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Osservatorio sui Balcani estende il proprio sguardo alle realtà turca e caucasica. L'Europa di mezzo come luogo fisico e della mente, imprescindibile nel progetto di riunificazione del continente. Le nostre radici, le direttrici del nostro lavoro. Un commento
I giorni successivi al 17 ottobre, giorno della decisione del Consiglio Europeo sulla apertura dei negoziati di adesione con la Turchia, sono stati segnati anche in Italia da manifestazioni pubbliche e prese di posizione contrarie all'allargamento alla Turchia. Da un punto di vista politico, culturale e storico, quella turca sarebbe una realtà irriducibile a quella europea.
Alcuni manifesti apparsi in questi giorni nelle nostre città evocavano addirittura la Lega Santa e la battaglia di Lepanto.
Lo stesso dibattito pubblico sulla costituzione europea è stato attraversato, nei mesi scorsi, dal continuo richiamo alle radici giudaico cristiane, intese come discrimine e fondamento della appartenenza identitaria.
A fronte del tramonto delle ideologie novecentesche, e del conseguente sentimento di spaesamento globale e di crisi delle identità, un neofondamentalismo identico – in luoghi diversi – tenta di ridare vigore a quanto esisteva prima, di far risorgere le divisioni basate sul sangue, sulle religioni, sui confini. L'analisi delle recenti elezioni negli Stati Uniti sembra confermare questa tendenza.
Per quanto riguarda l'Europa, si tratta di segnali preoccupanti rispetto alla direzione che potrebbe prendere il processo di riunificazione. La tradizione storico culturale europea è formata da radici che hanno sempre coesistito con altre radici e tradizioni, dando vita allo straordinario mosaico di diverse culture che compone lo scenario europeo. E' questa la nostra specificità, sono queste le nostre radici. La insistenza su ciò che ci divide invece che unirci, all'indomani della ricomposizione delle grandi fratture che hanno segnato la storia del novecento, della caduta dei muri, è contraria all'essenza stessa del progetto di riunificazione del continente.
In questi anni, abbiamo creduto di rinvenire la verità di questa grande tradizione europea non dove gli Stati hanno posto la sede della Banca Centrale, a Francoforte, ma a Sarajevo. Oggi, intendiamo estendere questo concetto di Europa di mezzo, fino alla Turchia e al Caucaso. Sono le frontiere della nostra storia, sono il luogo dell'incontro.
Nell'attuale Europa dei migranti, infine, la tradizione storico culturale dell'Europa di mezzo diviene anche un possibile stato della mente, una opzione aperta a tutti, a prescindere dalle biografie personali e dalle appartenenze.
Invece di rievocare Lepanto, in questo momento è fondamentale dare valore alle culture e identità "di mezzo", creare dei ponti con queste regioni, dalle quali sono partiti migliaia di uomini e donne che vivono nelle stesse nostre città, approfondire il dialogo e la conoscenza reciproca.
Il nostro contributo non può che avvenire in primo luogo sul terreno dell'informazione, cercando di approfondire valori e tematiche poco esplorati dalla maggior parte dei media del nostro Paese.
Da oggi, dunque, grazie all'aiuto del nostro corrispondente Fabio Salomoni, cominciamo a presentare una serie di materiali relativi al dibattito sull'ingresso della Turchia in Europa, visto da Ankara. Nei prossimi giorni, con articoli originali e traduzioni dalla stampa locale, continueremo a mantenere questo sguardo sulla Turchia cercando di approfondire, oltre alla tematica europea, anche le questioni delle minoranze e dei diritti civili, il mondo giovanile, la questione ambientale. Perché no, cercheremo di parlare anche di turismo, responsabile, per chi volesse attraversare i Balcani fino al Corno d'Oro, e poi superare il Ponte dell'Europa…
Nelle prossime settimane, poi, apriremo una finestra sul Caucaso. Per ora, buona lettura!