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Macedonia: Benvenuto Paramilitare

17.12.2004   

Il nuovo governo della Macedonia dovrà fare i conti con un’insurrezione armata locale non appena entrerà in carica. Un gruppo armato ha assunto il controllo di Kondovo, un sobborgo della capitale abitato da popolazione albanese, e chiede una nuova amnistia e un aiuto per il reinserimento sociale dei propri membri
UCK in uniforme
Di Biljana Stavrova e Robert Alagjozovski, per TOL, Skopje, 13 dicembre 2004

Traduzione di Francesco Martino, redazione Notizie Est


Il nuovo primo ministro Vlado Buckovski non ha ancora assunto le sue funzioni che deve già fare i conti con forti tensioni etniche. Un gruppo armato ha assunto il controllo di Kondovo, un sobborgo della capitale abitato da popolazione albanese, e chiede una nuova amnistia e un aiuto per il reinserimento sociale dei propri membri. Nelle settimane passate la coalizione di governo ha sostenuto che si trattava di un problema locale amplificato dai media, ma ormai possiamo parlare di un’escalation della crisi. Sfoggiando armi automatiche, dozzine di giovani albanesi in uniforme nera e mimetica hanno occupato il centro del villaggio e l’hanno dichiarato “territorio libero”, impedendo l’accesso a polizia e giornalisti.
La presenza di questi armati non ha messo in pericolo la vita del sobborgo. Gli studenti continuano ad aspettare gli autobus che li portano a scuola a Skopje, e il lavoro è proseguito senza troppo trambusto sulle strade di Kondovo.

L’opposizione ha richiesto a gran voce “un’azione di forza” contro i paramilitari, mentre i partiti di governo hanno tentato di gettare acqua sul fuoco. Il vice ministro dell’interno, Hazbi Lika, ha dichiarato che al governo non sono arrivate conferme sulle informazioni che riguardano il gruppo armato di Kondovo. Ha aggiunto che si tratta semplicemente di un gruppo di giovani strumentalizzati, esasperati dalla lentezza con cui vengono implementati gli accordi di pace che hanno messo fine alla breve guerra civile nel 2001.
Ma quando la televisione ha mostrato le immagini dei paramilitari, la pressione dell’opinione pubblica inevitabilmente è cresciuta.

“Per noi è inaccettabile il fatto che un gruppo armato occupi la capitale chiedendo un provvedimento di amnistia” ha dichiarato Ganka Samoilova-Cvetanovska, del VMRO-DPMNE, il principale partito di opposizione. Altri partiti non governativi hanno espresso posizioni simili: “Una nazione normale non può tollerare che gruppi armati mettano a repentaglio la propria sovranità”, ha dichiarato in conferenza stampa Pavle Trajanov, della coalizione Terza Via, sollecitando “un’azione ben organizzata delle forze di polizia per mettere fuori combattimento il gruppo armato”. E adesso anche dagli stessi partiti della coalizione di governo cominciano a venire dichiarazioni meno accomodanti.

Andrei Zernovski del Partito Liberaldemocratico (LDP) ha detto che “la pazienza è al limite e alcune iniziative devono esser prese”, paragonando la situazione di Kondovo a quella di Tanusevci, il villaggio da cui partì il conflitto armato nel 2001.
Un portavoce del ministero dell’interno ha dichiarato che “iniziative legali verranno prese non appena la situazione lo renderà possibile”, aggiungendo che la polizia sta già operando sul terreno, alla ricerca di supporto in loco.

Alla ricerca di simili risultati, l’ex leader della guerriglia Ali Ahmeti, dell’Unione Democratica per l’Integrazione (BDI), e Menduh Thaci, del Partito Democratico degli Albanesi (PDSh) hanno incontrato il 6 dicembre i capi del gruppo armato, per capire quali siano le loro richieste.
Dopo l’incontro Ahmeti ha detto soltanto “Questi giovani ci hanno parlato dei loro problemi”. Gli armati si sono presentati come ex combattenti dell’Uck macedone, che oggi vivono in modo precario e che non possono spostarsi altrove in altre zone del paese alla ricerca di migliori condizioni di vita. Hanno chiesto facilitazioni riguardo all’accesso al mondo del lavoro ed un riesame dei processi per tutti coloro che sono stati esclusi dall’amnistia generale del 2001.
“Le loro richieste sull’amnistia mi sembrano accettabili”, ha detto infine ai media Ahmeti.

Buckovski, da primo ministro entrante, non ha nascosto le sue perplessità a riguardo, dichiarando pubblicamente: “Un provvedimento del genere potrebbe generare un circolo vizioso che può mettere in forse la stessa forza della legge”. La stessa posizione è stata assunta dal ministro della giustizia, che ha aggiunto che l’amnistia del 2001 è stata implementata appieno. Attualmente, ha poi concluso lo stesso ministro, ci sono soltanto due casi ancora pendenti a carico di ex membri dell’Uck, e comunque un’amnistia per i fatti accaduti dopo la fine del conflitto sarebbe una decisione di carattere politico, che solo il parlamento è in grado di prendere.

Il VMRO-Narodna, una formazione nata recentemente da un’ala dissenziente del VMRO-DPMNE e guidata dall’ex premier Ljubco Georgevski, ha presentato la sua proposta di un nuovo provvedimento di amnistia, pensata per i membri di un’unità speciale della polizia, ora disciolta, che si è resa famosa durante e dopo il conflitto. Questa amnistia dovrebbe riguardare anche l’ex ministro degli interni Ljube Boskovski, arrestato quest’anno in Croazia con l’accusa di aver fatto brutalmente assassinare sette presunti “terroristi stranieri” nel 2002. Tra l’altro anche il tribunale internazionale dell’Aja è interessato al ruolo svolto dallo stesso Boskovski durante la guerra civile del 2001.
Ma il VMRO-Narodna con questa proposta non ha alcuna intenzione di inserire anche i ribelli albanesi tra i beneficiari della nuova amnistia.
“Il principale obiettivo di questo provvedimento è, nelle nostre intenzioni, quello di amnistiare i difensori della Macedonia e Ljube Boskovski. I terroristi di Kondovo non hanno volto, salvo Ali Ahmeti e Menduh Thaci”, ha dichiarato Vesna Janevska, presidente del VMRO-Narodna.
Rafiz Aliti, vice presidente del BDI, ha replicato sostenendo che le famiglie dei caduti dovrebbero essere trattate tutte nello stesso modo, sia che si tratti di ribelli che di membri delle forze di sicurezza.

Ci sono varie teorie sulla vera identità del gruppo armato di Kondovo. Questa rivolta potrebbe nascere in parte da una promessa non mantenuta dello stesso BDI, quella cioè di risolvere il mistero che circonda l’uccisione del ventitreenne Fatmir Yakupi, avvenuta durante le elezioni locali nel 2000. I cittadini di Kondovo boicottarono le consultazioni a causa di questo delitto.

Sui media macedoni è circolata la voce che una delle cause che spiega quanto sta accadendo potrebbe risiedere nella scomparsa di un’enorme quantità di denaro raccolto a suo tempo dalla diaspora albanese, allo scopo di aiutare i membri dell’Uck e le famiglie dei caduti. Gli scandali di corruzione che sono scoppiati nei ministeri attualmente sotto controllo da parte della comunità albanese, sarebbero appunto un tentativo di recuperare i fondi finiti nelle tasche di qualcuno.

Anche la scuola islamica di Kondovo attira l’attenzione dei servizi di sicurezza. Claude Moniquet, dello European Strategic Intelligence and Security Center di Bruxelles, sostiene che la scuola è finanziata da fondamentalisti islamici di origine saudita.
“Questo tipo di scuola - ha detto Moniquet – attira coloro che sono convinti che la società debba essere cambiata con la violenza. Le forze di sicurezza macedoni dovrebbero fare molta attenzione a ciò che sta accadendo, perché potrebbe essere l’inizio di qualcosa di pericoloso”.

Il PDSh, oggi all’opposizione, ha una sua propria teoria sulle cause della crisi. La decisione di far parte del team negoziale che ha dialogato col gruppo di Kondovo ha creato non pochi imbarazzi politici per Thaci. Secondo il PDSh i responsabili vanno cercati nelle fila dei due partiti di governo, il Partito Socialdemocratico e il BDI, e non hanno niente a che fare con la propria formazione politica.
“La maggiore obiezione [contro la partecipazione alle negoziazioni a Kondovo] è stata il fatto che Thaci stava aiutando Ahmeti a risolvere un problema da lui stesso creato. I gruppi armati erano tenuti pronti nel caso in cui il referendum sulla riforma della divisione amministrativa avesse avuto successo. Dopo il referendum, questi gruppi sono scappati di mano al governo e adesso portano avanti proprie richieste”. Sono queste le parole di Suleiman Rushiti, un portavoce del PDSh, che risalgono al 9 dicembre.

Secondo un rapporto del ministero degli interni, preparato in vista della riunione della commissione parlamentare difesa e sicurezza del 13 dicembre, il gruppo è capeggiato da Agim Krasniqi, originario di Kondovo, e Lirim Jakupi, proveniente dalla Serbia meridionale. Jakupi è accusato di terrorismo dal governo serbo ed è ricercato dall’Unmik, che ha emesso un mandato di cattura internazionale contro di lui. Anche le autorità macedoni ritengono che Jakupi sia dietro l’attacco ad una pattuglia della polizia avvenuto a Skopje il 15 settembre, nel sobborgo di Sutka.

Il governo di Buckovski non è ancora stato formato ed ha già seri problemi da affrontare. Kondovo potrebbe essere un primo test sulla capacità del governo di imporre il primato della legge e di affrontare prove impegnative. Radmila Sekerinska, vice premier con delega all’integrazione europea, ha detto che l’”affare Kondovo” potrebbe far fare parecchi passi indietro alla Macedonia sulla strada verso l’Ue. Cosa più importante però, rischia di far di nuovo alzare la temperatura delle mai sopite tensioni etniche.

Tutto questo accade contemporaneamente alla forte presa di posizione di Buckovski nel voler escludere dal nuovo governo l’ex ministro dei trasporti e vicepresidente del BDI Agron Buxhaku, coinvolto in accuse di corruzione. I partiti albanesi hanno già mandato chiari segnali che la lotta alla corruzione non può essere portata avanti su base etnica. In un’intervista dell’11 dicembre al quotidiano Dnevnik, Buckovski ha detto che il problema sarà risolto “in dodici giorni”, a partire dall’insediamento del proprio gabinetto. Il problema di Kondovo, ha detto risolutamente, non riuscirà a destabilizzare la Macedonia.

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