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giovedì 08 settembre 2022 13:40

 

Serbi del Kossovo: timori d’inizio anno

17.01.2005    scrive Biserka Ivanović

La comunità serba del Kossovo non inizia l'anno tra i migliori auspici. Con il ricordo agli scontri di marzo sono in molti a temere che anche il 2005 venga segnato dalla violenza. Una paura su tutte: che l'eventuale estradizione del Primo ministro Ramush Haradinaj all'Aja sia la scintilla che faccia scoppiare il tutto.
Pristina, di fronte allo "Ju program"
Con questo articolo inizia la collaborazione di Osservatorio sui Balcani con Biserka Ivanovic, funzionaria OSCE e giornalista che vive e lavora a Pristina. Diamo a Biserka il nostro più sincero benvenuto.


Se si chiede in questi giorni ai serbi del Kossovo cosa ne pensino della situazione politica tutti, senza eccezione, vi raccontano di quanto sono preoccupati. Ed aggiungono inoltre che "sentono qualcosa nell'aria" e che temono che qualcosa possa scatenare la violenza, ancor più di quanto non sia già accaduto nel marzo del 2004.

Questo sarà un altro anno difficile per il Kossovo. Difficile sotto molti aspetti. Anche se non si è molto familiari con la situazione nella Provincia solo seguendo i media si percepisce quanto la pressione e la tensione sia aumentata rispetto alle varie questioni del Kossovo d'oggi e, soprattutto, in merito alla possibile estradizione all'Aja del Primo ministro del Kossovo ed alle dimostrazioni e la violenza che ne potrebbero derivare.

Sfortunatamente, negli ultimi 5 anni, molti eventi hanno fatto si che i serbi del Kossovo non possano guardare con fiducia al futuro e non possano ancora aspettarsi una coesistenza pacifica con i loro vicini albanesi. La loro situazione non è di molto migliorata negli ultimi anni. Non molti di coloro i quali sono attualmente sfollati sono stati in grado di rientrare in Kossovo perché le condizioni rispetto alla loro sicurezza ed alla sostenibilità del ritorno non sono state create. Inoltre s'aggiungono le difficoltà che pesano sul Kossovo nel suo complesso: una situazione politica precaria, un'economia che non decolla, un alto tasso di disoccupazione, la mancanza di opportunità di lavoro … a questo si aggiunge l'escalation di violenza dello scorso marzo che non ha lasciato spazio all'ottimismo e alla speranza per un futuro migliore.

All'inizio di quest'anno un incidente al confine tra Macedonia e Serbia e Montenegro - nel quale i militari della Serbia e Montenegro hanno sparato ed ucciso un ragazzino albanese di 16 anni mentre quest'ultimo attraversava illegalmente la frontiera - ha sconvolto non solo i serbi del Kossovo ma anche la Serbia le cui municipalità di Medveđa, Bujanovac e Preševo sono abitate in maggioranza da una popolazione albanese. E' emerso infatti quanto sia fragile la pace nel sud della Serbia e mentre tutti si aspettano che la violenza scoppi nuovamente in Kossovo l'incidente ha messo in rilievo un'altra zona dove potrebbe accadere la stessa cosa.

I serbi del Kossovo affermano di essere consapevoli di quanto sarà difficile non solo per loro ma per tutti questo 2005.

Il Rappresentante Speciale del Segretario Generale ONU Soeren Jessen-Petersen ha annunciato che nel 2005 verranno avviati – dopo una valutazione sul raggiungimento degli standard - i negoziati sullo status finale del Kossovo.

Nel raggiungimento degli standard anche i serbi del Kossovo dovrebbero giocare un ruolo attivo ma se si chiede loro cosa pensino di una maggior integrazione nelle istituzioni kossovare ed una loro maggior partecipazione alla vita pubblica e politica della provincia rispondono che non lo ritengono possibile. In modo particolare dopo la violenza di marzo ed in seguito al profilarsi dell'eventualità che il Primo ministro del Kossovo venga estradato all'Aja. "Perché dovremmo far parte di istituzioni il cui Primo ministro è un criminale di guerra?", affermano. Anche se i serbi del Kossovo certo non sono contrari ad una possibile estradizione temono le ripercussioni e la possibile escalation di violenza che quest'ultima rischia di causare.

