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Republika Srpska: la chiesa della discordia

20.10.2004   

La “battaglia” di una bosgnacca per vedere rimossa una chiesa ortodossa costruita illegalmente sulla propria proprietà diviene un test sulla tolleranza in Republika Srpska (RS) nei confronti di chi ha fatto rientro nelle proprie case dopo la guerra. Un articolo scritto per IWPR da Sadik Pazarac. Traduzione a cura dell’Osservatorio sui Balcani.
Konjevic Polje
Di Sadik Pazarac, IWPR

Uno scontro su di una chiesa costruita a Konjevic Polje, nei pressi di Bratunac, Republika Srpska orientale, minaccia di riaccendere un nuovo conflitto inter-etnico e religioso nella regione, mettendo gli uni contro gli altri la comunità serba e i rientranti bosgnacchi (bosniaco musulmani, ndt).
La chiesa ortodossa è stata costruita illegalmente nel 1996 sul terreno di una bosgnacca, Fata Orlovic, dopo che quest’ultima – durante la guerra - era stata espulsa dal proprio villaggio assieme ad altri bosgnacchi locali.

Dopo che Fata Orlovic è rientrata ed ha riottenuto la propria proprietà ha chiesto alle autorità religiose e civili di rimuovere l’edificio, costruito proprio di fronte alla sua casa di famiglia. Il caso è finito anche davanti ad una corte della RS ma quest’ultima ha evitato, sulla questione, di arrivare ad alcuna decisione.

Da allora la questione è divenuta un “caso celebre” che sta mettendo a dura prova i rapporti tra i serbi ed i rientranti bosgnacchi tirando in ballo nel dibattito un sempre crescente numero di attori esterni.

Mentre i partiti ed i media che rappresentano i bosgnacchi e la comunità musulmana si sono fatti paladini delle richieste della Orlovic, affermando che quest’ultima ha il diritto di gestire i suoi terreni come meglio crede, i partiti politici che rappresentano la comunità serba, i media della RS e la chiesa ortodossa hanno preso la posizione opposta. Affermano infatti che la rimozione dell’edificio rappresenterebbe un attacco alla libertà di professare la propria fede religiosa.

Una serie di piccoli incidenti hanno raggiunto il culmine lo scorso 12 settembre quando si è verificato un vero e proprio scontro tra la Orlovic ed un gruppo di bosgnaccih da una parte e preti ortodossi, civili serbi e la polizia della RS dall’altra.
L’atmosfera era così carica di tensione che a molti ha ricordato le fasi iniziali della guerra nel 1992.

Il settimanale Dani, lo scorso 17 settembre, ha descritto Bratunac come una città al limite dello scoppio di un conflitto, con serbi e bosgnacchi pronti a combattere.

Lo scontro si preparava da molti mesi. Dopo un primo, e meno grave incidente avvenuto in aprile, le autorità della RS decisero di chiudere temporaneamente la chiesa sino a quando la corte non si sarebbe espressa in merito alla questione.

Ma le conseguenze di tale decisione di sono trascinate sino al 12 settembre quando vari preti ortodossi si diressero verso la chiesa per officiarvi una funzione, accompagnati da una decina di giovani locali che intonavano canzoni nazionaliste.
Fata Orlovic andò in contro alla processione una volta che quest’ultima era arrivata nel suo giardino. Ma i giovani che accompagnavano i preti ortodossi la spinsero da parte e la polizia – invece di intervenire per difenderla – è accusata di averla colpita ulteriormente.

“Quando sono caduta uno dei poliziotti mi ha colpita ad una gamba ed un altro al ventre” la Orlovic dichiarò a Dani “mi è mancato il respiro e mi hanno messa su un auto della polizia”. Poi Fata perse coscienza e venne portata in ospedale prima a Bratunac e poi a Tuzla.

Secondo Dani il giorno successivo la situazione a Konjevic Polje si calmò anche se la Orlovic si disse ancora determinata nel liberare la propria terra da quella chiesa. “Voglio che la mia proprietà mi venga restituita com’era quando sono stata obbligata a lasciarla” affermò a Dani “le autorità ecclesiastiche dovrebbero spostarla”.

