Un giovane albanese è stato ucciso da militari serbo-montenegrini mentre illegalmente attraversava il confine tra la Serbia e la Macedonia. Mentre la comunità albanese torna a chiedere la smilitarizzazione dell'area, da Belgrado Dusan Janjic, del forum delle relazioni interetniche, chiede che al confine i militari vengano sostituiti dalla polizia. Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Militari serbi nei pressi del confine con il Kossovo
Di Gianpiero Granchelli
Con le immagini ancora attuali dell'incidente dell'annegamento dei bimbi albanesi che diede vita ai violenti scontri del marzo scorso in Kossovo, un nuovo incidente (sulle cui responsabilità le autorità competenti stanno tutt'ora indagando) riporta in primo piano il problema delle tensioni interetniche nel sud della Serbia. Si tratta della morte di Dashnim Hajrulahu, un giovane albanese di 16 anni, ucciso venerdì scorso dall'esercito di Belgrado mentre stava cercando di passare illegalmente il confine con la Macedonia. Le autorità serbe cercano di allontanare la questione etnica: il ministro della difesa, Prvoslav Davinic, ha sottolineato soprattutto la gravità del reato di attraversamento illegale della frontiera dichiarando che in questo frangente la guardia che ha sparato ha agito in conformità alle regole di servizio.
Dall'altro canto, mentre il cugino della vittima afferma che non era la prima volta che il ragazzo attraversava la frontiera, sale la tensione della comunità albanese che torna a chiedere il ritiro dell'esercito serbo dalla Vallata di Presevo, zona del sud della Serbia abitata da una numerosa comunità albanese. La situazione generale, come afferma Radoman Iric, corrispondente di B92, sembra restare nella tranquillità, anche se i diversi precedenti spingono alla prudenza.
I partiti albanesi chiedono una risoluzione del problema della comunità albanese nella vallata di Presevo e pongono in primo piano la questione della demilitarizzazione della zona. Dall'altro canto si teme che la morte del giovane possa essere strumentalizzata al fine di riaccendere la questione etnica e costituire la base per nuove violenze come avvenuto nel marzo scorso.
Sicuramente il funerale del giovane albanese, a cui hanno partecipato quasi 20000 persone domenica scorsa, ha costituito un banco di prova; non si sono registrati incidenti e dopo una breve sosta di fronte al municipio al centro di Presevo il corteo ha proseguito silenziosamente verso il cimitero di Oraovica.
Il problema della situazione militare e amministrativa della vallata resta comunque in primo piano. Le forze politiche serbe sono accusate di aver contribuito all'escalation della tensione paventando il rischio di una rivolta panalbanese, mentre si denuncia alla comunità albanese la volontà di trovare un semplice pretesto al fine di iniziare uno scontro finalizzato al raggiungimento dell' autonomia.
Queste accuse reciproche dimostrano la fragilità della situazione. Le possibili prospettive future riguardano sia un allontanamento delle forze armate serbe sia un possibile arrivo di forze internazionali chiamate a garantire l'ordine e la sicurezza della zona. Su questo argomento è intervenuto Dusan Janjic, il direttore del forum delle relazioni interetniche di Belgrado. Al riguardo egli ha affermato che tra l'opzione della smilitarizzazione e quella del rafforzamento militare esiste una terza via. "A mio avviso-afferma Janjic- la migliore soluzione sarebbe quella di applicare ciò che l'esercito stesso ha già previsto, ossia adottare gli standard della NATO e ritirare le forze militari di frontiera, poiché questo incidente ha dimostrato che l'esercito è troppo rigido nel trattare i temi dell'attraversamento della frontiera in quanto non ha i mezzi necessari per perseguire e arrestare i trasgressori. Il controllo della frontiera deve essere lasciato sotto il controllo della polizia e al limite delle unità antiterrorismo".
Un invito alla moderazione è venuto da Maurizio Massari, capo della missione OSCE in Serbia e Montenegro, che ha ribadito la necessità di continuare a collaborare in nome del rafforzamento della stabilità democratica. Nonostante si confidi nella responsabilità delle forze politiche di Belgrado e di quella albanese, la comunità internazionale guarda interessata preoccupata all'evolversi della situazione cercando di essere più tempestività rispetto a quanto fatto quasi un anno fa durante gli scontri d'inizio primavera.
Vedi anche:
Elezioni sud della Serbia: un'intervista
L'Ana non smuove le passioni albanesi