Questi primi giorni del 2005 tutti i cittadini del Kossovo notano un numero superiore al normale di posti di blocco della KFOR, nei villaggi e in città. Una maggior presenza che è ancora più evidente nelle enclaves i cui abitanti sono particolarmente attenti ad ogni piccolo segnali che possa indicare cambiamenti in meglio o in peggio. I commenti che si sentono nelle enclaves in merito a questa maggio presenza sono spesso: "Ma perché controllano noi? Dovrebbero invece controllare loro (ndr gli albanesi)" … commenti a cui si aggiungono spesso quelli relativi all'incapacità dimostrata dalla KFOR nelle violenze di marzo e paura che lo stesso si possa ripetere nel caso scoppino nuove violenze con la KFOR incapace di garantire la loro sicurezza e controllare la situazione.

Parlando della vita normale e dei quotidiani problemi che si devono affrontare molta frustrazione emerge dal fatto che la maggior parte dei serbi del Kossovo hanno trascorso la fine del 2004 e la maggior parte del 2005 letteralmente al buio.

La Compagnia elettrica kossovara, KEK, ha deciso di obbligare coloro i quali non erano in regola con le proprie bollette a pagarle e quindi in molti villaggi serbi, in particolare nel Kossovo centrale, l'elettricità è stata tagliata. In alcuni per ben 17 giorni di seguito. A parte le molte motivazioni che potrebbero essere addotte per il mancato pagamento delle bollette (e accantonando quella legata alla mancanza di libertà di movimento) la principale è la misera situazione sociale: attualmente solo il 10% dei circa 36.000 serbi che ancora abitano in Kossovo hanno un lavoro. Tutti gli altri hanno difficoltà a trovare risorse per le bollette.

Una situazione difficile. A chi rivolgersi per uscire da tale situazione?

Nebojsa Covic, a capo del Centro di coordinamento per il Kossovo del governo di Belgrado, è stato il primo a reagire. Ha avviato infatti negoziati con l'amministrazione internazionale provvisoria dell'UNMIK e con il Rappresentante Speciale Soeren-Petersen in merito al debito delle famiglie kossovare relativo alla fornitura di energia elettrica. Attualmente si è in una sorta di stand-by ma è diffusa tra i serbi del Kossovo l'impressione che nessuno riesca a capire le difficili condizioni di vita nelle quali si ritrovano a vivere.

D'altro canto però le più alte cariche dello stato serbo, il Primo ministro Vojislav Kostunica ed il Presidente Boris Tadic, all'inizio di quest'anno hanno dato segnali di interessamento per il destino della comunità serba del Kossovo incontrando rappresentanti di quest'ultima. Kostunica ha anche organizzato una cena per raccogliere fondi a favore del Fondo per il Kosovo e Methoija, il cui presidente è il patriarca serbo Pavle.

I serbi del Kossovo li hanno interpretati come segnali positivi d'interessamento provenienti dalle istituzioni di Belgrado.

Kostunica ha raccolto ulteriori simpatie recandosi, per la liturgia di Natale, officiata dal Patriarca Pavle lo scorso 7 gennaio, presso il monastero di Pec. La visita del Primo ministro è stata un segnale non solo per i serbi del Kossovo ma anche per la comunità internazionale e tutti i cittadini del Kossovo.

Nei giorni e nelle settimane che verranno i serbi del Kossovo sperano in una pace ed in un miglioramento della situazione. Una pace che non sia fragile e vulnerabile. Si augurano che le parole contenute nell'omelia di Natale del Patriarca Pavle possano avverarsi: "Che il Signore dia a tutti la pace. Ne abbiamo bisogno su questa terra, noi ed anche gli albanesi e tutti gli altri popoli che la abitano".



Vedi anche:
Viaggio tra i Serbi del Kosovo: