiano deciso di chiudere tutte le scuole con grafia latina. La Moldavia, il Paese più povero d’Europa, si sta confrontando di nuovo con una situazione di crisi, situazione che in realtà c’è sempre stata da quando nel 1992, in seguito ad una guerra civile sanguinosa, la regione della Trasnistria si è autoproclamata indipendente. Ma mai da allora aveva assunto la drammaticità attuale.
Questo piccolo Paese che è la Moldavia, con una superficie di 33845kmq e che conta 4.200.000 abitanti, ha oscillato per secoli tra Romania, Russia e Turchia. I suoi abitanti di lingua romena/moldava, una lingua latina, sono in maggior parte, circa i due terzi, moldavi di religione cristiana ortodossa, mentre un terzo è rappresentato da russi, ucraini, gagauzi, ecc. La “Bessarabia” - come veniva denominata - fu staccata dalla Romania nella seconda guerra mondiale con il Patto Ribbentrop-Molotov del 1939 tra la Germania nazista e l’Unione Sovietica di Stalin. Diventò così la più piccola delle Repubbliche Sovietiche.
La pulizia etnica promossa da Stalin fece anche qui migliaia di vittime, molte delle quali sparite nella lontana e gelida Siberia. Riconquistò l’indipendenza solo nel 1991 ma subito scoppiò il conflitto in una sua regione, la Trasnistria. Un conflitto sanguinoso, una guerra civile che si è conclusa dopo 6 mesi con l’intervento dell’esercito russo e con l’autoproclamazione della Repubblica della Transnistria. La guerra fece 700 vittime e migliaia di profughi. I soldati russi, il cui numero non si conosce con precisione ma si parla di più di 2000, si trovano tuttora nel Paese, anche se la Russia si era impegnata a ritirare gli uomini dal territorio moldavo. In queste condizioni una soluzione politica sembra sempre più difficile da trovare.
La Moldavia confina a Nord, Est e Sud con l’Ucraina e ad Ovest con la Romania. E dal 1992 c’è un “confine” anche interno al Paese, una situazione paradossale, un confine con un Paese che non esiste per tutti gli Stati del mondo che in pratica non lo hanno mai riconosciuto, ma che in realtà c’è.
E questo Paese che c'è ma non c'è si chiama Repubblica Moldava della Transnistria: una striscia di terra ad est del fiume Nistru (Dnestr). Nella regione della Transnistria vivono 700.000 persone suddivise quasi in parti uguali tra moldavi, russi e ucraini. Ma la lingua parlata prevalentemente rimane il russo. Ed è quello che interessa ora le autorità di Tiraspol, la capitale della repubblica separatista: la lingua.
Qualche mese fa si è deciso di chiudere tutte le scuole di lingua romena/moldava e di trasferire gli studenti nelle scuole con la grafia cirillica. A luglio è partito il piano da allora sono cominciate le proteste di bambini, genitori e insegnanti che si sono rifiutati di lasciare gli edifici.
Le situazioni più drammatiche si sono registrate a Tiraspol, Tighina e Rabnita. A Tiraspol e Rabnita continuano le proteste dei genitori nonostante l’intervento delle milizie di Igor Smirnov, il presidente della autoproclamata Repubblica della Transnistria. Il 15 luglio i miliziani sono entrati in forza nel Liceo “Lucian Blaga” di Tiraspol e hanno sequestrato tutte le cartelle scolastiche. In seguito le cartelle sono state distribuite nelle scuole transnistre di alfabeto cirillico. Molti genitori sono stati arrestati e una parte di loro è stata rilasciata nei giorni successivi.
Le autorità di Tiraspol hanno dato un ultimatum – il 20 settembre. Entro questa data gli studenti dovevano essere iscritti in altre scuole. L’ultimatum scade e a Tiraspol quasi 550 studenti continuano a seguire le lezioni all’aria aperta. Ma le ultime regole vietano alle persone di riunirsi in gruppi di più di tre. Quindi chi non obbedisce rischia. I genitori sono minacciati di perdere il lavoro ed anche la patria podestà. Nel frattempo, il direttore del Liceo “Lucian Blaga” di Tiraspol, Ion Iovcev, è costretto a nascondersi perché a suo nome è stato emesso un mandato di arresto.