Secondo i media bosgnacchi, il recente e più violento di tutti gli scontri avvenuti a Konjevic Polje, segna il decimo incidente in merito alla proprietà della Orlovic. L’incidente ha inoltre portato a richieste crescenti nei confronti delle autorità della RS affinché queste ultime applichino la legge ed alle autorità ecclesiastiche ortodosse affinché risolvano il caso accettando di ricostruire altrove l’edificio.

Ma gli analisti politici più attenti dubitano che ci si possa attendere qualcosa dai politici della RS poiché Konjevic Polje è oramai divenuto una saga che è stata inglobata nella campagna elettorale (ndr, le elezioni amministrative in BiH si sono tenute lo scorso 2 ottobre) durante la quale nessun politico serbo desidera apparire debole rispetto agli “interessi nazionali serbi”.

Una “vittima politica” della disputa è stato il Ministro per lo sviluppo, Mensur Sehagic. Bosgnacco, è stato lui a firmare il decreto con il quale, la primavera scorsa, si è temporaneamente bloccato l’accesso dei fedeli alla chiesa di Konjevic Polje.

Sehagic è stato rimosso dal Primo ministro della RS Dragan Mikerevic, del Partito democratico del progresso (PDP) sostenuto in questo dal capo del proprio partito, Mladen Ivanic, Ministro degli esteri del governo federale bosniaco.
“A Ivanic e Mikerevic non interessa se l’edificio rimarrà o meno nel giardino di Fata Orlovic” ha scritto recentemente il quotidiano Nezavisne Novine “ma a loro interessa, e molto, dimostrare ai propri elettori che … sono i rappresentanti ed i protettori ‘degli interessi nazionali serbi su ogni angolo della terra serba’.”

In un’atmosfera già carica di odio i media della RS hanno addirittura affermato che la campagna avviata per rimuovere la chiesa a Konjeivic Polje nasconde una segreta intenzione del Partito per l’Azione Democratica, SDA, per rinfocolare le tensioni nell’area.

Secondo il quotidiano dei serbi di Bosnia Glas Srpski gli atti volti a fermare le funzioni nella chiesa di Konjevic Polje rappresentano “una violazione della libertà religiosa”. Il quotidiano poi si spinge ad affermare cupamente che l’SDA sta dietro ad un “attacco ai serbi ed ai credenti ortodossi in quest’area di Podrinje. Vogliono distruggere tutto quanto di positivo è stato fatto in quest’area”.

Anche la principale rete televisiva della RS, Radio Televisione Republika Srpska, RTRS, è intervenuta nella vicenda denunciando “un attacco vandalico di un gruppo di bosgnacchi nei confronti di preti e credenti ortodossi”.
RTRS ha inoltre trasmesso un’intervista con il vescovo locale, Vasilije della diocesi di Zvornik-Tuzla, che ha descritto come “genocidio” quanto stava avvenendo a Konjevic Polje. Il vescovo ha affermato che i fedeli ortodossi in quella zona sono “stati privati del diritto di professare liberamente la propria fede: non se ne parla né di spostare né di distruggere l’edificio in questione”.

Mentre i media ed il clero, da entrambe le parti, rilasciano dichiarazioni sempre più accese, la gente del posto, che sia serba o bosgnacca, appare sempre più marginalizzata.
Secondo un reportage di Radio Free Europe i 700 bosgnacchi e le quattro famiglie serbe che vivono a Konjevic Polje farebbero probabilmente volentieri a meno di tutti i loro “tifosi” esterni.

La radio cita ad esempio un serbo locale, Koviljka Petrovic, secondo il quale non si sarebbe dovuto costruire la chiesa in quel posto. “Quella era la terra di qualcun altro” ha affermato Pwetrovic ai microfoni di Radio Free Europe “quello è il terreno di Fata”.

Ranka Madzarevic-Petkovic, un’altra serba, che ha perso il marito durante al guerra 1992-95, concorda. “La mia vicina musulmana è meravigliosa con me” ha affermato “dobbiamo ricostruire una nuova vita e vivere gli uni al fianco degli altri”.
La vicina di Ranka, Fatima Mehmedagic, una bosgnacca che ha perso i suoi tre figli in guerra afferma: “la riconciliazione sarebbe molto più facile se tutti fossero come me e Ranka. Ci occupiamo una dell’altra. I miei vicini serbi coltivano il mio pezzo di terra e così andiamo avanti”.


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