Situazione simile anche nella scuola “Evrica “di Rabnita dove gli studenti non vogliono rinunciare a studiare in romeno e non vogliono leggere più di nascosto i classici romeni. Mentre a Tighina, città dove nel ‘92 scoppiò la guerra civile, il dramma dei bambini di un orfanotrofio è difficle da descrivere. Decisi a non abbandonare l'edificio sono stati privati di acqua e luce, ai bambini è stato anche vietato di ricevere il cibo portato dai rappresentanti OSCE. Ma “la resistenza” dei bambini non è durata molto e sonostati presto buttati in strada. Immediate le condanne da parte del governo rumeno, di Amnesty International, dell’OSCE, degli Stati Uniti, dell’Unione Europea.
Intanto, Igor Smirnov, leader dei separatisti ha cihesto alla Russia di aumentare in Transinistria i propri effettivi militari. A suo avviso infatti una "forza di pace" si rende necessaria perchè vi sarebbe il rischio di un conflitto armato. Il governo di Chisinau è accusato sulla stampa e nelle diverse proteste di strada per non essere intervenuto per risolvere la crisi delle scuole in Trasnistria. Ma il Presidente moldavo Voronin può fare poco di più che applicare sanzioni economiche per la Transnistria. Quest'ultima però replica tagliando la fornitura di energia elettrica per la Moldavia. Il Presidente moldavo si è reso conto che senza l'appoggio promesso ma mai arrivato di russia ed Ucraina non è in rgaod di gestire la crisi. Proprio per questo in queste settimane ha insistentemente richiesto la partecipazione ai negoziati anche da parte di USA ed UE.
Finora al tavolo dei negoziati ci sono stati solo Moldova, Transnistria, Russia, Ucraina, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Il comunista Vladimir Voronin ha osato anche, in segno di protesta, non partecipare al summit della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) svoltosi ad Astana in Kazahstan. Al suo posto è andato il Primo ministro Tarlev. Una sfida al "fratello più grande", la Russia.
Russia e Ucraina non sono comunque d’accordo con la proposta di Voronin di portare al tavolo dei negoziati UE e gli USA. Il capo del Cremlino, Vladimir Putin, ritiene che quanti più saranno i partecipanti al tavolo dei negoziati, tanto più tempo ci vorrà e si rischia che tutto diventi una farsa. Secondo la stampa moldava, Putin starebbe già appoggiando per le prossime elezioni in primavera un altro candidato in Moldavia alle presidenziali. Quindi non più Voronin. Brutte notizie per Voronin arrivano anche dall'Ucraina dove il Presidente Leonid Kucma ha affermato che non applicherà sanzioni economiche alla Transnistria e ha rimproverato Voronin di non aver accettato il progetto di federalismo per la Repubblica di Moldavia che prevedeva anche di inglobare la Transnistria.
Intanto le schermaglie si accentuano. Il capo della sicurezza di Tiraspol, Oleg Gudamo, ha annunciato che “punirà” il premier moldavo Vasile Tarlev perché aveva dichiarato che i terroristi di Beslan hanno fucilato i bambini con delle armi prodotte in Transistria. Gudamo non ha spiegato, però, che tipo di punizione infliggerà al leader moldavo. In Transnistria le industrie di armi stabilite a Tiraspol e a Bender da Mosca funzionerebbero a pieno regime. Lo dice la stampa, lo notano gli osservatori internazionali.
A Tiraspol c’è di tutto- armi, esplosivi, organizzazioni terroristiche, movimenti secessionisti e guerriglieri, bande criminali, mafie russe, turche ed albanesi. Un vero El Dorado del contrabbando e degli affari illeciti. Aspetti tali da preoccupare non solo Chisinau e Bucarest, ma anche l'Occidente e Mosca. In realtà le autorità di Tiraspol danno – se danno - spiegazioni solo a Mosca.
I mille bambini dal liceo “Lucian Blaga” di Tiraspol e “Evrica”di Rabnita della Transnistria che non vogliono arrendersi e insistono a studiare in lingua romena/moldava sembra spaventino anche le milizie separatiste. Per questo è meglio che spariscano le scuole, senza badare al fatto che si violano diritti dell’uomo e delle minoranze, come costata l’OSCE. I 4300 bambini che vivono in Transnistria e desiderano studiare nella lingua dei loro genitori non lo potranno più fare. In molti guardano verso la Romania come l’unica speranza. Ma non tutti potranno permettersi di andare a studiare a Bucarest o a Iasi,una città della Moldavia romena.
Intanto, quest’anno il Ministero dell’Educazione romeno ha messo a disposizione 60 borse di studio per gli studenti della Transnistria. I giornali di Bucarest hanno invitato i lettori a donare aiuti per i bambini della Transnistria, alimenti e soprattutto libri. Libri in lingua romena per i quali gli studenti di Tiraspol resistono “eroicamente”.